Gio. Nov 21st, 2024

La Biblioteca di Ispirazione Sportiva oggi propone un libro veramente da applausi, soprattutto per chi è cresciuto nel calcio della mitica atmosfera degli anni 80, quando il pallone significava famiglia, quando tutti insieme si era devoti a San Enrico Ameri dal campo principale e sua Maestosità Sandro Ciotti subito a seguire.

A fine anni ottanta la Serie A era un Mondiale di calcio che si verificava ogni domenica, con i migliori giocatori a giocarsi lo scudetto. Ne derivava anche che tante sfide aumentavano il livello tecnico anche in Europa, quando le coppe vedevano quasi sempre protagonista le squadre nostrane.

Andrea Novelli è stato bravo e ammirabile nel mettere nero su bianco la sua esperienza in prima persona in quel 19 aprile 1989, che, come scritto nella copertina di “Il Calcio Come Esperienza Religiosa”, è il giorno che ha cambiato la storia del calcio italiano, con tre squadre che arrivano in finale nelle tre coppe, Campioni, Coppa delle Coppe e Uefa.

Andrea racconta il sogno di ogni tifoso che non necessariamente ha una squadra di appartenenza e che perciò può godere ancora meglio, diremmo senza enfasi ma non parrebbe vero, lo spettacolo del rettangolo di gioco.

Novelli, ex arbitro, scrittore, sceneggiatore e critico, è autore di romanzi gialli e thriller di successo, come Soluzione finale, Per esclusione, Il Paziente zero e la trilogia Manticora.

Ritornati bambini nel libro “Il Calcio Come Esperienza Religiosa” abbiamo deciso di far quattro chiacchiere proprio con l’autore. In un calcio come quello odierno, con i soldi dell’Arabia a far sparire le ultime magie ci è sembrato semplice ritornare ad un pallone nostalgico.

Andrea, qual è il primo flash del fatidico 19 aprile 1989? E delle tre partite?”

Il primo flash quando penso a quella giornata è l’atroce dubbio di non farcela a vedere dal vivo ben due partite su tre della giornata di coppe. Anche solo pensarlo era un’impresa. Ma come ho scritto nel libro, non c’è sfida più persa di quella che non si affronta.

Delle tre partite invece mi sono rimaste indelebili tre sequenze: il magnifico gol di Dossena che mette quasi al sicuro la qualificazione in Samp-Malines (fino a quel momento molto in bilico), il bolide di Ancelotti che sblocca il risultato di Milan-Real e apre la strada alla goleada e il riscaldamento prepartita di Maradona all’Olympiastadion di Monaco di Baviera al ritmo di Live is life degli Opus. Sentendo i commenti di chi ha letto il libro, anche molti altri lettori si sono riconosciuti proprio in questi tre precisi momenti.

“Come Le è venuta l’ispirazione a raccontare un libro veramente molto particolare?”

L’ispirazione mi è venuta, essendo anche grande appassionato di tennis, leggendo “Il tennis come esperienza religiosa” dell’indimenticato scrittore americano David Foster Wallace. Ho pensato: non si potrebbe provare a raccontare il calcio, il nostro sport nazionale, utilizzando lo stesso registro narrativo? Provare a parlare di calcio non come fredda cronaca, ma come fenomeno di costume, come manifestazione para religiosa, approfondendo anche argomenti che toccano la fisica e la filosofia? E allora mi sono messo al lavoro, raccontando un evento fuori dall’ordinario vissuto in prima persona, che fino a quel momento non avevo mai raccontato.

“Esistono similitudini tra quelle 3 squadre dell’epoca, (Milan, Samp e Napoli) e le 3 che hanno giocato le finali 2022/23? Quanto è abissale la differenza?”

La differenza è purtroppo abissale. Basta anche solo guardare le formazioni delle singole squadre. Il Milan, oltre al trio olandese, composto da Marco Van Basten, Ruud Gullit e Franck Rijkaard, vantava campioni del calibro di Giovanni Galli, Franco Baresi, Paolo Maldini, Carlo Ancelotti, Roberto Donadoni, Filippo Galli, Mauro Tassotti, Billy Costacurta. La Sampdoria, oltre ai gemelli del gol Gianluca Vialli e Roberto Mancini, annoverava campioni come Gianluca Pagliuca, Pietro Vierchowod, Toninho Cerezo, Victor Munoz, Giuseppe Dossena, Fausto Salsano. Il Napoli, infine, poteva schierare Diego Armando Maradona, probabilmente il giocatore più forte di ogni epoca, ma anche Antonio Careca, Andrea Carnevale, Ciro Ferrara, Alemao, Giuliano Giuliani, Fernando De Napoli, Massimo Crippa. I giocatori più bravi facevano la fila per giocare in una serie A, forte di presidenti con una disponibilità finanziaria spesso determinante.

“Ritorniamo a quel 19 aprile, che Andrea era e quanto si è divertito quel giorno?”

Mi sono divertito tantissimo. Sono sempre stato un amante delle imprese impossibili, riuscire a fare cose che i più considerano nella migliore delle ipotesi improbabili. Per farmi capire voglio citare un esempio tratto dal cinema, un’altra delle mie grandi passioni. Uno dei miei film preferiti è “Prima di mezzanotte”, diretto nel 1988 da Martin Brest, con un impareggiabile Robert De Niro. È un cacciatore di taglie che deve scortare alla polizia di Los Angeles il Duca, il ragioniere della mafia, prima di mezzanotte. Ebbene De Niro alla fine non consegnerà alla giustizia il Duca, con il quale nel frattempo diventa amico, perché la mafia lo avrebbe ucciso. Ma comunque riesce ad arrivare prima di mezzanotte. Lui ce l’aveva fatta e tanto bastava. La stessa cosa è valsa per me. La voglia di provare questo tipo di sensazione mi è rimasta tutta la vita.

“Se dovesse descrivere quell’epoca calcistica che Lei ha anche vissuto come arbitro che racconterebbe ai ragazzi di oggi?”

Bella domanda. Sono sempre stato convinto che il futuro sia dei giovani. Per me non è una frase fatta e mi dolgo molto quando vedo la situazione italiana, un paese sempre più stanco e vecchio. Una cosa che mi sento che andrebbe trasferito ai giovani anche attraverso un libro come questo è il significato del calcio come sport, non come una componente dello show business. Un concetto lontanissimo dal mondo di oggi dove, facendo mio il credo di Arrigo Sacchi, troppo spesso prevale più l’apparire che l’essere, più la conquista machiavellica di un risultato anche a scapito di valori come competenza e merito.

“Perché oggi la categoria arbitrale sembra che viva una mancanza di vocazione?”

Quando ero arbitro, il sistema calcio viveva degli introiti del Totocalcio. All’epoca il 13 poteva cambiare la vita. A seguito della liberalizzazione delle scommesse sugli eventi sportivi, la popolarità del Totocalcio è andata scemando. L’introduzione di altri giochi a pronostici ormai più popolari, che hanno iniziato a distribuire montepremi più elevati, in particolare il Superenalotto, ha determinato un crollo del montepremi e del sostegno finanziario al CONI derivante da questo gioco. Di conseguenza, a cascata sono andate a mancare anche le necessarie risorse finanziare per supportare in modo adeguato il movimento arbitrale. Penso che questa, seppure forse un po’ cinica, sia la spiegazione più verosimile di quanto accaduto.

“I tre templi, San Siro, Marassi e seppur in trasferta vorremmo citare il San Paolo, cosa si viveva là dentro?”

Questi tre stadi in particolare sono davvero commisurati alle squadre che ci giocano e per ospitare la passione dei loro supporter. Si tratta di Milan e Inter, Genoa e Samp e Napoli tra le squadre più tifate in Italia. In questi stadi, oggi come allora, è possibile vivere emozioni vere per via di condizioni favorevoli come la vicinanza fisica dei tifosi al terreno di gioca e la dimensione degli impianti che risultano quasi sempre esauriti. Ciò crea un’atmosfera unica e ideale per vivere una partita di pallone. Al contrario, per esempio, la Juventus che vanta il maggior numero di tifosi, in quegli anni disponeva di uno stadio assolutamente non adeguato, lo Stadio delle Alpi, cosa che poi ha portato come necessario correttivo alla realizzazione dello Stadium.

“Tre partite per tre numeri dieci, Mancini, Gullit e Diego Armando Maradona, sono realmente esistiti?”

Sono esistiti, io li ho visti! Tre fuoriclasse che hanno interpretato il ruolo del numero 10 in modo completamente diverso, ma straordinario. Verranno per sempre ricordati per le loro giocate iconiche: Mancini per gli incredibili assist, i lanci millimetrici (in particolare indimenticabili quelli per l’amico fraterno Gianluca Vialli) e per i gol di tacco al volo, Gullit per le inarrestabili progressioni chioma al vento e per le formidabil incornate di testa, Maradona invece per l’incommensurabile genio calcistico che gli permetteva, sfidando la fisica, di realizzare gol impossibili per qualsiasi mortale. Ogni tanto per rifarmi gli occhi non nego di andare su YouTube a rivedere le loro gesta.

“Cosa Le manca di quel calcio?”

Credo un po’ quello che manca a tutti gli appassionati: la consapevolezza di poter primeggiare, di vedere la propria squadra del cuore giocarsela con le squadre più blasonate d’Europa per vincere le competizioni più importanti. Insomma, la sensazione unica e insostituibile di sentirsi in qualche modo protagonisti.  A parte l’exploit di quest’anno con le tre finalisti purtroppo perdenti, ormai il calcio italiano è sempre più marginalizzato e questo fa disamorare molti attuali supporter e demotiva i giovani ad interessarsi del calcio e diventarne tifosi.

Il Calcio Come Esperienza Religiosa” è il giusto mix tra la narrazione di un calcio che oggi è lontano parente dell’attuale, un mix di ricordi, cronaca, citazioni letterarie e filosofiche che fanno sì che nella biblioteca sportiva questo libro non possa mai mancare.

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Di Francesco Fiori

Francesco Fiori è un giornalista sardo, classe 1983, con la passione per il racconto dello sport. Di tutto lo sport. Aveva 6 anni quando, sicuramente errore o destino, ebbe in regalo una semplice radio, senza pensare alle conseguenze successive del pianeta sportivo. Una domenica, finiti i compiti, giocando con quel mezzo, captò la voce roca di Sandro Ciotti. Aveva appena scoperto l’esistenza di Tutto il calcio minuto per minuto. La prima sfida arriva nella stagione calcistica 90/91, quando lo zio, incredibile giornalista locale, gli diede come compito raccontare la giornata calcistica appena conclusa. Quel tema, ad appena 7 anni, risultò migliore rispetto alle tabelline, mai entrate volentieri in testa. Il premio fu la presenza alla gara di cartello della squadra del suo paese, il Ploaghe, due settimane più tardi. Destino volle che la morte prese suo zio proprio il mercoledì prima, innescando in Fiori la voglia di diventare giornalista. A scuola alla domanda “Hai solo il calcio in testa?” rispondeva “No, anche il ciclismo” e gli anni di partite contemporanee la domenica e di Tele +2 col calcio estero crearono un piccolo “psicopatico sportivo”. Tra gli sport di cui si innamora c’è l’hockey americano, soprattutto nella mitologica figura di Mario Lemieux. Poco prima della morte del padre, nel febbraio 2001, Fiori trova su La Gazzetta dello Sport proprio un trafiletto con scritto del ritorno sul ghiaccio di Lemieux dopo aver sconfitto una forma tumorale e un ritiro di 3 anni. Da lì altra promessa, qualora arrivi la possibilità di scrivere un articolo, questo sarà su Lemieux il Magnifico. Diventato ragioniere capisce immediatamente che iva e fatture sono molto più noiose del previsto e la prima collaborazione col giornale “Sa Bovida” gli fanno capire le regole basi del giornalismo, cosa che Fiori ignorava ma che rispettava, chiedendo solo la possibilità di scrivere e far colpo. Chiusa la parentesi Sa Bovida per problemi logistici e di salute dell’immenso Antonio Delitala ecco il primo reale colpo di fulmine, il sito di hockey Nhl Playitusa che non ha un articolo su Lemieux. Il direttore, con una mail che Fiori ancora oggi custodisce, risponde: “Beh, perché non provi a scriverne uno tu?” Il resto è la storia scritta al pc dopo averne scritto 5 pagine in un quadernone a quadretti. Un cambio di lavoro, non per sua volontà, spariglia le carte in tavola, col ragazzo che stando fuori casa tutto il tempo deve abbandonare la scrittura, ma peggio ancora va col primo di 3 ictus che colpiscono la mamma proprio in quel periodo. Tempo al tempo e con un altro cambio di lavoro ecco l’opzione che lo colpisce, scrivere della sua amata Inter sul sito SpazioInter. Gli inizi sono complicati, scrivere secondo le regole e non avere carta bianca lo bloccano un pochino, fino all’esplosione che nel sito si chiama Live. Il Live sarebbe il racconto, minuto per minuto e in contemporanea, della partita in tv e a Fiori tocca esordire con Milan-Inter. Quella sera il divertimento raggiunge le stelle, anzi, le supera e da quel momento l’impegno è triplo, con le perle di interviste a Sandro Mazzola (che risate), Gigi Simoni (che gentilezza) e Riccardo Cucchi, suo idolo radiofonico. Il tesserino da giornalista gli fa mantenere la parola data a 6 anni e ancor più sorprendente è la proposta di essere addetto stampa proprio della squadra locale, andare a vedere quelle partite che il destino gli negarono nel 1991. Si chiede spesso se sia il destino a far scherzi oppure se semplicemente la vita va accettata per quella che è. Il 30 gennaio 2021, dopo un ricovero di un mese con tutte le aggravanti possibili, in ospedale viene a mancare la mamma di Francesco. Il colpo è brutale. Il conto è pesantissimo, la mente lontana, lo scrivere, anche solo un piccolo pensiero sulla giornata calcistica, è di una difficoltà che ad oggi è ancora lontana dall'essere superata. Il resto è storia o noia, dipende da che parte si vuol vedere, dagli articoli su Gazzetta Fan News al raccontare qualsiasi sport, perché per Fiori ogni sport ha un suo eroe e perché ora, con IspirazioneSportiva.com, sarà ancor più spettacolare dar libero sfogo a qualsiasi ispirazione, come dice il nome e come gli ha insegnato Riccardo Cucchi: “Nella vita mai smettere di sognare!”. Anzi, scusate il ritardo! Mail: fcroda@yahoo.it Fb: supermariolemieux pec: francesco.fiori@pecgiornalisti.it