Prima edizione: ottobre 1997
Casa editrice: Graphot Editrice
Autrice: Maria Angela Levratto
Scritto con il patrocinio della provincia di Savona
Da piccino, anno più o meno 1994 o 1995 canticchiavo la canzone d’apertura di Galagoal che riproponeva il Quartetto Cetra e faceva così: “Che centrattacco, po po po, tu sei un cerbiatto, sei meglio di Levratto ogni tiro va nel sacco po po po” e quel nome, anzi cognome, Levratto, suonava più come un cartone animato che un personaggio vero.
Virgilio Felice Levratto è invece esistito realmente e la biblioteca di Ispirazione Sportiva oggi propone il libro scritto dalla figlia del cannoniere: Felice Levratto, storia di un mitico campione di calcio che sfondava le reti.
Felice corre insieme al fratello Dante e gioca nel Vado che vince la prima, storica, Coppa Italia. Al suo gol, arrivato al supplementare e per la precisione al minuto 128, accade qualcosa di strano: non si trova più la palla. Ebbene Felice ha appena sfondato la rete, cosa che avverrà spesso nella sua carriera!
Mentre è militare viene convocato da Vittorio Pozzo per Parigi 1924, nonostante sia calciatore di seconda divisione e nella sfida contro il Lussemburgo prima colpisce dalla distanza, poi alla seconda occasione da rete è solo davanti al portiere, abbassa la testa, la rialza pronto per il tiro e… vede l’estremo difensore lussemburghese nascosto dietro il palo, tremante, sotto choc per la potenza del centroattacco.
Levratto per pudore, forse con un sorrisino beffardo, non segnerà.
Sempre durante il servizio militare viene trasferito a Verona e gli viene assegnato un mulo che di collaborare non ha proprio voglia. Scalcia contro Felice l’animale e per risposta riceve altrettanto da Levratto. Morale della favola il mulo diventerà super mansueto.
Gioca nell’Hellas e la sua bontà lo turba quando da pericolo pubblico numero uno è il bersaglio dei cori offensivi. Contro il Torino per tutti i 90 minuti viene insultato e lui non fa una piega finché un signore non se la prende con la mamma del bomber, che in risposta vuole aggredirlo e viene fermato a stento.
Tra Vado e Genoa si consumano gli anni migliori di Levratto, ala sinistra col vizio del gol proprio grazie alla potenza del suo tiro. In rossoblù è sempre in doppia cifra nelle prime 5 stagioni, con un massimo di 20 reti in 29 presenze nel 1927-28, ma non riesce mai a raggiungere il tanto sognato scudetto della stella.
Contro il Livorno un grave infortunio ne compromette la carriera e nel primo periodo anche la vita, perché Levratto non riesce a camminare e sta su una sedia a rotelle a osservare il suo amato mare dalla finestra della clinica.
Ci vuole tempo e determinazione ma quando torna in campo sente che il suo Genoa lo ha abbandonato, quasi come il mare abbandona la spiaggia, così accetta la corte dell’Inter dove fa coppia con Peppino Meazza.
Per un nulla i due non vincono lo scudetto 1934/35 e Levratto, ormai sposo e con erede al seguito, approda alla Lazio dove in attacco trova un altro super campione: Silvio Piola.
Con i biancocelesti arriva un quinto posto ma anche l’ultima avventura in Serie A. Levratto, ormai compromesso dalle tante battaglie, viene reinventato come colui che scopre i talenti, prima allenatore poi ispettore federale, finché Fulvio Bernardini non lo vuole con se come allenatore in seconda della Fiorentina, dove l’imbattibilità dei viola (con Virgili e Montuori sugli scudi in gol e Sarti in porta) per 33 partite significherà scudetto. Per inciso, perderanno solo con il Genoa all’ultima giornata, la sfida del cuore di Levratto.
Con orgoglio racconterà delle sue reti sfondate, da almanacco almeno 6 e quando si spegnerà, il 2 agosto 1968 dirà: “Mi chiamo Levre e mi volevano bene“.
Un signore del calcio e una storia d’altri tempi!!!