Mer. Apr 30th, 2025

Dopo Carosio e Martellini arrivò lui, Bruno Pizzul, noi lo vogliamo ricordare così:

Dal sito Diretta Sport Sardegna:

Ciao Bruno, il nostro Campione del Mondo: omaggio a Pizzul

Quando tutte le voci, la musica, i ricordi e le lodi smettono di esserci rimane il silenzio. Come
quello, profondo, che ci ha lasciato il nostro Bruno Pizzul. Guardo da un po’ le cuffie che si usano
per una radio o telecronaca e ne sono affascinato. Ci immagino il capoccione di un uomo grande
(fisicamente) e grandissimo (intellettualmente) e mi chiedo se mai potrò anche solo avvicinarmi al
suo immenso talento.

Con Bruno Pizzul gran parte di noi c’è cresciuta. Il rispetto era talmente alto che appena la RAI
dava la linea al martedì o mercoledì di coppa (quelle vere, non il teatrino attuale) il saluto di Pizzul
era qualcosa di simile alla religione.

Una peculiarità non da tutti i telecronisti è l’aver giocato a calcio. Bruno Pizzul si ferma addirittura
alla Serie B, con un’amichevole in cui il suo Catania sfida la Juventus e lui, marca con successo
niente meno che Omar Sivori, il satanasso di quei tempi.

“Quello che ti è rimasto in testa è quello che conta davvero e lo tirerai fuori al momento giusto!”

Ma riavvolgendo il nastro della vita del grande cronista partiamo dalle sue radici, dalla sua
Cormons, in Friuli, dove passa tutta la sua infanzia. Cormons, è al confine con la Slovenia, con i
tempi della guerra che ne minano le radici della cittadina, dove non si sa se da un giorno all’altro si
è in territorio italico o della Jugoslavia.

Lo zio, Ferrino Pizzul, un giorno, sapendo che il nipote commenterà un Austria-Ungheria gli dirà di
dar le dimissioni subito dopo, perché più in alto di così non potrà mai arrivare ricordando con
nostalgia l’impero austroungarico.

Del Pizzul calciatore raccontiamo gli esordi nella Cormonese, come difensore di razza, dove poi
sbarca a Catania nel 1958, in un nucleo di squadra friulano e dove un giovanissimo Candido
Cannavò per raccogliere le interviste impazzisce, non capendo il loro stretto dialetto.
In un errore di valutazione, così disse Pizzul, tra lui e Tarcisio Burgnich scartarono quest’ultimo
come difensore, leggendario poi nella Grande Inter e questo episodio fu sempre oggetto di grandi
risate tra i due.

Un grave infortunio però chiude la carriera ad appena 25 anni, ma soprattutto perché la madre,
volendolo più vicino a casa, non gli compila i moduli per l’esenzione militare e dopo la leva per
Bruno è tempo della laurea, arrivata nel 1963 dove poi inizia ad insegnare alle scuole medie a San
Lorenzo Isontino. Chissà se tra gli alunni, al momento dell’appello, c’è mai stato un Baggio da
chiamare!

Bruno trova anche l’amore e il suo racconto è una perla: “La mia futura moglie faceva parte di quel
gruppo che andava a sentire Beethoven e quelle balle lì. Io ero più da osteria. L’ho conosciuta ad un
ballo di carnevale dove ero arrivato tardi ed alticcio. Altro che romanticismo, ho avuto un
approccio poco delicato nei suoi confronti e mi trattò malissimo. Ma lì ci siamo conosciuti e l’ho
sposata nel 1965”.

La vita di Pizzul cambia però con Radio Trieste, che volle bandire un concorso nazionale per
programmisti RAI, concorso dove non si presentò nessuno con conseguente pessima figura locale.
Per rimediare, la stessa radio inviò un invito personale a tutti i laureati e Bruno si presentò più per
curiosità che per ambizione. Fu spedito a Roma passando la prima selezione e nella commissione
trovò un mostro sacro come Paolo Valenti, il papà di 90° Minuto, che lo volle spostare ad un
concorso per radiocronisti dove da 32 ne presero 18, tra i quali Paolo Frajese e Bruno Vespa.

Dalla redazione di Milano, dove fu accorpato, Bruno non si mosse più, rifiutando promozioni
promesse in caso di spostamento a Roma. Per Pizzul, ora che iniziavano le telecronache, non
contava più nulla.

L’esordio è da incorniciare. O forse no. Pizzul ha bisogno di un passaggio a Como per la partita
contro la Juventus. E si, perché Brunone Nazionale non ha mai preso la patente e preferisce
spostarsi in bici anche a Milano. In suo soccorso arriva niente meno che Beppe Viola, funambolo
istrionico del microfono e del racconto sportivo, che prima di farlo arrivare allo stadio lo invita a
pranzo, con conseguente ritardo di almeno un quarto d’ora all’evento da narrare. Fortuna volle
che la gara, registrata, sarebbe andata in onda solo in differita, così a fine partita ci fu il tempo per
commentare anche i minuti mancanti, ma la ramanzina successiva non mancò, con conseguente
lezione.

L’emozione più grande fu quella di non riuscire a far la partita, non il successivo commento”.
Nel 1970 è tra i convocati per i Mondiali. È l’evento calcistico per eccellenza, quello dove Carosio
ebbe l’incidente diplomatico che gli troncò la carriera, accusato di aver insultato (ma fu poi
smentito) il guardalinee di Italia-Israele. Lo stesso Carosio fu il primo a dare a Pizzul questo
consiglio: “Ma davvero vuoi fare questo mestieraccio? Guarda, non ti do nessuna dritta, ma se per
malaugurata ipotesi tu fossi astemio, quando sei in pubblico fatti vedere sempre con un bicchiere
di vino o di whisky davanti, perché quando vai lì a parlare prima o poi una stronzata la dirai di
sicuro e allora in quel caso potranno dire che hai bevuto!”.

Per Pizzul si aprono le porte della storia. Una storia anche tragica, come quando dovette stringere i
denti il 29 maggio 1985, finale di Coppa dei campioni Juventus-Liverpool, con il campo Heysel poco
adeguato agli standard di sicurezza. Gli hooligans quel giorno sfondarono le reti del tifo
organizzato bianconero, non ultras ma semplici affezionati al pallone e il telecronista, pur sapendo
della sciagura (ci furono 39 morti) in diretta fu contrario alla disputa del match ma soprattutto
negò a dei tifosi l’appello del dire che erano vivi, temendo per i genitori di chi purtroppo da quella
partita non rientrò mai a casa. Nel contesto di tragedia fu esemplare.

E avrebbe meritato più fortuna in Nazionale, lui che arrivava dopo Carosio (2 mondiali 1934-1938)
e Nando Martellini col celebre urlo del Santiago Bernabeu nel 1982, invece per Pizzul arrivarono le
delusioni delle Notti Magiche 1990, il suo più grande dispiacere perché come disse lui, solo l’Italia
è il paese dei pasticci e di una semifinale contro l’Argentina a Napoli, poi il rigore di Baggio alle
stelle nel 1994 ed infine il disastro coreano con il furto perpetrato ai danni azzurri da Byron
Moreno.

Emblema del calcio pulito e autoironico, nel 2009 si sparge la voce della sua dipartita e lui, nel
mezzo di una sfida a carte con gli amici, spegne il telefono per i troppi messaggi ricevuti senza
ovviamente leggerli, con rimprovero della moglie una volta a casa.

E ancor meglio, una sfida con Italo Cucci in Georgia, nel giorno che deve raccontare Dinamo Tblisi-
Inter e che a pranzo si scatena in un bere vino da tutti i possibili contenitori presenti in sala, dal
vaso di fiori ai ciotoloni di coccio. All’ultimo, un colpo di tosse decreta la vittoria di Cucci che poi
dorme beato per giorni, mentre Pizzul, come niente fosse, va al microfono e incanta ovviamente.

Gli manca quell’urlo mondiale.
Però, forse pochi lo sanno, che Bruno Pizzul in realtà gridò campioni del mondo, nel 2006, quando
la tv LA7 replicò Italia-Francia affidandola al telecronista nazionale, che certo, ben sapeva il
risultato finale, ma che non si tirò indietro all’urlo.

Ecco perché per noi resta il nostro campione, il campione del mondo, l’immenso Re delle
telecronache. Con buona pace di una serie A che si dimentica anche il minuto di raccoglimento in
suo onore. E ora, con Viola, Ciotti, Ameri, Martellini e Provenzali lassù si che son telecronache da
paradis
o.

Di Francesco Fiori

Francesco Fiori è un giornalista sardo, classe 1983, con la passione per il racconto dello sport. Di tutto lo sport. Aveva 6 anni quando, sicuramente errore o destino, ebbe in regalo una semplice radio, senza pensare alle conseguenze successive del pianeta sportivo. Una domenica, finiti i compiti, giocando con quel mezzo, captò la voce roca di Sandro Ciotti. Aveva appena scoperto l’esistenza di Tutto il calcio minuto per minuto. La prima sfida arriva nella stagione calcistica 90/91, quando lo zio, incredibile giornalista locale, gli diede come compito raccontare la giornata calcistica appena conclusa. Quel tema, ad appena 7 anni, risultò migliore rispetto alle tabelline, mai entrate volentieri in testa. Il premio fu la presenza alla gara di cartello della squadra del suo paese, il Ploaghe, due settimane più tardi. Destino volle che la morte prese suo zio proprio il mercoledì prima, innescando in Fiori la voglia di diventare giornalista. A scuola alla domanda “Hai solo il calcio in testa?” rispondeva “No, anche il ciclismo” e gli anni di partite contemporanee la domenica e di Tele +2 col calcio estero crearono un piccolo “psicopatico sportivo”. Tra gli sport di cui si innamora c’è l’hockey americano, soprattutto nella mitologica figura di Mario Lemieux. Poco prima della morte del padre, nel febbraio 2001, Fiori trova su La Gazzetta dello Sport proprio un trafiletto con scritto del ritorno sul ghiaccio di Lemieux dopo aver sconfitto una forma tumorale e un ritiro di 3 anni. Da lì altra promessa, qualora arrivi la possibilità di scrivere un articolo, questo sarà su Lemieux il Magnifico. Diventato ragioniere capisce immediatamente che iva e fatture sono molto più noiose del previsto e la prima collaborazione col giornale “Sa Bovida” gli fanno capire le regole basi del giornalismo, cosa che Fiori ignorava ma che rispettava, chiedendo solo la possibilità di scrivere e far colpo. Chiusa la parentesi Sa Bovida per problemi logistici e di salute dell’immenso Antonio Delitala ecco il primo reale colpo di fulmine, il sito di hockey Nhl Playitusa che non ha un articolo su Lemieux. Il direttore, con una mail che Fiori ancora oggi custodisce, risponde: “Beh, perché non provi a scriverne uno tu?” Il resto è la storia scritta al pc dopo averne scritto 5 pagine in un quadernone a quadretti. Un cambio di lavoro, non per sua volontà, spariglia le carte in tavola, col ragazzo che stando fuori casa tutto il tempo deve abbandonare la scrittura, ma peggio ancora va col primo di 3 ictus che colpiscono la mamma proprio in quel periodo. Tempo al tempo e con un altro cambio di lavoro ecco l’opzione che lo colpisce, scrivere della sua amata Inter sul sito SpazioInter. Gli inizi sono complicati, scrivere secondo le regole e non avere carta bianca lo bloccano un pochino, fino all’esplosione che nel sito si chiama Live. Il Live sarebbe il racconto, minuto per minuto e in contemporanea, della partita in tv e a Fiori tocca esordire con Milan-Inter. Quella sera il divertimento raggiunge le stelle, anzi, le supera e da quel momento l’impegno è triplo, con le perle di interviste a Sandro Mazzola (che risate), Gigi Simoni (che gentilezza) e Riccardo Cucchi, suo idolo radiofonico. Il tesserino da giornalista gli fa mantenere la parola data a 6 anni e ancor più sorprendente è la proposta di essere addetto stampa proprio della squadra locale, andare a vedere quelle partite che il destino gli negarono nel 1991. Si chiede spesso se sia il destino a far scherzi oppure se semplicemente la vita va accettata per quella che è. Il 30 gennaio 2021, dopo un ricovero di un mese con tutte le aggravanti possibili, in ospedale viene a mancare la mamma di Francesco. Il colpo è brutale. Il conto è pesantissimo, la mente lontana, lo scrivere, anche solo un piccolo pensiero sulla giornata calcistica, è di una difficoltà che ad oggi è ancora lontana dall'essere superata. Il resto è storia o noia, dipende da che parte si vuol vedere, dagli articoli su Gazzetta Fan News al raccontare qualsiasi sport, perché per Fiori ogni sport ha un suo eroe e perché ora, con IspirazioneSportiva.com, sarà ancor più spettacolare dar libero sfogo a qualsiasi ispirazione, come dice il nome e come gli ha insegnato Riccardo Cucchi: “Nella vita mai smettere di sognare!”. Anzi, scusate il ritardo! Mail: fcroda@yahoo.it Fb: supermariolemieux pec: francesco.fiori@pecgiornalisti.it