Si chiude con un velo di malinconia il campionato di formula uno targato sciagurato anno 2020.
Si chiude un’annata in cui la Rossa di Maranello è doppiata, sfregiata, umiliata in un misero sesto posto tra i costruttori a meno, udite udite, 442 punti dalla regina Mercedes.
Si chiude un calvario che non ha portato nessuna vittoria stagionale e con il noioso circuito di Yas Marina si chiude anche l’avventura di Sebastian Vettel con la Ferrari.
Vettel che regala l’ultimo magone in rosso, dedicando una canzone al team ma anche a tutti i tifosi che al momento dell’addio qualche interrogativo in più se lo son posti, poteva vincere di più? poteva esser difeso meglio? perché è andata così?
Da La Gazzetta dello Sport:
«Ho una sorpresa».
Ancora una breve attesa,e poi ha attaccato a cantare, con la voce che per un istante si è incrinata: «Voi siete la squadra rossa, appassionati, (non vi)
arrenderete mai. La mia fermata sta arrivando, mi è piaciuto stare con voi. (Ho) sentito la vostra magia (una) sensazione straordinaria. Ragazzi, vi
ringrazio per avermi …, mi mancherete.Un saluto, tutti voi a Maranello meritate, menzionato (sic, ndr) qui. E adesso, io quasi quasi dirò addio e auguro, auguro il meglio. Auguro di essere felici, ma di più di essere
sani. Grazie”.
Vale la pena riportarla tutta, anche solo per rendersi conto dell’impegno
che ci ha messo, dopo 5 anni di alti e bassi in cui, a modo suo, ha riportato entusiasmo nuovo a Maranello.
Si arrivava dai 4 anni di Fernando Alonso, che come pilota è di una classe indiscutibile ma che rispetto a Vettel è più aziendalista, pensa un pochino di più ai cavoli suoi e di entusiasmare con team radio proprio non ci pensa.
Alonso, il suo tira e molla per la Rossa e subito la Vettel Mania, vittoria alla seconda gara in Malesia e team radio fantastico: “Ferrari is back! Mi senti? Mi senti? Grazie mille ragazzi, grazie, grazie grazieee, forza Ferrari!“
Amore a prima vista, anzi, amore a primo team radio.
La sua stagione d’esordio in rosso si conclude con 13 podi, record per essere un pilota al primo anno in Ferrari, riportando una pole (con vittoria) a Singapore, dopo che l’ultima partenza al palo risaliva al 2010, vincendo nel mezzo anche in Ungheria.
Quando tutto sembra apparecchiato per la gloria ecco che la Ferrari compie un (primo) disastro totale con la monoposto del 2016 che illude col podio australiano ma che è sempre anni luce distante dalla Mercedes che trova sempre e in anticipo le soluzioni per dominare, chiudendo l’anno con i secondi posti del gp di Cina e d’Europa a Baku come miglior risultato.
Parte indubbiamente meglio il 2017 vincendo subito all’esordio in Australia, resiste con i denti in Bahrein quando senza gomme porta lo stesso la vittoria a Maranello poi è una spettacolare doppietta con Kimi Raikkonen nel circuito storico di Montecarlo che fa sognare tutti.
Vettel però è troppo latino anziché teutonico, perde le staffe in Azerbaigian quando, vittima dei giochi mentali di Hamilton, sperona l’inglese in regime di safety car, reo di rallentare troppo il gruppo.
E’ il primo segnale di insofferenza verso il pilota della Mercedes, squadra che detta legge contro la Ferrari che con Arrivabene riesce a tener testa al campionato, arrivando al +14 su Hamilton nella vittoria in terra ungherese nonostante lo sterzo faccia i capricci.
E’ solo un sogno, due vittorie di Hamilton in Belgio e a Monza riportano Lewis in testa al mondiale, Vettel vincerà solo in Brasile e chiuderà al secondo posto con 317 punti e la voglia di primeggiare nella stagione successiva, con ciliegina sulla torta di un disastro a Singapore tra Seb e Kimi che si toccano alla partenza del gran premio.
La SF71H del 2018 parte anche meglio della precedente monoposto, due vittorie nelle prime due gare in Australia e Bahrein e quando i desideri di tripletta e di statistiche che riportano alle prime 3 gare del 2000 quando era Schumi Show vanno a sbattere con l’ottavo posto in Cina, con il primo gradino del podio che arriva solo dopo altre 4 gare, in Canada, prima di bissare il successo dopo altri 2 circuiti, questa volta a Silverstone, in Inghilterra…soprattutto: “A casa Loro!“
Ora, mannaggia a Seb, va bene vincere lì ma il tutto ha portato un pò di sfiga, perché a casa di Vettel, sotto una pioggerellina, va a sbattere a Hockenheim e, moralmente, lasciare gran parte del mondiale proprio lì, nonostante la vittoria in Belgio che sarà l’ultima stagionale, con gli ultimi 8 gran premi che evidenziano una involuzione della rossa tutta a vantaggio di Hamilton e della Mercedes.
Le rosse illudono soprattutto a Monza, con Kimi Raikkonen che fa impazzire il pubblico con una gran pole e con Vettel subito alle spalle. Il casino però che combina ai piani alti la Ferrari è da Tapiro d’Oro, con il finlandese che proprio prima del gran premio ha l’ufficialità che sarà sostituito dal giovane Charles Leclerc nel 2019.
Il tutto nella stagione in cui la Rossa perde Sergio Marchionne, iniziando una discesa negli inferi che ad oggi non vede la luce.
Quando si pensa alla terza rivincita tedesca ecco il (secondo) disastro del 2019 quando la SF90 è completamente lontana dalle prime posizioni col tedesco mentre vola con Leclerc (pole alla seconda gara) che vince in Belgio e a Monza (come Schumi) e chiude l’anno con 7 pole, mentre l’impietoso confronto con Seb dà al tedesco l’unica vittoria a Singapore, l’ultima in rosso.
Il 2020 parte con l’annuncio che Vettel non rinnoverà con la Ferrari (o la Ferrari non rinnova Vettel, ci teniamo il dubbio) rimpiazzandolo con Sainz.
E’ l’inizio di un pellegrinaggio che nella stagione funestata dal Covid non concede gloria a Sebastian Vettel, prima di quell’ultimo team radio che a tanti fa scappare una lacrimuccia.
Chiude con un 10 in pagella ne La Gazzetta dello Sport con questo motivo:
“Un addio commovente alla Ferrari dopo sei campionati dolceamari.
Lascerà un bel ricordo, anche se il Mondiale non è arrivato, perché ha
dimostrato cuore e umanità“
Ora per Seb si aprono le porte dell’Aston Martin, dal rosso al verde, con semplice grazie per esser diventato tra i piloti Ferrari uno dei più amati, col rammarico che proprio alla base della sua avventura a Maranello non abbia potuto contare sulla forza dei consigli di Michael Schumacher.
Con Schumi di fianco la storia sarebbe stata diversa.
Grazie Seb.
Foto: Getty Images