Il titolo non è un errore, è un canto, è quello che intona la Gradinata Nord, la curva più simile alla Kop inglese, quella del Liverpool, uno spettacolo che da solo vale un innamoramento improvviso.
Il Genoa compie gli anni il 7 settembre, fondato nel 1893 è il club più longevo d’Italia, che in epoca recente ha visto il cambio di proprietà da Enrico Preziosi al gruppo 777 Partners, con la presidenza affidata ad Alberto Zangrillo.
Ma la bellezza del Genoa, per cui ho avuto un vero e proprio colpo di fulmine andandolo a vedere dal vivo, è rappresentata dalla stagione calcistica che meglio ricordo, quella del 90/91, quella dove Genova ha toccato l’apice del calcio italiano, con i rossoblù in Uefa e i cugini della Samp addirittura Campioni d’Italia, battendo allo sprint il Milan degli olandesi e l’Inter di Matthaus, autore del decisivo errore dal dischetto contro Pagliuca. Il Giorno? Era il 5 maggio ed ho già detto tutto.
Ma torniamo al Grifone, la stagione 90/91 (che ricordo per un semplice motivo, il miracolo delle elementari e scoprire lettura e scrittura, bel danno che fece la mitica Maestra Pietrina), si apriva col Genoa guidato dal Mago della Bovisa, Osvaldo Bagnoli, che dopo il miracolo del Tricolore col Verona targato 84/85 voleva ripetere un’altra favola bella quanto quella scaligera.
L’antipasto c’era tutto, il piatto forte si chiama Tomas Skuhravy (guarda caso nato proprio il 7 settembre!), armadio che guarda caso è nato nello stesso giorno del Genoa e che dopo 55 gol in 113 presenze nello Sprata Praga (con amore immediato al Mondiale 1990) va a far coppia con Carlitos Aguilera al secondo anno nelle file rossoblù. Che ve lo dico a fare, la coppia è la coppia per eccellenza!
Ma non solo il duo d’oro in avanti, il Capitano con la C maiuscola è Gianluca Signorini, uno che oggi mi prenderebbe a calci per essermi innamorato tardi del Grifone e che per eleganza, classe e personalità è stato il libero per eccellenza. Signorini ha avuto sfortuna nella vita, ma lasciandoci troppo presto ha solo accelerato l’ingresso nei miti. In porta Braglia, difesa Torrente, BrancoTiraLaBomba, tutto attaccato, perché quando Claudio Branco lanciava siluri su punizione anche la lanterna si spostava, poi Collovati, all’ultimo ballo di una carriera straordinaria, Gennarino Ruotolo da Santa Maria a Vico, SuperMario Bortolazzi e Roberto Onorati a chiudere l’undici del Mago della Bovisa. Io già li conoscevo a memoria e involontariamente già simpatizzavo quei colori.
Quel Genoa al Marassi mai conobbe sconfitta, con Aguilera e Matthaus in quell’annata cecchini dal dischetto con 7 gol realizzati, mentre Skuhravy è il miglior bomber senza contare i rigori, con ben 15 reti fatte, per un quarto posto da record e la gioia della vittoria del derby d’andata, con 2-1 firmato da Eranio e Branco, con uno 0-0 al ritorno che mantiene la supremazia cittadina.
Bagnoli ha il merito di aspettare Skuhravy che ci mette 7 partite per trimbrare il primo gol, nel 2-2 contro la Fiorentina in cui segna, nei viola, Marco Nappi, destinato poi ad esser nella storia genoana. Il ballo decisivo arriva il 26 maggio, quando al Luigi Ferraris viene spazzata via la Juventus per 2-0 con gol di Branco e dell’ariete Tomas Re della Cecoslovacchia per arrivare alla storica qualificazione in Uefa.
Quella Uefa che divenne poema epico, dal primo turno superato in rimonta contro l’Oviedo, grazie alla doppietta di Skuhravy e al gol di Caricola nel 3-1 del ritorno, passando poi per il delirio contro la Dinamo Bucaresti e il 3-1 firmato Aguilera e Branco fino al doppio 1-0 con lo Steaua che due anni prima contendeva la Coppa Campioni al Milan e che cadeva prima su Skuhravy e poi su Aguilera prima della leggenda, far fuori il Liverpool a Genova con gol di Fiorin e Branco e poi zittire Rush e compagni all’Anfield sotto la mitica e irriverente doppietta di Carlitos Aguilera. La fiaba avrebbe dovuto avere un lieto finema l’Ajax di Bergkamp, forse anche protetta dall’Uefa, riesce a elimare i rossoblù prima e poi vincere la Coppa Uefa con un doppio pareggio contro il Torino, nella sedia che Mondonico avrebbe voluto schiantare contro tutti i Lancieri.
Ma dire Genoa non è solo Aguilera e Skuhravy in 129 anni di calcio, ma citare anche Ottavio Barbieri, bandiera degli ultimi scudetti, Bagicalupo, fratello del Valerio perito a Superga, Andrea Fortunato, Luigi Meroni, la grande farfalla che perì tragicamente quando era tra le promesse del calcio italiano nelle fila del Toro, Roberto Pruzzo da Crocefieschi, appennino genovese, Juan Carlos Verdeal, il fuoriclasse di metà anni 40, Felice Levratto (oh oh… che centrattacco… oh oh oh… tu sei un cerbiatto… sei meglio di Levratto ogni tiro va nel sacco oh oh oh, cantava il quartetto Cetra) 84 gol in rossoblù, arrivando poi a Thiago Motta e al Principe Diego Milito, incubo blucerchiato, chiudendo poi con Diego Perotti e Rodrigo Palacio.
E torniamo ai giorni nostri, al mio desiderio di veder Marassi perché negli occhi il gran tifo, indipendentemente da colori blucerchiati o rossoblù, al fatto che dopo mesi sia bastata la mia presenza per riportare la pioggia a Genova e che, in un momento anche un po’ così dove non ho molto da fare, il pallone abbia confermato la sua magia, trascinando e isolando ogni pensiero, vedendo in un 3-3 col Parma quello che riassume la vita, il vantaggio, il pari e la controrimonta, un altro pari e il sorpasso quando tutto sembra perduto. Poi, ci sta che arrivi il 3-3 finale, ma questo Genoa, come tutti noi dovremmo fare sempre, non mollerà mai, oggi come 129 anni fa!
Lunga vita e… forza, vecchio, cuore rossoblù!
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