Data di pubblicazione: 18/01/2022
Editore: Rizzoli
330 pagine
Scottie Pippen. Unguarded, la mia vita senza filtri, con Michael Arkush
La biblioteca di Ispirazione Sportiva racconta oggi l’autobiografia di Scottie Pippen, leggendario numero 33 dei Chicago Bulls, squadra con cui ha vinto ben 6 titoli NBA.
Dire però Chicago Bulls significa anche e soprattutto Michael Jordan, col quale Pippen arriva quasi ad interrompere i rapporti in contemporanea con l’uscita di The Last Dance, splendido documentario in cui si racconta (secondo Pippen è Jordan che racconta per sé, non per i Bulls) gli anni in cui una squadra invincibile ha fatto innamorare un’intera generazione.
La storia di Pippen si articola intricata in un’infanzia dove lo choc arriva quando un bullo, a 13 anni, colpisce con un pugno la schiena del fratello che rimane paralizzato. I medici non solo non riescono a recuperarlo ma traumatizzano il fratello di Scottie.
A Scottie resta il basket, mette talmente tanta energia da risultare uno dei migliori prospetti, con Seattle che pare aggiudicarselo per poi scambiarlo con Chicago, visto che su Pippen ha messo gli occhi Jerry Krause, dirigente dei Bulls col quale Pippen avrà non pochi scontri.
A fermarlo il primo anno ci pensa una fastidiosa ernia del disco non riconosciuta. Lo storico duello di quegli anni nella Eastern Conference è tra i Bulls e i famigerati Bad Boys dei Detroit Pistons. A seguito della morte del padre Pippen viene bloccato da un’emicrania proprio contro i Pistons che lo fa etichettare come uno che non ha attributi.
Invece, non solo lui reagisce, ma il giorno dopo l’ennesima eliminazione contro Detroit trova tutti i suoi compagni in palestra. A sorpasso avvenuto, nei playoff 1991, si assiste al cambio della guardia, con tanto di mancato saluto da parte di Isaiah Thomas verso MJ a 7 secondi dalla fine.
Via il dente, via il dolore, i Bulls vincono titoli su titoli, il primo anello contro Magic, idolo di Scottie, poi ecco la convocazione per le Olimpiadi del 1992, la storica nascita del Dream Team che spazzerà via qualsiasi squadra si opporrà agli Stati Uniti (celebre la frase di Barkley contro l’Angola: “Dell’Angola non so nulla ma so che oggi l’Angola sarà nei guai“).
Il primo ritiro di Jordan pone Pippen come star assoluta della squadra ma nei playoff, a 1,8 secondi dalla fine, si rifiuta di rientrare in campo poiché la palla non andrà a lui per il tiro decisivo.
La frattura resterà per sempre. Jordan rientra dal suo anno e mezzo sabbatico e ai Bulls aggiungono il cavallo pazzo Dennis Rodman. Saranno altri tre trionfi per un totale di 6 su 6 finali, fino allo smantellamento in blocco voluto dalla dirigenza.
Pippen lontano da Chicago non riuscirà più a vincere un anello seppur capitando in squadre come Houston (con Barkley e Hakeem The Dream Olajuwon) e Portland, fino ad un mesto ritorno per poche gare ancora con i Bulls.
Talento puro, offuscato certamente da colui che ha riscritto le regole del basket, forse Pippen si potrà definire il numero 1 tra i numeri 2, ma ciò che esce dal libro è un uomo forte che ha superato mille battaglie prima di essere una stella assoluta del basket mondiale.
Foto: Getty Images