Dici Lothar e hai un sussulto. Da piccolo quel nome lo scrivevi dappertutto e ovunque disegnavi una bandiera dell’Inter e una della Germania.
Merito o causa quel primo amore calcistico che mai si dimentica nella vita. Era la Serie A del 1988/89, una sorta di campionato del mondo, dove se un bimbo di 6 anni sfogliava l’album Panini veniva colpito dal colore rosso fuoco del Milan e quei capelli strani e affacinanti di Ruud Gullit.
Poi però il papà che guardava 90esimo Minuto era anche simpatizzante dell’Inter e il resto è storia, un missile di quel giocatore spacca la traversa, il suo nome è Lothar, Re Lothar da Erlangen, che il 21 marzo del 1961 veniva alla luce esattamente un anno dopo un mito di nome Ayrton Senna.
Cresciuto in Germania Lothar non si mette troppi problemi a cambiar squadra dal Monchengladbach al Bayern Monaco, sbagliando poi il rigore decisivo in Coppa di Germania proprio nella sfida tra le due squadre, dove ormai Matthaus era etichettato come traditore.
Si fa un nome in terra tedesca, il suo spirito teutonico lo fa esordire al Mondiale 1982, poi marcare e limitare niente meno che Maradona nel 1986, guardando sempre con interesse al campionato italiano, dove tra Diego e gli olandesi del Milan esiste il meglio del meglio.
“Non vinceremo questo campionato ma il prossimo, quando in squadra con noi ci sarà Matthaus“, queste le parole del Generale Trap, allenatore che arriva all’Inter dopo i trionfi con la Juve e che appena indossato il nerazzurro capisce che la missione è quasi impossibile.
Serve un leader e lo si individua in Matthaus. Servono 5,4 miliardi di lire a Ernesto Pellegrini per convincere il tedesco a sposar la causa interista e non appena sbarcato a Milano ecco che Trapattoni gli consegna la maglia numero 10.
“Mister, ma io non sono Maradona“, disse Lothar abituato al suo numero 8, ma il Trap gli rispose: “Già, non sei Maradona, ma tu per noi diventerai molto più importante di Diego“.
Il tedesco si gasa, segna all’esordio contro il Pisa dove in un 4-1 si scopre anche il connazionale Andreas Brehme, fulcro della manovra nerazzurra a sinistra. Il 1988/89 è la Valchiria che scende in campo, un campionato record con una squadra perfetta, Zenga in porta, Bergomi e Ferri in difesa, Mandorlini libero, Brehme a sinistra a imbeccare il cervello Matteoli, poi il funambolo Berti, Bianchi e in avanti, oltre al 10, Serena e Diaz.
58 punti nell’epoca dei 2 punti per vittoria, lo scudetto vinto in casa contro il Napoli proprio grazie ad un missile di Lothar Matthaus, in una partita che vede la squadra locale sotto per 1-0 con gol di Careca, pari di Berti in coabitazione con autorete di Fusi e poi lui, il missile che tutta San siro invoca, il tiro che si infila nell’angolino basso e regala il Tricolore a Milano.
Vedere Matthaus è uno spettacolo, anche quando San Siro somiglia ad un campo di patate lui ara il terreno, solleva le zolle, parte dal suo centrocampo, salta l’uomo, tira in rete ed il più delle volte è un meraviglioso gol.
Come contro il Como, difensore spazzato via con una finta, destro secco nell’angolino alto, o contro la Juve, dalla distanza, con buona pace di Tacconi che nulla può.
E tanti altri, progressione unica, senso del gol da 9 in pagella, 16 gol nel 90/91 e vicecannoniere, una Coppa Uefa trascinando i suoi in rimonte impossibili, vedi Aston Villa, e prima ancora giocare e sollevare la Coppa del Mondo in Italia, nella sua Italia e nel suo San Siro, incantare contro la Cecoslovacchia segnando due gol d’autore, vincendo la sfida contro l’Olanda dei rossoneri proprio nella Scala del Calcio.
Un mito di nome Lothar, uno che si rompe il crociato e lotta per rientrare nell’estate 1992, proprio negli stessi momenti in cui chi vi scrive subisce un’operazione chirurgica (ernia, niente di che, ma andatelo a spiegare al bambino che si gioca l’estate) ma che nello stesso giorno legge sul Corriere dello Sport l’intervista del Re Lothario che tuona: “Tornerò più forte di prima” e così farà chi firma questo pezzo, perché follia e amore calcistico viaggiano sullo stesso binario.
7 campionati tedeschi, 3 coppe di Germania, 1 Supercoppa di Germania, 3 coppa di Lega tedesca, 1 campionato italiano, 1 Supercoppa italiana, 2 Coppa Uefa, 1 campionato del Mondo, Pallone d’Oro 1990 e Fifa World Player nello stesso anno, il primo centrocampista votato nella Hall of Fame dell’Inter.
Un mito che ho incontrato di persona nel 2015, quando i miei battiti cardiaci in un evento dell’Inter arrivarono alla soglia dell’infarto, avevo appena visto il mio mito, avevo appena visto Lothar Matthaus!
Danke Lothar!
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