La stagione 2020 del Cagliari celebra i 50 anni di uno scudetto dal fascino immutato nel tempo
Sono in 28.000 allo stadio Amsicora per spingere il Cagliari verso la storia. Il 12 aprile è di scena la sfida col Bari e una contemporanea buona notizia dall’Olimpico per Lazio-Juve varrebbe lo scudetto.
Già vice campione d’Italia l’anno prima, il Cagliari fa il botto di mercato in estate, quando dall’Inter prende Domenghini, Gori e Poli per Boninsegna (più 250 milioni) gettando le basi per il primato. La Juve, contendente al tricolore, risponde con gli acquisti di Morini, Roberto Vieri, Marchetti e Furino, mentre la Fiorentina campione in carica si affida ancora ai gol di Chiarugi.
La quarta giornata di campionato vede la Fiorentina fermata in casa proprio dal Cagliari grazie ad un rigore di Riva, per i viola è l’addio alla primato ora solitario dei sardi. Da quel momento, come un sogno, la squadra di Scopigno (licenziato dai sardi nel 67, causa una tournée estiva festeggiata troppo e finita con pipì in un giardino di Washington!), allenatore burbero e filosofo, accelera, iniziando a crederci sul serio.
Campioni d’inverno con un turno di anticipo con 3 punti di vantaggio su Fiorentina, Juve, Inter e Milan per il Cagliari pare tutto semplice, ma un fuorigiri di febbraio trova un pari con i viola e una sconfitta con l’Inter, con la Juve ora a meno uno in classifica.
Lo scontro diretto del 15 marzo è al Comunale di Torino, dove il protagonista diventa l’arbitro Lo Bello che concede un rigore dubbio ai padroni di casa, tira Haller, para Albertosi ma il penalty è da ripetere, così secondo tentativo e questa volta segna Anastasi, siamo 2-1 quando va in scena la crisi di nervi dell’estremo difensore sardo. A sistemare le cose, o forse per senso di colpa, è ancora l’arbitro di Siracusa che decreta un altro rigore, trasformato da Riva, per il 2-2 finale.
La domenica successiva la Juve cade a Firenze sotto i colpi di Mariani e Merlo mentre ancora Riva dagli 11 metri regola il Verona, aumentando il divario sui bianconeri.
Quel 12 aprile del 1970 arriva anche Sandro Ciotti per la radiocronaca, ed è lui al minuto 39 ad annunciare il gol di Riva di testa su punizione di Brugnera. La vera esplosione per il popolo sardo è però al minuto 52, quando da Roma arriva la notizia del vantaggio della Lazio firmato da Ghio. Esplosione che diventa leggenda col raddoppio di Chinaglia su rigore e con la Juve sotto 2-0 arriva il secondo gol anche del Cagliari, con l’ingresso in area di Bobo Gori che finta con una finta disorienta la difesa e di destro batte Spalazzi, mancano 2 minuti alla fine e quando l’arbitro De Robbio fischia la fine per l’Amsicora si spalancano le porte del paradiso, il Cagliari è Campione d’Italia!
“Il solito Riva sblocca il risultato, un sodalizio che ha voluto la conquista con tenacia, con la caparbietà tipica di questa magnifica gente, illuminata da saggezza, accutezza e lungimiranza di dirigenti provveduti e moderni“. Così scriveva Angelo Rovelli su La Gazzetta dello Sport mentre l’isola si colorava a festa, una terra che spesso faceva storcere il naso ai calciatori destinati in Sardegna ma che poi venivano conquistati ed eternamente innamorati della nuova patria calcistica.
Quel 12 aprile la poesia recitò così: “Albertosi, Martiradonna, Mancin, Cera, Niccolai, Poli, Domenghini, Nene, Gori, Brugnera, Riva“, 11 giocatori in una rosa ristratta di 16, attenti a qualsiasi raffreddore che potesse limitare la squadra, decorata poi come un pittore dal genio sagace di Manlio Scopigno, uno che aveva convinto Riva della bontà del progetto, con l’attaccante destinato al Bologna poi invece, nel 63/64, spedito in Sardegna tra la poca convinzione, stesso discorso per gli Albertosi (solo 11 i gol subiti nel 69/70), i Domenghini, i Gori, nonostante nessun giocatore locale in squadra, ma lo stesso capaci di cambiare le sorti di un’intero territorio e far conoscere la Sardegna all’Italia, con una prova d’amor proprio con uno scudetto che 50 anni dopo è giustamente venerato come leggendario.
Francesco Fiori
Fonte: Gazzetta Fan News