Controcorrente, testardo e maestro di un calcio che è bellezza. Magari con poca difesa, ma tanto attacco.
Zdenek Zeman si racconta ad Andrea Di Caro nella sua autobiografia: La Bellezza Non Ha Prezzo, e nel legger i suoi ricordi si capisce che la sua idea di calcio avrebbe cambiato il mondo del pallone.
Lo Zeman bimbo è… juventino! Quando segue lo zio, Cestmìr Vycpalek, che gioca e allenerà proprio i bianconeri. Siamo negli anni che precedono la Primavera di Praga e Zdenek è solito far le vacanze in Sicilia, dove lo zio è un mito a Palermo e dove il futuro creatore di Zemanlandia sogna di allenare proprio i rosanero, cosa che per un soffio non accadrà mai.
Con le frontiere chiuse Zeman è “costretto” a restare in Italia, dove si laurea all’Isef di Palermo con una tesi sulla medicina dello sport col massimo dei voti, diventando poi anche insegnante di educazione fisica.
A Coverciano, dove prende il patentino di allenatore, segue il corso con un altro mago, quello di Fusignano che all’anagrafe è Arrigo Sacchi. Leggenda vuole che nel “test di stress” per Zeman arrivi uno zero come livello e per Arrigo un risultato poco incoraggiante. Sono i due che si fanno notare da neo allenatori e che scriveranno pietre miliari nel calcio italiano.
A Licata, tra il 1983 e 1986, la prima rivoluzione offensiva di Zeman. Le sue squadre, perennemente in campo con un 4-3-3 che per numeri di triangoli in campo definisce “lo schema perfetto” incanta per i numeri di gol che arrivano ogni domenica con una squadra composta interamente da giocatori siciliani, con vittoria del campionato di C2.
Scopre e fa segnare tanti gol a Totò Schillaci nel Messina 1988-89, ma è un altro Schillaci, Maurizio, il giocatore che in quegli anni Zeman definisce il più forte.
Conosce e fa innamorare Don Pasquale Casillo, presidente del Foggia e re del grano che lo prende e lo caccia una miriade di volte. Insieme a loro anche Giuseppe Pavone nel Foggia che diventerà Zemanlandia, che acquista promesse e li rivende come campioni, a peso d’oro. Dal trio Signori-Baiano-Rambaudi al diventare mister prima di Lazio e poi della Roma in due anni, dove Beppe Signori esplode come capocannoniere e Francesco Totti da pulcino diventa star assoluta.
Ma sono anche gli anni degli scandali, dal potere della triade della Juventus che fa diventare Zeman come nemico pubblico numero 1 ad una carriera che nel bel mezzo di due belle squadre come quelle della Capitale trova l’ostracismo di tanti arbitraggi contro. Zdenek è la voce bianca in un pallone cieco, dove ogni grande squadra ha il personale scandalo, dal doping ai passaporti falsi, dalle fidejussioni truccati ad una stampa che se vuole un titolo di grido cerca sempre e solo lui: Zdenek Zeman.
Una carriera che è un ottovolante, immense salite e rovinose discese, i talenti trovati e persi come ad esempio Bojinov o lo spettacolo di un Pescara da 90 gol in cui spiccano i nomi di Insigne, Immobile e Verrati che subito dopo saranno colonne dell’Italia campione d’Europa ad Euro 2020.
Che piaccia o no Zeman non sarà mai un allenatore o un personaggio normale e Andrea Di Caro è bravo a raccontarlo così:
“E’ arrivato il momento di rivivere questo lungo viaggio attraverso città, squadre, campi polverosi e prati perfetti, giocatori sconosciuti e grandi campioni, promesse mancate e talenti sbocciati. Oltre cinquant’anni di vittorie esaltanti e sconfitte incredibili. Storie e aneddoti. Gentiluomini e disonesti. Ascese, cadute, ripartenze, addii e ritorni. Battaglie per un calcio pulito e gioco d’attacco come filosofia di vita. Il 4-3-3 come modulo mai rinnegato. Sudore, gradoni e velocità. Record di gol nella continua ricerca dello spettacolo E della bellezza“.
Il libro oltre che interessante è molto, ma molto consigliato!