Lo sguardo è triste, assorto nei pensieri di una professione che non è più quella di una volta. In testa il perché la vita incontra e ti sbatte in faccia la morte, senza poter replicare.
Le vittorie, nell’arco di 10 anni, sono solo 41, ma di classe, con 80 podi e 65 pole position. Nessuno riesce a spegnere la fiamma del casco giallo, da Prost a Mansell, arrivando a Schumacher, l’ultimo dei rivali che proverà a detronizzarlo.
Accade poi l’incubo del primo maggio e quello che ispira questo pezzo.
Il sogno è quello di un bambino che si siede di fianco al suo mito, Ayrton Senna, provando a convincerlo di non correre quel maledetto gran premio di San Marino. E’ il 1994, è la sera prima del 1° maggio.
Le risposte alle domande sono proprio le riflessioni del pilota brasiliano, unico nel suo genere, cattivo in pista e sentimentale fuori, persona di elevata personalità a cui anche un bambino dà del lei.
Riviviamo il sogno di una notte.
Ripartiamo da zero Ayrton, Williams 1994”.
“Vedi, le vetture sono meno stabili e più difficili da guidare. Si potrebbero verificare più cappottamenti e più divertimento, finché al pilota non succede niente. Ma come per Roland, non è una bella situazione”.
Roland è Ratzenberger, milite ignoto e sfortunato pilota che perde la vita il 30 aprile a Imola. Per lui Senna avrà una bandiera austriaca dentro la vettura, per sventolarla a fine gara. Già, quella gara che per il pilota durerà appena sei giri. Tutti in testa, tutti al limite.
“Non sono nato per arrivare secondo o terzo ma per vincere. In gara pensi di avere un limite, appena lo tocchi accade qualcosa e ti accorgi di poter andare oltre, con la forza d’animo, la fermezza, l’istinto e l’esperienza puoi volare molto in alto”.
Senna inizia a correre seriamente nel 1978, rievocare quegli anni lo fa sorridere, ed è un piacere.
“Sorrido se ripenso al 1978, 79, 80 col karting, gareggiavo contro Terry Fullerton, l’avversario più forte che abbia mai incontrato. Mi piaceva guidare con lui perché era veloce e coerente, un pilota davvero completo, guida allo stato puro, gara allo stato puro, né politica né soldi di mezzo, competizione vera”.
Agli inizi anche un fisico molto gracile, con Ayrton che per primo introduce la maniacalità della forma fisica attraverso l’esercizio del corpo costante, anche grazie a Nuno Cobra, suo preparatore, che vede in lui i miglioramenti di un Senna che passa da 74/75 battiti cardiaci a riposo a 48 al minuto.
“Puoi anche guidare una vettura da gp non essendo in buona forma, ma quanto resisterai, quanto sarà precisa e costante la tua guida con lo stress, le temperature elevate e le condizioni pesanti di gara è un altro paio di maniche. E’ pesante, ti affatichi, provi dolore, ti disidrati, riesci a resistere meglio di un altro se sei in forma. Se non lo sei, perdi poco alla volta concentrazione. Io corro molto a piedi, le scarpe da tennis mi durano solo più di due mesi, faccio dai 12 ai 20 km al giorno, se sono in ottima forma guido meglio e rendo meglio”.
Ascoltarlo è sublime, la potenza della voce ti entra in testa e ti convince anche sulla forma fisica.
“Non si tratta tanto di muscoli più forti o più definiti, ma dalla forza che hai, sia nel corpo che nella mente. Credo che questo s’impari solo nella pratica. Quando ne capii l’importanza imparai a conoscermi meglio. Impari a conoscere meglio i tuoi limiti ma anche la tua forza e puoi cercare di farne un tutt’uno e diventare una persona equlibrata”.
Difficile far confronti fra epoche diverse, fra piloti e stili di guida diversi, da un mestiere che parte come un rodeo, dove la morte è quasi compagna fedele di ogni gara, ma anche oggettivamente affascinante, con Senna che lascia il Brasile per l’Inghilterra, a Reading, nel 1983, non sa l’inglese e lo impara stando ore e ore alla tv, non sa cucinare e i primi anni mangerà una gran quantità di uova, si sposa giovanissimo, destino vuole che la sua prima F.1 in prova sia una Williams, cui fa il primo test a Donington, è più veloce di un secondo sul precedente record, poi si alza dalla macchina e se ne va. E’ un turbine di eventi che hanno un solido progetto.
“Se ti azzardi a fare la traversata di 12.000 km fino in Europa, dal Sud America, dal Brasile, devi avere un’ enorme dose di fegato ed un’enorme perseveranza. Questa è una cosa che i brasiliani hanno in comune, siamo circondati da meno tecnologia che possa aiutarci, siamo costretti ad improvvisare ed escogitare cose nuove, contando solo sulle nostre forze, siamo una nazione ancora giovane e molto disorganizzata, per questo per noi è più difficile fare e raggiungere qualcosa, ma se cerchiamo di ottenere qualcosa siamo i più competitivi e ambiziosi. Abbiamo una maggiore capacità di affrontare i problemi, sfruttiamo meglio le situazioni in cui si richiede una maggiore capacità d’improvvisazione per realizzare qualcosa. In questo siamo un tantino più bravi!”.
Un momento Ayrton, le ho visto gli occhi brillare, abbiamo nominato la parola Brasile. Brasile che significa famiglia.
“Alla mia famiglia devo innanzitutto molto amore. Questo è importante per tutti. Da bambino ho ricevuto tanto da loro. Devo a ciò la mia forza e la mia personalità. Mi hanno sempre sempre appoggiato in tutto quello che facevo, soprattutto i miei genitori mi hanno seguito attentamente. Mi lasciavano molto libero nelle mie scelte, ogni volta che mi allontanavo da ciò che è buono e sano nella vita erano sempre pronti per spiegarmi cosa stavo facendo e dove questo mi avrebbe condotto in futuro. Quando sei giovane non te ne accorgi, cercavano di proteggermi da grandi disastri, ma mi hanno dato l’opportunità di sbagliare imparando la lezione. Imparare dai propri errori spesso è il modo migliore, sono stato fortunato, mio padre e mia madre mi hanno dato una base che è tuttora di grande aiuto, poi ho una sorella (Viviane) fantastica e un fratello (Leonardo) molto speciale. Ci sentiamo molto vicini, pensiamo e agiamo come un gruppo con atteggiamento positivo, vivendo in modo sano. Abbiamo sempre avuto ciò che desideravamo”.
Mentre la primavera scorre inesorabile nella fine di aprile arriva il pensiero che Senna sia un privilegiato.
“Privilegiato? Solo poche persone possono fare quello che vogliono e fare del proprio hobby il loro mestiere. Poche persone hanno successo in questa professione. Il fatto che io abbia costruito dal nulla quel che sono ora non è poco. E non solo, sono sano, forte e ho ancora una vita davanti. Ho ancora tanto da imparare e realizzare, è una cosa unica, la più importante è vivere in pace con sé stessi. Quel che conta è cosa fai e come lo fai. Dove vuoi essere e come vuoi essere devi averlo ben presente e devi seguire la tua strada”.
Stiamo divagando, ritorniamo all’Ayrton pilota, anche se la prego, anzi ti prego, non correre quel gran premio domani.
“Le corse le ho nel sangue, fanno parte della mia vita, le faccio da una vita. Sono la cosa più importante.Avevo 8 anni quando ho iniziato, ma la maggior parte dei ragazzi ne aveva 15, 18, 20. Il posto in griglia veniva scelto tirando a sorte. Misero dei fogliettini di carta con i numeri dentro un casco. Ero il più giovane e scelsi per primo, estrassi l’uno e fui in pole position già alla mia prima gara!”
Un altro raggio di luce illumina gli occhi tristi di Ayrton Senna, la parola pole position, l’essere il pilota più veloce nelle prove di qualificazione. Prove contro il tempo che si rivelano terra di conquista per 65 volte, un pianeta tutto suo.
“Una volta che sei dentro devi comunque andare avanti fino in fondo. Raggiungi un livello dove non ci sono compromessi. Dai tutto quello che hai e talvolta riesci a dare anche di più,più di quel che occorre per vincere. Sono molto competitivo. Ogni pilota che arriva in Formula Uno ha una personalità molto competitiva. Io sono estremamente competitivo in tutto ciò che faccio. Dipende da cosa faccio e dall’umore del momento. Quando sono in vacanza mi comporto in modo completamente diverso da quando rilascio interviste o faccio le prove o le gare. Devi concederti un diverso atteggiamento mentale ed un altro modo di vedere le cose. Solo così riesco a trovare il giusto equilibrio per poter dare tutto in caso di necessità, desidero fare tutto bene, voglio essere il migliore”
Una frase dice: “Per essere il migliore, devi battere il migliore”. La vita ti esalta quando incontri per la tua strada, per il tuo obiettivo, un nemico. Perdere per lei è terribile, perdere contro Prost è la cosa peggiore in assoluto? Lo stesso Alain che consiglia a Ron Dennis di prendere in squadra proprio Ayrton dopo le esperienze di Toleman e Lotus. E’ subito storia, Senna prova ad umiliare Prost a Montecarlo, gli rifila 1”427 in prova, ha 54 secondi di vantaggio in gara, vorrebbe doppiarlo. Va a sbattere.
“Attraversai un periodo di adattamento e scoprii un aspetto importante della vita. Quella vicenda contribuì a farmi riflettere su ciò che è fondamentale nella nostra vita: Dio. Spesso vieni frainteso, in alcuni casi mi hanno capito male, in altri sono stato ingannato di proposito. Alcune persone mi hanno ingannato per ottenere una bella storia, ci sono stati momenti in cui ho commesso grandi errori che la gente poi ha intenzionalmente usato contro me stesso. Questo è inevitabile”.
Si va bene Ayrton, ma Prost? Avete iniziato sorridendo nel 88, lei quasi lo venerava anche se Alain è quello che ha subìto 3 secondi a giro nel 1984, ricorda, Montecarlo, la pioggia, ma anche Suzuka ad esempio, tipo la gara decisiva per il primo titolo.
“Nel 1988 a Suzuka lo stress è enorme. Parto male, rimonto, supero Prost, ho cominciato ad essere felice solo durante l’ultimo giro. Ho ringraziato Dio, non riuscivo a crederci, stavo per vincere il campionato nonostante tutta l’ansia e la pressione. Ho sentito la sua presenza e ho visto Dio, è stato un momento molto speciale ed indescrivibile e che fa parte di me. Provo tanta pace da campione, è come se mi avessero tolto un peso enorme dalla testa”.
Nel 1989 esplode la guerra interna alla McLaren, i due galletti ormai fanno un campionato a parte, Prost più regolare e vincente in gara, Senna una macchina da guerra in prova, la costanza del francese lo porta davanti ancora a Suzuka, dove il brasiliano deve vincere per tenere ancora il mondiale aperto. Prova l’impossibile, attacca Prost, i due si toccano, Alain è fuori, Ayrton riesce a ripartire, cambia il muso, perde troppo tempo poi si lancia in rimonta su Nannini, lo passa, vince, esulta, ma viene successivamente squalificato da Jean Marie Balestre, francese e capo della Formula Uno raggiunto immediatamente da Prost. Non vorremmo farla arrabbiare ma che ricordi ha?
“A Suzuka non ho causato l’incidente. Questo risulterà dalle immagini video, non dalle mie parole. Hanno voluto rendermi responsabile di tutto. Mi hanno incolpato di tutto e penalizzato per tutto, mi hanno trattato come un criminale. Pensai di smettere e di tornare a casa e di non andare in Australia, poi pensai di correre in Australia e poi di non tornarci. Tante cose mi son passate per la testa ma come dicevo sono un professionista. Ho una mia responsabilità e sono anche un uomo, i miei valori sono più forti di chi cerca di influenzarli e persino di distruggerli”.
Proprio non riesce a parlar male del nemico Prost?
“La vita è troppo breve per avere dei nemici”.
Ayrton, angelo o demone, impiega un anno per prendersi la rivincita, ancora la pista giapponese, questa volta nella riunione pre gara Piquet lancia la provocazione: “L’anno scorso con Senna è successo un casino per il taglio di chicane, deve ripetersi anche quest’anno? Non sarebbe più facile per i commissari fermare la macchina e farla ripartire se non passa nessuno anziché tornare indietro?”Richiesta accolta favorevolmente, apriti cielo, Senna s’infuria perché sa di aver fatto cosa giusta 12 mesi prima, ma polemizza per un misterioso cambio del lato della pole. Chi fa il miglior tempo partirà dal lato sporco della pista.
“La mia personalità è forte. Credo che alcuni abbiano usato questo aspetto contro di me, ma non ha funzionato. Ciò che conta è rimanere sé stessi senza lasciarsi turbare dagli altri, non voler essere diversi solo perché lo vogliono gli altri. Spesso è a causa di errori del proprio carattere o da ciò che capita strada facendo che s’impara qualcosa. Quel che conta è migliorarsi traendo lezione dai propri errori. Sono fregato molte volte dal sistema. Mi sono detto oggi non se ne parla, oggi andrà come dico io, non importa cosa accadrà”.
Detto, fatto, Ayrton sperona Prost alla prima curva, titolo al brasiliano, furia Alain ora con i colori della Ferrari. Il brasiliano non ha lo sguardo fiero, pare in conflitto interno. Senna, posso darti del tu? Sei lo sguardo della contraddizione, due lati della stessa persona
“Per vincere occorre calcolare ed essere aggressivi nelle giuste dosi e nei momenti opportuni. Bisogna avere innanzitutto una mente molto perspicace per sapere quando essere aggressivi e quando invece calcolatori, quando occorre dare tutto e quando invece trattenersi, questa è la differenza tra vincere e perdere”.
Un altro soffio di vento scuote lo sguardo assente di Ayrton, lo stesso che nella griglia di partenza del Gran Premio lo vedrà pensieroso a guardare ciò che lo circonda, a far timidi sorrisi, a cercare forse una motivazione interna per quello che dovrà fare. Gli occhi di un bimbo quasi intimorito.
“Non siamo forse tutti dei bambini? La differenza tra uomini e bambini sono i loro giocattoli. Quando si diventa grandi ci si preoccupa di un sacco di cose e si perde la gioia di vivere. Per questo bisogna cercare di tornare bambini appena si può”.
Lo sguardo cupo è una coltellata al cuore. Bisogna far ritornare Ayrton al sorriso. Senta Senna, si ricorda la prima vittoria in Brasile? Era il 1991 se non sbaglio, fu il sorriso in una domenica che vide la mia Inter perdere il derby contro il Milan
“Lì mi capitò di tutto: pioggia, calore, problemi tecnici, accadeva di tutto. Ma io assorbivo tutto senza reagire. Registravo tutto. A causa della tensione e delle difficoltà tecniche (cambio bloccato in sesta negli ultimi 7 giri, cosa che andò a causare fortissimi spasmi muscolari) non potevo dare via libera alle mie emozioni. Dovevo rimanere calmo e calcolatore. Mi succedeva di tutto, non potevo permettermi sbagli, avevo desiderato questa gara per anni e avevo una buona chance di vincere. L’entusiasmo dei tifosi era contagioso, le emozioni intense, il dolore era ancora più forte. Ho provato molto dolore durante le corse, molto spesso, ma non devi arrenderti, devi andare avanti fino alla fine”.
No, è troppo presto per la parola fine. Senna guarda oltre l’orizzonte, non piove, lui che con la pioggia ha instaurato un rapporto speciale, unico al mondo.
“La mia prima gara sul bagnato con i kart fu un disastro. Fu una cosa ridicola. Non riuscivo a combinare niente di buono, tutti mi sorpassavano e non potevo farci niente, anche se correvo abbastanza bene sull’asciutto. Così capii che non sapevo guidare sul bagnato. Da quel momento cominciai ad allenarmi di più quando pioveva, ho imparato così.
Le rose profumano l’aria del mese che sta per arrivare, Senna non è una macchina anche se lo vuol far intendere. Senna è colui che scappa nel motorhome della Minardi per mangiare la pasta. E’ quello che rifiuta la corte proprio della scuderia modenese in formula 2 perché ha un piano ben preciso in testa, diventar campione del mondo .Mancherebbe solo una cosa dopo la Williams, passare in Ferrari, far saltare quelle tribune che amano la Rossa a prescindere dai risultati.
“Desidero sempre migliorare. E’ una cosa che mi rende felice. Se sento che il mio ritmo di apprendimento perde giri o si appiattisce, non mi sento soddisfatto. E questo non vale solo sul piano professionale, come pilota, vale anche come uomo. E certo, so che posso imparare più come uomo che come pilota, la mia carriera può durare solo pochi anni, spero che la mia vita duri invece molto a lungo, forse sono solo a metà della mia esistenzam ho ancora parecchio da imparare e parecchio da fare nella vita, raggiungerò la vera felicità quando mi sentirò completo, cosa che adesso non provo affatto, ma ho tanto tempo per riuscirci”.
Non correre quel gran premio. Perché correre?
“Siamo fatti di emozioni. Ne andiamo tutti alla ricerca, dobbiamo solo trovare il modo di viverle. Ci sono molti modi di vivere le proprie emozioni. Un’emozione, in particolare, che ti può offrire la formula uno, è la consapevolezza di essere continuamente esposto al pericolo, il pericolo di rimanere ferito o di morire. Siamo fragili, non puoi farci assolutamente nulla. Può finire tutto in una frazione di secondo. Capisci che non sei nessuno e che all’improvviso la tua vita può finire. Sono anni che faccio questo mestiere, ma poi penso che non è diverso da 10 anni fa. Lo sapevo già allora, solo che ora me ne rendo veramente conto, devi far fronte a situazioni inaspettate, ma fa parte della vita. O le affronti o smetti. Mi piace troppo quello che faccio per poter smettere.
Non correre quel gran premio.
Non mi ascolterà, alle 14:17 del 1 maggio 1994 la sua Williams schizzerà dritta contro la curva del Tamburello, il destino si materializzerà in un angolazione per cui la sospensione della macchina s’infilerà nella parte morbida del casco trafiggendo Ayrton. Nessuna lesione fisica fatale, l’anima del brasiliano volerà in un sospiro mentre i medici tenteranno l’estremo atto di salvezza.
Il campione è diventato leggenda.
Ayrton Senna quella notte prese la bibbia, sua compagna di viaggio, e destino volle che il passo indicò che quel 1 maggio Dio gli avrebbe fatto il regalo più grande, ovvero Dio stesso. La ricerca della felicità impossibile era appena terminata.
Francesco Fiori
Metti mi piace a
Foto: Getty images
Veramente straordinario dialogo immaginario per impedire che accadesse ciò che l’intercolutire sapeva commovente e profondamente palese ammirazione per un grande uomo unico e inimitabile grazie per averci fatti partecipi di un momento unico