Ven. Dic 6th, 2024

Dici Lothar e hai un sussulto. Da piccolo quel nome lo scrivevi dappertutto e ovunque disegnavi una bandiera dell’Inter e una della Germania.

Merito o causa quel primo amore calcistico che mai si dimentica nella vita. Era la Serie A del 1988/89, una sorta di campionato del mondo, dove se un bimbo di 6 anni sfogliava l’album Panini veniva colpito dal colore rosso fuoco del Milan e quei capelli strani e affacinanti di Ruud Gullit.

Poi però il papà che guardava 90esimo Minuto era anche simpatizzante dell’Inter e il resto è storia, un missile di quel giocatore spacca la traversa, il suo nome è Lothar, Re Lothar da Erlangen, che il 21 marzo del 1961 veniva alla luce esattamente un anno dopo un mito di nome Ayrton Senna.

Cresciuto in Germania Lothar non si mette troppi problemi a cambiar squadra dal Monchengladbach al Bayern Monaco, sbagliando poi il rigore decisivo in Coppa di Germania proprio nella sfida tra le due squadre, dove ormai Matthaus era etichettato come traditore.

Si fa un nome in terra tedesca, il suo spirito teutonico lo fa esordire al Mondiale 1982, poi marcare e limitare niente meno che Maradona nel 1986, guardando sempre con interesse al campionato italiano, dove tra Diego e gli olandesi del Milan esiste il meglio del meglio.

Non vinceremo questo campionato ma il prossimo, quando in squadra con noi ci sarà Matthaus“, queste le parole del Generale Trap, allenatore che arriva all’Inter dopo i trionfi con la Juve e che appena indossato il nerazzurro capisce che la missione è quasi impossibile.

Serve un leader e lo si individua in Matthaus. Servono 5,4 miliardi di lire a Ernesto Pellegrini per convincere il tedesco a sposar la causa interista e non appena sbarcato a Milano ecco che Trapattoni gli consegna la maglia numero 10.

Mister, ma io non sono Maradona“, disse Lothar abituato al suo numero 8, ma il Trap gli rispose: “Già, non sei Maradona, ma tu per noi diventerai molto più importante di Diego“.

Il tedesco si gasa, segna all’esordio contro il Pisa dove in un 4-1 si scopre anche il connazionale Andreas Brehme, fulcro della manovra nerazzurra a sinistra. Il 1988/89 è la Valchiria che scende in campo, un campionato record con una squadra perfetta, Zenga in porta, Bergomi e Ferri in difesa, Mandorlini libero, Brehme a sinistra a imbeccare il cervello Matteoli, poi il funambolo Berti, Bianchi e in avanti, oltre al 10, Serena e Diaz.

58 punti nell’epoca dei 2 punti per vittoria, lo scudetto vinto in casa contro il Napoli proprio grazie ad un missile di Lothar Matthaus, in una partita che vede la squadra locale sotto per 1-0 con gol di Careca, pari di Berti in coabitazione con autorete di Fusi e poi lui, il missile che tutta San siro invoca, il tiro che si infila nell’angolino basso e regala il Tricolore a Milano.

Vedere Matthaus è uno spettacolo, anche quando San Siro somiglia ad un campo di patate lui ara il terreno, solleva le zolle, parte dal suo centrocampo, salta l’uomo, tira in rete ed il più delle volte è un meraviglioso gol.

Come contro il Como, difensore spazzato via con una finta, destro secco nell’angolino alto, o contro la Juve, dalla distanza, con buona pace di Tacconi che nulla può.

E tanti altri, progressione unica, senso del gol da 9 in pagella, 16 gol nel 90/91 e vicecannoniere, una Coppa Uefa trascinando i suoi in rimonte impossibili, vedi Aston Villa, e prima ancora giocare e sollevare la Coppa del Mondo in Italia, nella sua Italia e nel suo San Siro, incantare contro la Cecoslovacchia segnando due gol d’autore, vincendo la sfida contro l’Olanda dei rossoneri proprio nella Scala del Calcio.

Un mito di nome Lothar, uno che si rompe il crociato e lotta per rientrare nell’estate 1992, proprio negli stessi momenti in cui chi vi scrive subisce un’operazione chirurgica (ernia, niente di che, ma andatelo a spiegare al bambino che si gioca l’estate) ma che nello stesso giorno legge sul Corriere dello Sport l’intervista del Re Lothario che tuona: “Tornerò più forte di prima” e così farà chi firma questo pezzo, perché follia e amore calcistico viaggiano sullo stesso binario.

7 campionati tedeschi, 3 coppe di Germania, 1 Supercoppa di Germania, 3 coppa di Lega tedesca, 1 campionato italiano, 1 Supercoppa italiana, 2 Coppa Uefa, 1 campionato del Mondo, Pallone d’Oro 1990 e Fifa World Player nello stesso anno, il primo centrocampista votato nella Hall of Fame dell’Inter.

Un mito che ho incontrato di persona nel 2015, quando i miei battiti cardiaci in un evento dell’Inter arrivarono alla soglia dell’infarto, avevo appena visto il mio mito, avevo appena visto Lothar Matthaus!

Danke Lothar!

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Ecco Francesco Fiori e il suo idolo Lothar Matthaus

Di Francesco Fiori

Francesco Fiori è un giornalista sardo, classe 1983, con la passione per il racconto dello sport. Di tutto lo sport. Aveva 6 anni quando, sicuramente errore o destino, ebbe in regalo una semplice radio, senza pensare alle conseguenze successive del pianeta sportivo. Una domenica, finiti i compiti, giocando con quel mezzo, captò la voce roca di Sandro Ciotti. Aveva appena scoperto l’esistenza di Tutto il calcio minuto per minuto. La prima sfida arriva nella stagione calcistica 90/91, quando lo zio, incredibile giornalista locale, gli diede come compito raccontare la giornata calcistica appena conclusa. Quel tema, ad appena 7 anni, risultò migliore rispetto alle tabelline, mai entrate volentieri in testa. Il premio fu la presenza alla gara di cartello della squadra del suo paese, il Ploaghe, due settimane più tardi. Destino volle che la morte prese suo zio proprio il mercoledì prima, innescando in Fiori la voglia di diventare giornalista. A scuola alla domanda “Hai solo il calcio in testa?” rispondeva “No, anche il ciclismo” e gli anni di partite contemporanee la domenica e di Tele +2 col calcio estero crearono un piccolo “psicopatico sportivo”. Tra gli sport di cui si innamora c’è l’hockey americano, soprattutto nella mitologica figura di Mario Lemieux. Poco prima della morte del padre, nel febbraio 2001, Fiori trova su La Gazzetta dello Sport proprio un trafiletto con scritto del ritorno sul ghiaccio di Lemieux dopo aver sconfitto una forma tumorale e un ritiro di 3 anni. Da lì altra promessa, qualora arrivi la possibilità di scrivere un articolo, questo sarà su Lemieux il Magnifico. Diventato ragioniere capisce immediatamente che iva e fatture sono molto più noiose del previsto e la prima collaborazione col giornale “Sa Bovida” gli fanno capire le regole basi del giornalismo, cosa che Fiori ignorava ma che rispettava, chiedendo solo la possibilità di scrivere e far colpo. Chiusa la parentesi Sa Bovida per problemi logistici e di salute dell’immenso Antonio Delitala ecco il primo reale colpo di fulmine, il sito di hockey Nhl Playitusa che non ha un articolo su Lemieux. Il direttore, con una mail che Fiori ancora oggi custodisce, risponde: “Beh, perché non provi a scriverne uno tu?” Il resto è la storia scritta al pc dopo averne scritto 5 pagine in un quadernone a quadretti. Un cambio di lavoro, non per sua volontà, spariglia le carte in tavola, col ragazzo che stando fuori casa tutto il tempo deve abbandonare la scrittura, ma peggio ancora va col primo di 3 ictus che colpiscono la mamma proprio in quel periodo. Tempo al tempo e con un altro cambio di lavoro ecco l’opzione che lo colpisce, scrivere della sua amata Inter sul sito SpazioInter. Gli inizi sono complicati, scrivere secondo le regole e non avere carta bianca lo bloccano un pochino, fino all’esplosione che nel sito si chiama Live. Il Live sarebbe il racconto, minuto per minuto e in contemporanea, della partita in tv e a Fiori tocca esordire con Milan-Inter. Quella sera il divertimento raggiunge le stelle, anzi, le supera e da quel momento l’impegno è triplo, con le perle di interviste a Sandro Mazzola (che risate), Gigi Simoni (che gentilezza) e Riccardo Cucchi, suo idolo radiofonico. Il tesserino da giornalista gli fa mantenere la parola data a 6 anni e ancor più sorprendente è la proposta di essere addetto stampa proprio della squadra locale, andare a vedere quelle partite che il destino gli negarono nel 1991. Si chiede spesso se sia il destino a far scherzi oppure se semplicemente la vita va accettata per quella che è. Il 30 gennaio 2021, dopo un ricovero di un mese con tutte le aggravanti possibili, in ospedale viene a mancare la mamma di Francesco. Il colpo è brutale. Il conto è pesantissimo, la mente lontana, lo scrivere, anche solo un piccolo pensiero sulla giornata calcistica, è di una difficoltà che ad oggi è ancora lontana dall'essere superata. Il resto è storia o noia, dipende da che parte si vuol vedere, dagli articoli su Gazzetta Fan News al raccontare qualsiasi sport, perché per Fiori ogni sport ha un suo eroe e perché ora, con IspirazioneSportiva.com, sarà ancor più spettacolare dar libero sfogo a qualsiasi ispirazione, come dice il nome e come gli ha insegnato Riccardo Cucchi: “Nella vita mai smettere di sognare!”. Anzi, scusate il ritardo! Mail: fcroda@yahoo.it Fb: supermariolemieux pec: francesco.fiori@pecgiornalisti.it