Siamo tra Spa e Monza, nel 1996 iniziava il sogno della Ferrari di Schumacher, oggi naufragata in una stagione fallimentare.
Forse non c’è neanche bisogno di guardare così lontano, perché la Rossa iscriveva nel suo albo d’oro la doppietta Spa-Monza proprio la scorsa annata, con quel predestinato Leclerc che oggi appare un pulcino al cospetto di problemi più grandi della sua classe.
Ritorna così alla mente quella magica stagione 1996, dove un tedesco (per tutti eccessivamente strapagato all’epoca), sedeva su una Rossa che aveva ormai smesso di far sognare da tempo immemore.
La differenza fra quell’epoca e i giorni nostri parte dal pilota e dal potere che la Ferrari riuscì a dar vita da quel momento, avendo in Michael Schumacher il numero uno assoluto, due spanne sopra Damon Hill, poi campione del mondo, mentre oggi sulla bravura di Leclerc (e Vettel) non si hanno dubbi, ma Hamilton è inarrivabile.
Quel gran premio del Belgio del 1996 si apriva col botto di Schumi al venerdì, macchina distrutta e brutto colpo per il tedesco, poi terzo in prova dietro Villeneuve e Hill, staccato di 1.204 dalla coppia Williams.
Non c’era niente di bello in previsione della domenica, fin lì il tedesco dalla mascella d’acciaio aveva incantato in Spagna, guidando come un ballerino sul ghiaccio mentre gli altri annaspavano nel diluvio del Montmelò, poi però più nulla, se non per 4 pole fin lì ottenute.
Spa però è il regno della magia e il Kaiser di Kerpen ha lì il giardino preferito, anche se per vincere in Belgio toccò aspettare un incidente di Verstappen senior per scatenate contemporaneamente safety car, confusione di Villeneuve e giri scatenati di Schumacher, che, in stile “undercut”, quando c’era da spremere il treno di gomme prima della sosta ai box, entrava in modalità “top gun”, prendendo poi il primo posto al rientro dal cambio gomme.
Schumi in questo era il migliore, con la vittoria di Spa che fece innamorare ancor di più il tedesco con la Ferrari, trovando poi l’apoteosi a Monza, 15 giorni dopo, che riportava la Rossa di Maranello al primo posto del gran premio d’Italia dopo ben 8 anni, aggiungendo del romanticismo nel tifoso locale con Alesi al secondo posto.
Altri tempi, altre storie, altra Ferrari, neanche all’epoca la migliore del blocco, ma che aveva un pilota in grado di far sognare e una struttura tecnica (e politica) pronta ad essere la migliore del circus.
Quando torneranno quei gloriosi tempi non si ha da saperlo, troppo è il divario dalla Mercedes, molto più netto e deprimente rispetto a quando le Rosse le prendevano dalla McLaren di Senna e Prost e nonostante il grande abisso erano la seconda forza del campionato.
La Ferrari oggi invece è lontana parente di qualsiasi monoposto rossa, una media punti piloti di 8,7 a gara, mai così pochi dall’introduzione del nuovo punteggio, riportando alla mente la stagione 1980, con Enzo Ferrari che doveva render conto di un decimo posto tra i costruttori, 8 punti e solo l’Alfa Romeo alle spalle, 11 ritiri su 14 gare e che col meccanismo attuale sarebbero a quota 61 punti nella classifica finale, proprio gli stessi punti di questa sciagurata annata.
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