Io immagino che per il paradiso ci sia una lunga scala mobile verso le stelle ma che prima, chi viene a mancare, si ritrova insieme a tutti quelli che trapassano nello stesso giorno.
Un ragazzo di nome Roland sta inseguendo il suo sogno, complicato da morire. Ed è appunto la morte che si aggira nefasta nel weekend più drammatico della Formula Uno, è il 30 aprile 1994.
La Simtek-Ford, numero 32, sta disperatamente inseguendo la possibilità di qualificarsi alla gara. Un salto su un cordolo, poi un altro con irruenza e lo schianto a tutta velocità contro un muro di cemento a causa del distacco parziale dell’alettone anteriore.
Roland, che di cognome fa Ratzenberger, aveva appena 31 anni e si ritrova ad essere “Il morto del giorno prima”.
Che colpa ne ha Roland? Ha inseguito il suo sogno ed è morto per quello. Ma se, risultati alla mano, è una meteora nello sport, mai avrebbe pensato di salire i gradini del cielo in compagnia.
“Ehi, Ratzenberger, aspetta, non volerai da solo. Ci sono anche io”, gli venne urlato, e una luce talmente paurosa accecò chiunque nei dintorni, angeli, diavoli, belle persone e persone birichine. Se l’austriaco si aspettava una giornata a lui dedicata, 24 ore dopo un sorriso beffardo gli rigò la faccia.
“Dimmi che non è possibile, che ci fai qui tu?” Era la prima volta che dava del tu “A quello lì”. E aggiunse: “Non si può neanche morire in pace che dal nulla uno ti toglie la visibilità?”.
I sorrisi aumentarono, ma Roland fu purtroppo “Il morto del giorno prima” perché 24 ore dopo quello schianto alla curva Villeneuve, curva intitolata ad un altro funambolo del motorismo che già si scaldava le mani lassù.
“Finalmente ora l’affronto” – disse Gilles- nel tempio di Imola, nella terra dei sognatori, al Tamburello perché se ne andava il più grande di tutti, Ayrton Senna da Silva.
Alla fine, Roland e Ayrton si ritrovarono insieme, non coperti da un lenzuolo bianco come nella camera mortuaria di Bologna, a pochi centimetri uno dall’altro, la meteora e il tre volte campione, il sognatore e il Messia, tutti e due uniti da un destino che ancora oggi, a 30 anni di distanza, fa un male pazzesco.
Roland fu estasiato dal paradiso, Ayrton in terra aveva vissuto come in un paradiso e guardava ammirato gli occhi dell’austriaco. Le nuvole avrebbero fatto il resto e la pioggia mitigato le lacrime. Sul bagnato il brasiliano non avrebbe chiesto di meglio, almeno avrebbe coccolato ugualmente il povero Roland, la cui unica pecca fu averlo preceduto, e non sia mai di chi voleva la prima posizione in griglia, di sole 24 ore.
Chi muore inseguendo un sogno vivrà in eterno