La Biblioteca di Ispirazione Sportiva racconta e consiglia Chiamatemi Bomber, l’autobiografia dell’attaccante italiano più forte di fine anni 90 e che non ha bisogno di troppe presentazioni: Christian Vieri.
“Ah se oggi l’Italia avesse un Vieri“, lo si sente da tutte le parti, perché Bobogol è stato il prototipo di attaccante per eccellenza, dotato di un fiuto per il gol che andava a schiantarsi con una tecnica magari non eccelsa, ma efficace.
Non è un libro noioso, anzi, è il racconto di un bambino che parte dall’Australia e che al calcio arriva per caso, talmente dotato fisicamente da vincere in maniera abbastanza tranquilla le gare dei 100-200-400 e 800 di atletica nella terra dei canguri.
Proprio lì inizia nel Marconi Football Club, tra un vetro infranto in casa e una bici rubata, finché la mamma non chiede a Christian il perché la cantina somigli un pochino troppo ad un negozio di veicoli a due ruote.
Ne combinava di tutti i colori il futuro Bobo (Bob Vieri era il padre, da qui il soprannome), tanto da aver escogitato il trucco della gommapiuma nei pantaloni per rendere più “morbide” le legnate che prendeva dopo ogni danno.
Bobo è anche un esempio di coraggio, uno che lascia la famiglia a 14 anni e dall’Australia arriva in Italia per quel sentimento popolare che è il pallone, con il nonno che gli fa da scudo e da incitamento.
“Christian, ti dò 5.000 lire per ogni gol che farai!” ed ecco che alle parole di Vieri senior Bobo ne fa 4 alla prima partita, poi 3 alla seconda, salvo poi… dover rinegoziare l’accordo vista la quasi bancarotta del nonno pensionato.
E dire che è un altro nonno “d’arte” a scoprirlo, visto che lo nota il parente stretto di Alino Diamanti, uno che ha raccolto meno in carriera rispetto al grande talento sui piedi, ma che a ben vedere in famiglia fa avere la certezza che di calcio capiscono alla grande.
La “saudade” dell’Australia si fa sentire e fa breccia nell’orgoglio di Christian, che torna nella terra di Troy Bayliss solo un anno dopo salvo poi aver ripensamenti. Dai pianti in Italia col Prato al pianger per tornare il cammino è breve.
Poi accade come nel film di Checco Zalone, il sentir i Ricchi e Poveri in radio fa nascere la nostalgia per la nostra amata patria, questa volta per accettare la sfida di giocare nel Prato e dopo il lungo viaggio in aereo alla domanda: “Te la senti di giocare? Sei stanco?” risponde con una tripletta.
Segna nel derby contro la Fiorentina allenata da Ciccio Graziani, squadra imbattuta e sconfitta dopo due anni e tante reti svegliano le grandi squadre. Una, per eccellenza, il Toro, che seduce e convince il giovane Vieri.
Col Toro arriva l’esordio in A, saranno 7 presenze nel 1991/92 e un gol, il 9 maggio 1992 nel 4-0 al Genoa, con scudetto di categoria e esordio anche in Coppa Italia, quando tra un allenamento e l’altro ci si mette di mezzo anche il… servizio militare.
Dal Torino ecco la nuova tappa al Pisa del funambolico presidente Romeo Anconetani, che lo prende subito “in simpatia” dopo una prova negativa: “Vieri, lei fa schifo, dovevo prender Paolo Poggi, non sa proprio giocare, è un pioppo!”.
Bobo ride, semplicemente perché non sa cosa è un pioppo!. Così tappa successiva Ravenna nel 93/94, 12 gol in 32 partite ma con poca convinzione, ed ecco Maifredi al Venezia, 29 partite e 11 gol, poi sbarco a Bergamo, Atalanta e Serie A per 4 miliardi.
“In B ti facevi le ossa” – disse Bobo – i centrali di quella serie, dalla coppia Biffi-Brunetti a Lopez-Praticò insegnavano a giocare al limite della correttezza, e guai a protestare, con un Vieri ormai lanciato verso palcoscenici più ampi, Juventus, Atletico Madrid dove diventa “El Mudo” per la sua poca gioia di parlare con i giornalisti, Lazio e infine l’approdo a Milano seguendo un consiglio di Narciso Pezzotti: “Se facciamo una pazzia vieni con noi?”, l’Inter, un periodo di alti e bassi dove Bobone si è issato ad esser il nerazzurro pronto a tutto, privato di chissà quali titoli da un sistema che poi ha presentato il conto anni dopo.
Il libro merita una lode, bello, godibilissimo ed è un gran gol nella vostra libreria!