“Chi vince scrive la storia, gli altri la vanno a leggere” (Antonio Conte)
Non sono d’accordo, la storia la può scrivere chiunque, vincitori e vinti, semplici partecipanti, umili sognatori di un mondo pallonaro che un suo fascino misterioso, perché solo chi c’è dentro viene risucchiato sempre di più, sempre con maggior forza.
La storia la scrivono i vincitori. No, i vincitori scrivono solo un capitolo in più ad un libro meraviglioso. Ma poi anche i vinti ne possono scriver tranquillamente, nessuno lo vieta e anzi, magari il racconto è anche interessante.
Come quell’allora fidanzato che dopo aver chiuso, non per sua scelta, un’avventura bellissima in un sito dove raccontava la sua Inter, alla prima in tv della propria squadra diceva alla dolce metà: “Non scriverò più di calcio”.
O come quel cronista che davanti ad una presidentessa veniva redarguito perché per lui scrivere su i social una partita non era la stessa cosa di sentirsi “il giornalista”.
O ancora, quel ragazzo che promette alla ragazza che ogni weekend ora sarà senza pallone, libero per qualsiasi gita, salvo poi venir chiamato 5 minuti dopo da una testata giornalistica che ne chiedeva disponibilità per paese a lui sconosciuto, per una squadra mai sentita e per persone mai viste.
Caro Conte, la storia, come vedi, la può scrivere chiunque.
E io ne racconto dopo la fine del campionato di Prima Categoria in Sardegna, arrivata una settimana dopo la conclusione della Promozione. In entrambi i casi mi era stato affidato l’onere di essere il cantore di sette squadre, perché il cronista è anche poeta, è critico, è innamorato.
Si potrebbe scrivere la storia di vincitori e vinti, poi mi viene in mente l’esordio in Promozione quando per trovar lo stadio mi rispondono in tedesco perché un paese magnifico come Castelsardo è meta turistica (visitatelo, ve lo consiglio) e poi i dirigenti ti accolgono con un sorriso, con un caffè che comprende anche la distinta degli 11 giocatori, una squadra che si ritrova ripescata e che si salva alla penultima giornata, con i denti e con l’orgoglio, ma anche senza paura, tendando di carpire in ogni partita i segreti del miticogiornalista (tutto attaccato) che siede di fianco a te, che ti loda e ti cazzia allo stesso modo, sempre con una birra nel post partita.
Te ne racconto anche un’altra Antò. Essere in Promozione mi fa notare anche il sito Diretta Sport Sardegna e chiedo, quasi casualmente, che, seguendo il Castelsardo posso dar loro qualche notizia, ma piccola piccola, niente di che.
Mai l’avessi fatto Antò, mannaggia a te e ai vincitori che scrivono la storia. Leggiti questa.
Quel sito mi apre le porte ad intervistare presidenti, allenatori, sindaci, semplici appassionati e il mondo del calcio sardo davanti a me si amplifica al 1000 x 1000! Ci son quelli che sparano a zero (oh tanto poi non lo scrivi), ci son quelli che mi spiegano il calcio avendo fatto mercato e senza aver fatto mercato, ci son quelli come te Antò che se la tirano ma che difendono la loro creatura (Tu invece scappi, non mentire, in ogni caso se vuoi per i pronostici ti intervisto) e sempre grazie a questo sito leggo un’altra piccola sorta di pubblicità, visto che loro collaborano con tale Radio Macomer Centrale, mai sentita prima, ma occhio Antò, a fine pezzo ti dico di leggere che bomba è.
Né vincitori, né vinti, caro Conte e leggitela la storia.
Come nel primo dei due gironi di Prima Categoria, quando si va a scoprire che esiste una Curva Monte Mario in una squadra neroverde dal gioco totalmente offensivo e spettacolare, il Thiesi, che ha una gloriosa storia antica alle spalle, che mi fa assaporare la gioia del primato per la prima volta in vita mia e che poi arriva seconda allo sprint, con vincitori e vinti che sono entrambi esausti dalle fatiche, col ricordo di un signore che mi si siede accanto nel big match, che sa tutto di tutti ma che non ha la formazione e che io gliela faccio annotare, scoprendo che quel signore è presente in maniera forte nel mio cellulare, perché il mister di tempi gloriosi, quando la squadra del mio paese dominava i campi, tra il 1989 e 1991 e io leggevo cosa scriveva mio zio, oltre a veder la sua faccia soddisfatta ogni domenica sera dopo aver mandato i pezzi in redazione.
Quella faccia l’ho avuta anche io, ad ogni pezzo inviato, ad ogni partita in cui tutti, ma proprio tutti, i collaboratori delle “mie” squadre, hanno fatto parte del mio sogno, quello di cantore sportivo, o giornalista.
Poi il bomber giocava con me quando aveva 5 o 6 anni, rideva e il pallone non lo mollava mai. Oggi segna e segna. Mi prendo meriti che non ho ma… dai, chi se ne frega!
C’è la storia di una squadra che gioca in un campo insidioso, sabbioso, complicato in caso di pioggia e che io definisco romantico. Vi si potrebbe raccontare di un mastino difensivo classe 1978 nato il mio stesso giorno che segna da centrocampo, col dirigente che mi manda un vocale esultando come Tardelli.
Era anche la stagione del compleanno calcistico del Siligo, 51 anni, e hanno sopportato me!
Sì, Antonio Conte, capita anche questo nei campi di periferia.
Ti potrei raccontare di una squadra che non conoscevo e che mi ha dato tantissimo in termini di cuore. C’è un portiere che sembra pagar pegno in altezza ma è un gatto e caro Conte, ogni parata è una vittoria, e un attaccante che sembra il mix tra Bobo Vieri e Langella, che in Sardegna conosciamo come Rombo di Sorso e ad ogni settimana quel Bottidda, la squadra di cui ti parlo, qualcosa di particolare s’inventa, vincendo spesso all’ultimo respiro, come piace a me.
Vincitori o vinti sono anche chi finisce con due partite extra, non come premio ma come playout, e qui Antò ti racconto di come un rapporto tra collaboratori diventa quasi una sfida, un “Se perdiamo non ci sentiamo più” salvo poi vincere ed esser ancora qua a raccontare del Pozzomaggiore, unica squadra che non ho conosciuto ma che vedrò di visitare, magari giocandomi il tutto per tutto nella sfida decisiva.
Ora si cambia girone Antò, perché tanto si sa che tu bleffi spesso, dici che non ti interessano i diretti rivali ma poi fai il contrario, dici che resti e poi vai, o poi vai e infine resti, chi ti capisce è bravo.
Ti racconto di una squadra che prende il nome di una parrocchia di Olbia, La Salette, che in tre anni passa dalla Terza alla Prima Categoria e che, nel suo piccolo e umile campionato, fa un passo più lungo della gamba ma che lascia i ricordi di una semplicità negli uomini che la dirigono e che collaborano col giornalista, iniziando prima timidamente e poi, da ottimi tuttofare, creando l’amicizia che nello sport dura per sempre. Poi almeno con l’occasione posso anche visitare mia madrina e mio padrino che per la prima volta si vedono orgogliosi di cosa sta combinando il loro figlioccio.
Eh Antò, vincitori e vinti, ancora convinto sei? Perché a questo punto manca il bello.
Né vincitori e né vinti, a me basta ritornare sul campo di calcio che mi ha visto esordire l’ottobre del 2023 quando timidamente, all’ingresso, dissi una delle frasi più belle del mondo: “Salve, io sono il giornalista dell’Unione Sarda che dovrei seguire…” neanche ricordavo il nome della squadra.
Era la San Giorgio. Si, si, ne avevo scritto lo scorso anno su Ispirazione Sportiva, ma 12 mesi fa non esistevano le 7 sorelle come quest’anno (Se ricordate, nella serie A degli anni d’oro 7 sorelle erano 7 squadre da scudetto, ma voi oggi quel calcio ve lo sognate).
Mi ero prefissato di far meglio dello scorso anno, con salvezza all’ultima in casa, mi ero prefissato di dar loro spazio come meglio solo io avrei fatto.
Non è presunzione, è innamoramento del ruolo del giornalista.
Anto, arrivarono i campi principali, arrivarono grandi partite (ah già, anche le sconfitte contro il mio paese, perché il calcio è bello perché vario), arrivarono interviste, e articoli dove nasceva la frase per quest’annata: “La San Giorgio di quest’anno è la GRANDE BELLEZZA” e così sarà.
C’è un padre Antò, che dall’Argentina vola in Sardegna per vedere il figlio che sgasa sulla fascia, e io, che il padre non lo ho più da tempo, ammiro la scena e penso che a me, nei panni del grande attaccante, la storia da raccontare mi piacerebbe tantissimo, anche senza gol.
Arriverà Antò però, un qualcosa che non avrà eguali, quando quella radio di cui ti parlavo prima mi chiederà di essere, alla seconda apparizione e fin lì stalkerizzando solo Campioni del Mondo su Rai Radio 2 il sabato, di essere il campo principale.
Riascoltarmi mi fa sorridere. Si sente benissimo che quello lì sta facendo quello che ha sempre sognato.
E vai e spiega alla tua spalla calcistica di non inveire contro arbitri, alberi, trombette e maltempo quando ho la linea.
Antò, altro che vincitori e vinti, qua si è sognato per 8 mesi e da domani che non ci saranno più partite mi sale la malinconia (fortuna ci son spareggi, sia mai che la noia prevalga sul weekend).
E allora ti dirò anche che nell’ultima partita stagionale, la San Giorgio vincerà il campionato seppur in coabitazione con i diretti rivali del Campanedda (sì, fai lo sbruffone tu che hai vinto in bianconero, col Chelsea e con l’Inter, i titoli sono uguali dappertutto però! E, sì, ti auguro di vincerlo col Napoli) e che quando mi fanno notare che da giornalista è la mia prima vittoria sorrido ancora di più, alla fine non è il risultato finale che fa storia, ma è il percorso, sono entrato in un certo modo e ne esco orgoglioso di chiunque mi abbia dato una mano per migliorarmi.
Antò, la storia la scrivono i vincitori, io preferisco tutte le altre!
E lo dedico a tutti gli addetti stampa, giornalisti locali, kamikaze che si occupano di quello strano mondo chiamato calcio.
Ps. A mia moglie domenica sera ho detto: “Quasi quasi mi ritiro”. E lei: “Ma tu ci credi quando ti parli?”. Le donne sanno sempre tutto!