Negli anni 90 era il simbolo dell’essere centravanti, della potenza legata all’intelligenza tattica, senza badare all’eleganza ma alla sostanza. Andrea Romano racconta Batistuta, l’Ultimo Centravanti, e lo fa partendo dall’infanzia di colui che diverrà Batigol, ma prima ancora dalla voglia di Gabriel di tagliarsi le gambe.
Avete capito bene, l’ultimo Gabriel Omar Batistuta è un uomo classe 1969 cui 12 anni di Serie A hanno lasciato il conto, tra partite giocate stringendo i denti tra infortuni ed infiltrazioni, con la difficoltà persino a camminare dopo il ritiro dai campi.
Sembra una visione impossibile quella del Re Leone che si arrende alla sorte, invece è la vita di un giocatore che ha saputo aver pazienza per il grande salto nel calcio, passando da un netto rifiuto ai tempi del River Plate, con Daniel Passarella in panca, che non lo reputava un calciatore, smentendolo poi al passaggio al Boca Juniors con Tabarez in panca e tanto di doppietta nel Superclasico della Copa Libertadores.
Alla faccia dell’attaccante goffo e senza alcuna tecnica.
Bati diventa il centravanti dell’Argentina che conquista la Copa America 1991 e diventa un nome per la Serie A. A Firenze Vittorio Cecchi Gori è innamorato di Diego Latorre e in Serie A è il Verona di Fascetti ad averlo messo nella lista della spesa con un altro attaccante che vivrà una super carriera: Ulf Kirsten, col tedesco che va anche al Bentegodi per vedere gli scaligeri, ma il gioco a rialzo fa saltare l’affare.
Chi è bravo invece prende Gabriel prima della Copa America 1991, perché, pensa qualcuno, non si sa mai quell’ex allevatore di polli faccia un torneo da star. Ma è tutta una questione di tasselli.
Il Verona prende Stojkovic dall’Olympique Marsiglia e Florin Raducioiu e l’altra pretendente, la Juventus, ha un bagaglio attaccanti con Baggio, Casiraghi, Schillaci e Di Canio, con una quinta punta che nonostante il benestare dell’Avvocato Agnelli non ha senso di ingaggiare.
A quel punto la genialata di Cecchi Gori, con Latorre già acquistato per 7 miliardi di lire che viene parcheggiato per un anno al Boca Juniors e Gabriel Omar Batistuta pronto per la Viola 1991/92.
Ma ancora non è tutto fatto. Latorre s’infuria e il Boca chiede alla Fiorentina di trovare anche un sostituto, individuato in Antonio Mohamed, attaccante di 21 anni dell’Huracan, operazione da 2 miliardi di lire che scervella più nel tempo che nelle intenzioni.
La Viola però ha trovato il suo principe, anzi, il suo re, il Re Leone, in una bellissima storia che come lieto fine ha l’amore eterno di Batistuta verso la Fiorentina.
Il libro ripercorre una carriera tosta e determinata!
Chi è Gabriel Omar Batistuta?
Alla voce centravanti col numero 9 i nomi degli anni ’90 son tanti e di indiscussa classe, tutti con caratteristiche diverse e sotto la voce potenza il primo nome che viene in mente è quello di Gabriel Omar Batistuta.
Sgraziato, posseduto da una forza interna a noi sconosciuta, forte, fortissimo, in grado di far reparto da solo e arrivato a fine carriera a far coppia con Bobo Vieri, altro fenomeno di bomber, un duo che al top della forma sarebbe stato stellare.
Batistuta in carriera ha raccolto meno del cuore messo in campo. Quel profumo di scudetto 1999 a Firenze si sente ancora e ancora si maledicono la sfortuna e i neuroni di Edmundo, che preferì il carnevale alla gloria eterna.
Batigol vinse lo scudetto al primo colpo in una grande squadra, la Roma e contemporaneamente negli States vinceva la Stanley Cup Colorado che nelle proprie fila annoverava Ray Bourque, difensore alla prima stagione con gli Avalanche dopo 21 con i Boston Bruins, nel paragone tra bandiere che hanno messo da parte, almeno per un anno, i sogni impossibili di vincere con squadre più deboli.
183 reti in Serie A per Batistuta, 13esimo posto di tutti i tempi per la massima serie, certificano l’eccellenza di un attaccante mai domo, sempre pronto ad entrare in battaglia, capace di zittire Wembley e Camp Nou, nelle sue rare apparizioni in Champions, provate solo per poche stagioni con Fiorentina e Roma.