E’ l’alba dell’otto ottobre 2000. Non un risveglio normale, anzi, non una nottata normale visto che molti non son riusciti a chiuder occhio.
Colpa della rossa.
Non un femme fatale e neanche una birra. La Rossa è semplicemente la F1-2000, monoposto col numero 3 guidata da lui, dal Kaiser, da quel Michelino che noi vorremmo adottare, ma che è tedesco di Kerpen, antipatico all’inizio, simpatizzato durante e amato dopo: Michael Schumacher.
Sulla Ferrari c’è una sorta di maledizione che dura dal 1979, da quando in trionfo la portava Jody Scheckter, compagno di squadra di un tale di nome Gilles.
Quel Gilles, doveva prender in mano il sogno rosso dopo il ritiro del campione e tutto faceva presagire l’alba di una nuova favola.
Invece, tra macchine progettate malissimo e trionfi epici il fato rubò l’Aviatore canadese in un mattino di Zolder, facendo cadere nella depressione il tifo della scuderia più amata del circus.
Ci provò il volenteroso Alboreto, il Professor Prost, il cinghiale Mansell (senza offesa, uno come Nigel è oro puro nella Formula Uno), il talentino Alesi, ma niente da fare, a vincer erano sempre gli altri.
“Ma costa veramente così tanto questo tedesco?“, le parole di Gianni Agnelli verso Montezemolo per l’ingaggio di Schumacher. Anche in questo caso il fato aveva indotto il matrimonio, togliendo al sogno un Ayrton Senna in Ferrari e lasciando strada spianata alla nuova unione.
Schumacher nel 1996 guida un assoluto paracarro, che perde pezzi in alcuni circuiti, ma che porta al trionfo a Barcellona, a Spa e a Monza, una tripletta che nessuno scorda.
E’ il miglior pilota in una macchina in crescita costante, ma se nel 1997 il suo black out (già successo in Australia, nel 1994) gli fa gettare alle ortiche il mondiale contro un altro Villeneuve, Jacques, tutto sembra apparecchiato per trionfare nel 98 e 99, quando un altro stop (Giappone, spegnimento motore in partenza) e un grave infortunio (Inghilterra) fanno sospettare che mai si arriverà all’epico trionfo.
Come accaduto in tempi recenti con Alonso e Vettel, la Rossa deve sudare per entrare nella storia, nel 2000 tre vittorie nelle prime tre sfide, poi la Mclaren di Hakkinen cresce e umilia il tedesco in Belgio, quando il finlandese compie il sorpasso più bello della storia della Formula Uno.
Sorpasso anche in classifica mondiale oltre che moralmente, ma Schumacher pensa che quest’anno è ora o mai più e una tragica Monza (morte del leone CEA Paolo Gislimberti) danno al tedesco vittoria, eguagliando Senna e meno due in classifica da Hakkinen, riaprendo il campionato.
Indianapolis, cavallo di ritorno in Formula Uno, dà al vento la direzione giusta. Contemporaneamente al gran premio la tv trasmette il film Jolly Blu degli 883, Schumacher vince, Hakkinen rompe e la canzone Sei un mito ora è perfetta.
Ma manca ancora l’apoteosi. Giappone 2000, o Hakkinen vince o è trionfo rosso, con Schumacher ancora in pole e ancora una volta tradito dai nervi, superato in partenza dal finlandese.
Chi se ne frega, oggi deve andare come deve andare, Schumi non molla Mika, come in F3, un rispetto nato dallo status di gentiluomo di Hakkinen, mai polemico e mai sopra le righe. Non è duello Senna-Prost ma è ugualmente bello.
Tutta Italia spinge il tedesco, il distacco si assottiglia da due a un secondo, poi Hakkinen va ai box.
“Dai Schumi, spingi per noi, fallo per Corinna che ti guarda con occhi dolci, fallo per le critiche, per le lodi, fallo per te, fallo per noi“, Schumacher fa quello che ci ha abituato, come uno scatto di un ciclista in montagna per il tedesco l’abitudine è diventare un caccia al momento in cui deve far impazzire la rossa nei giri che precedono i box.
In quel momento, tutti si ricordano cosa accade, c’è chi fa volare un letto, chi lancia qualcosa per aria, Schumi può farcela.
L’uscita dai box è come un rigore in coppa del mondo. Hakkinen è lontano, porca miseria, Hakkinen è lontanissimo!
Gianfranco Mazzoni, telecronista dell’epoca, regala al mondo del giornalismo e della tv parole uniche, che valgono quanto Martellini nel calcio nel 1982 o Galeazzi nelle Olimpiadi con i fratelli Abbagnale, Michael Schumacher da Kerpen è primo a 13 giri dalla fine.
Quei giri sono un marasma di emozioni, Schumi è causa del volume al massimo delle tv e poco importa se c’è gente che dorme, l’alba rossa vede meccanici pietrificati attendendo Michael, l’obiettivo dopo 5 anni è lì, dietro l’angolo, forza Michael, ti stiamo spingendo tutti.
Quei giri non passano mai. Quei giri ti stanno consegnando alla storia.
La telecronaca è un atto d’amore verso Schumacher, ed è giusto così dopo tante illusioni, al diavolo l’imparzialità, vogliamo il Mondiale. C’è pioggerellina, attenzione Michael, anche quando Mika rallenta, keep calm, maledizione, non piove solo in Giappone, anche nel mio viso, sto piangendo, maledizione Michael stai attento, non illudermi anche oggi.
Ultimo giro, 4.279 secondi di vantaggio su Hakkinen, si sentono le trombe in lontananza, al “Forza Michael” di Mazzoni le lacrime scendono copiose, maledizione, non erano messe in preventivo, ma quanto sono belle, ultime curve, quel tracciato si conosce a memoria dalla playstation, vai Michael, vaiiiii…“Ultime curve per Michael Schumacher, inseguito vanamente da Mika Hakkinen, il titolo mondiale non gli può sfuggire (e giù scongiuri), l’ultima chicane poi l’ultima curva prima del traguardo, Michael Schumacher ce l’ha fatta, siii Michael Schumacher campione del mondo! Riporta il titolo mondiale 21 anni dopo Jody Scheckter, campione del mondo! I colori dell’arcobaleno sulle insegne del cavallino rampante” e poi grida, abbracci, un salto sul podio che dà a Schumi un bagliore unico, una luce accecante.
Una luce che brilla ancora oggi che il buio è intorno al Kaiser, una luce che mai abbandonerà Schumi, il nostro Michelino, da vent’anni l’8 ottobre il nostro campione del mondo! E come disse Todt: “Da oggi, niente sarà più come prima!”
Keep Fighting Michael, I love you! (E mi stavi sulle palle!)