A Nora
A mia madre
A mia moglie
Alla Gradinata Nord
Al MIO splendido, immenso, Genoa
Questa è la semplice storia di un amore nato per caso, prima da appassionato, poi da sognatore e ora…da genoano! Con un messaggio: mai darla vinta al destino!
E’ una storia recente, che parte dall’estate 2022. Si parte da un lavoro che ormai non dà nessuna emozione e nessuna soddisfazione, che si trascina fino alla parola fine. La paura di chiudere un rapporto, sia esso lavorativo o amoroso c’è sempre, perché non si ha certezza del domani.
L’unica cosa che è certa è che si può programmare qualcosa senza dover pensare di avere impegni il giorno dopo, si è liberi, un pochino demotivati ma liberi. La moglie, ovviamente non sportiva, prende la palla al balzo.
“Mi porti a vedere l’acquario di Genova?”
La trattativa va subito in porto, io accompagno lei all’acquario e lei mi fa compagnia nel glorioso Luigi Ferraris, il Marassi, che da sempre mi ha attratto, essendo io un malato mentale sotto la categoria sport.
La data, semplice per le vacanze della consorte, è fissata tra agosto e settembre. E io parto da un principio, non facevo grossa distinzione tra Samp e Genoa, ho (avevo?) simpatia per entrambe quindi la scelta passava per l’avversario da vedere.
La prima che mi ispira vince.
Serie A 21 agosto: Sampdoria-Juventus. Neanche morto.
Successiva gara, Genoa-Parma, 3 settembre, perfetta. Ecco il momento di ciò che pensavo fosse un’infatuazione banale.
“…e se!”
Ancora Bresh è lontano, ma il suo ingresso sarà spettacolare.
“Se non avessi una bandiera, non saprei che vento tira”
Guardare una partita da “neutrale” ha il suo fascino. Non la vivi con l’ansia del gol che deve arrivare a tutti i costi e tenti di cogliere ogni aspetto dello spettacolo. Ed è quì che mi innamoro a prima vista della Gradinata Nord. Mi chiedo e richiedo perché in tanti anni di “interismo” (la prima fede comunque non si cambia), sia passata quasi inosservata una curva che andrebbe definita come patrimonio dell’Unesco, bella, coinvolgente ed esaltante. Il Genoa iniziava a starmi simpatico.
“Una canzone leggera che mi pesi sulla vita. Quella voglia di cantare fino a farmi lacrimare”.
Alla fin fine a quel Genoa-Parma ci si andava senza pensieri. Non avevo niente in programma per la vita futura e se da un lato poteva spaventare dall’altro ero pronto a qualsiasi sfida. Forse anche troppo, ma prima ero incuriosito della partita tra due nobili decadute. Se del Grifone parlerò dopo, mi affascinava anche il Parma rievocandomi i ricordi della grande squadra allenata da Nevio Scala che negli anni 90 (meravigliosi) si prendeva la briga di vincere la Coppa Italia contro la Juve e poi espugnare Wembley battendo l’Anversa per 3-1, con un grande Stefano Cuoghi sugli scudi.
“Perché una guerra d’amore vale come una partita”
Il calcio è la cosa più importante tra le cose meno importanti. Lo dissero sia Brera che Sacchi, ma vuoi togliere la gioia di esultare per un gol? Esce quasi naturale farsi trascinare dalla bolgia del Marassi. Ci vogliono 16 minuti per Morten Frendrup per ribadire in rete una palla che gli arriva dopo una traversa colpita da Jagiello. Il mio corso genoano iniziava proprio in quel momento, dal cercare chi fossero i due dell’azione al continuare ad ammirare con occhi da bambino lo spettacolo rossoblù.
“Se non avessi mai perso non saprei cos’è la sfida. Se non avessi un complesso sarei un morto che cammina”
La prima partita che vedo del Genoa finisce 3-3. Non sono contento, anzi, son quasi deluso perché il Parma pareggia allo scadere. Mi scappa un: “Avremmo meritato noi“, che mia moglie subito evidenzia: “Noi chi?”. Era un noi in generale, e se in contemporanea anche l’Inter vede bene di perdere il derby la delusione aumenta, ma tra le due partite è maggiore il rimpianto per il pari di Estevez al 89esimo.
E ora a cosa avrei pensato una volta a casa?
Rientrare nella splendida Sardegna a settembre è sempre qualcosa di magico. Però non sapere come riempire le giornate dopo decenni di lavoro mi spaventava un pochino. E qua pecco di generosità, perché sono d’accordo con una (convinzione mia) amica nel darle una mano. Si rivela una tortura che fa passare un mese di vita quasi fosse un anno di guerra.
E cosa c’entra col Genoa?
C’entra, perché la notte, stanco e con la testa che scoppia, per dormire sogno di essere davanti alla Gradinata Nord, sogno di esser di nuovo a Marassi e sogno il Genoa in Serie A. Neanche l’Inter, perché vivo una sorta di complesso interiore con una squadra che ce la mette tutta per farmi deprimere (gli inverni di Simone Inzaghi) e una che potrebbe far di più ma che con Alexander Blessin sembra una Ferrari che ha solo le prime due marcie.
“Questo sale sulla pelle mi fa quasi luccicare, ma poi brucia come il fuoco e dopo inizia a farmi male”.
Per Blessin risalire in A si rivela molto complicato. Per un allenatore straniero la Serie B è più inconcepibile rispetto al maggior torneo nostrano. Le partite vanno preparate, poi il resto lo fa la “garra“, la bava alla bocca di ogni sfida, che negli avversari contro il Genoa c’è mentre manca nei rossoblù.
Blessin, ex attaccante dello Stoccarda che s’ispira a Michael Jordan, dura 15 partite, gli è fatale una sconfitta interna col Cittadella che gli fa presentare le dimissioni. Resta un po’ di gratitudine per non aver abbandonato la nave lo scorso anno ma poi per il resto la B non era cosa per lui.
Ma perché il Genoa era finito in B?
Gran parte del merito va all’ex proprietà che nel Genoa vedeva un giocattolo… “prezioso” e non religione pura. Già nel 2019/20 si dovette ringraziare Antonio Sanabria con una doppietta al Verona che all’ultima giornata condannava il Lecce alla serie cadetta, un miracolo che era gran parte di un mister molto sottovalutato, Davide Nicola, che prende i rossoblù ultimi e a meno 4 dalla salvezza e pian piano inizia a credere in qualcosa di grande.
E’ la Serie A del maledetto Coronavirus, quella che si ferma a marzo e riparte a giugno con i tifosi che hanno voglia di gioire e lasciare tutto alle spalle. E’ col Lecce la sfida decisiva, quando Jagiello fulmina Gabriel condannandolo all’autogol che vale la salvezza, unita alla ciliegina di battere i cugini della Samp per 2-1 grazie a Criscito e Lerager.
“Gli stessi colori che cadono in mare, quando il sole tramonta senza salutare”
Mimmo Criscito non se ne va senza salutare. Quel 30 aprile 2022 avrebbe voluto scomparire dalla Gradinata Nord per aver fallito il rigore contro la Samp, con Audero che para il penalty al 96esimo. In quel momento, con il penultimo posto ed il morale a terra le sirene del Canada per il capitano si facevano intense. Meglio andar lì. Non ci sarà nostalgia.
Eppure Criscito avrebbe anche il modo di cancellare quel rigore, segnandolo allo stesso minuto contro la Juve, nel 2-1 in rimonta firmato anche da un gioiellino islandese nato a Reykjavik, che di nome fa Albert, di cognome Gudmundsson e di soprannome Genio o Maghetto, fate voi.
La sconfitta col Napoli alla 37esima condannava il Grifone, che con tutta risposta otteneva l’amore eterno della sua tifoseria. Non capita spesso, ma capita sempre a Zena, il pubblico incita a voce ancora più alta. Ancora non lo sa, ma il pugatorio sarà solo per un anno.
“Sarò con le braccia sempre in aria, con l’ultimo grido appeso, per distruggere il silenzio, per fare crollare il cielo”.
Il destino è una cosa che ti crei. Ma anche che ti vien sbattuto in faccia. Ed è di nuovo Genoa, perché contemporaneamente si realizzano due nuovi posti di lavoro, due sfide. Un giovanotto di Biella, allenatore di una squadra Primavera e che in un’altra vita regalava sviolinate contro le difese avversarie viene promosso, ad interim, allenatore del Genoa. Lo stesso giorno, un pochino prima come tempi, ricevevo la proposta che solo a pensarci era pura follia. Ma si trattava di una nuova, eccitante sfida. Come Gila e di nuovo il Genoa fra le scatole, in senso buono eh!
Perché se dal mio esser giornalista che ancora deve esordire in una tribuna stampa il rituffarsi in mondo contabile lasciato secoli fa mi eccitava come pochi. Forse è anche esser stordito, ma io e Gilardino avevamo due missioni diverse ma anche uguali: prenderci ciò che meritavamo!
“Corro verso la tua stella fino a che non l’avrò presa, ma non riesco più a trovarla e sono su in altro pianeta”
C’è un altro passo fondamentale nella nuova infatuazione tra chi vi scrive e il Grifone. E’ il 30 gennaio 2023, non un giorno qualsiasi perché ricade il secondo anniversario della scomparsa di mia madre. Mi son sempre detto che in giorni così qualcosa di strano/speciale deve accadere. Non so il perché ma è come una sorta di regalo o anche di rimprovero. Fino alle 20 circa di sera niente era accaduto, anzi, avevo registrato a lavoro una serie di rimproveri che mi facevano quasi sorridere, perché quel giorno non sarebbe mai esser potuto esser ricordato sul piano lavorativo.
Poi è un attimo e lo ricordo benissimo, mia moglie prepara la cena, io leggo una notizia: “Il Genoa ha un nuovo inno, si chiama Guasto d’Amore“, la scrive Andrea Brasi, in arte Bresh, che da 26enne rapper di Bogliasco diventa immortale.
Lo ascolto, me ne innamoro, anzi, ce ne innamoriamo a casa visto che la mia dolce metà mi anticipa e lo sistema come suoneria nel cellulare. “Corro verso la tua stella fino a che non l’avrò presa” mi emoziona, il regalo era arrivato. Ed è come se il Genoa avesse messo la freccia nel mio cuore. Che non è facile, ma neanche impossibile.
“Non mi importa di sapere se mi uccidi o mi fai bene, o forse non ho il coraggio di capire se conviene, proverò a cambiare strada grazie a tutte ‘ste parole, che mi porteranno altrove, che mi portano da te!!!!”
E poi tocca a loro, ai cavalieri biancoblù che col violinista iniziano a suonarle. Esordio di Gila col Sudtirol e 2-0 firmato Puscas e Aramu. Finalmente il Genio Gudmundsson gioca e non viene messo in discussione, il secondo posto è ad appena 3 punti ma perché non guardare anche alla capolista Frosinone?
Sette giorni dopo pari con l’Ascoli, mentre il Bari segna 4 gol al Modena. Per i canarini segna Diaw, una cosa che si ripeterà più in là nell’articolo. I galletti diventano l’avversario per la promozione diretta. Al Marassi, il fortino, cade anche la capolista Frosinone, il gol, neanche a dirlo, è del genietto islandese ormai elevato a giocatore preferito, poi vittoria a Bari e ancora una volta, ripetitivo o forse finalmente ispirato, il gol vittoria è di Albertinho Gudmundsson.
Gilardino stupisce, me per primo, dà una sistemata alla difesa del Genoa rendendola impenetrabile, poi tranquillizza i suoi in avanti, se Coda e soci capiscono un 1% dei segreti di chi in Serie A ha fatto 188 reti (decimo assoluto) il più è fatto. Il Gila non dispensa sorrisi, la sua testa è lanciata ad imitare Gigi Simoni, il Prof Scoglio e Gasperson Gasperini, ultimi maestri della promozione in massima serie.
Ora però manca la ciliegina. E qui torna in auge chi vi scrive.
“Ho un guasto d’amore, non riesco a star bene, perché non ti vedo per tutte ‘ste sere, ho un guasto d’amore, se vedo il Grifone, mi trema la pancia mi vibra la voce!”
Se da un lato la mia Inter ce la mette tutta per farmi distrarre, tra vittoria della Supercoppa e della Coppa Italia io chiedo alla Dea Eupalla solo una cosa, vedere il Genoa in A. Ed è il vedere che mi frega, perché, destino simpatico, c’è anche un anniversario di nozze da festeggiare.
La data, che io confondo sempre, è l’8 maggio e non preparo mai niente di che. C’è però un’idea che mi balena in testa ma non la dico.
Inizia con un “… e se?”.
Poi verso fine aprile è mia moglie a lanciar la pietra, con le solite domande in cui lei sa già le risposte ma che io ascolto sempre a metà. “Che facciamo per l’anniversario?” e dopo il mio silenzio… “Con chi giocherebbe il Genoa?”
Non è questione di destino, è chiaro che io e il Genoa ci dobbiamo riprendere le gioie lasciate per strada. Nel weekend dell’anniversario c’è Genoa-Ascoli. Sì, proprio quel Genoa-Ascoli che oggi molti tifosi del Grifone si tengono come ricordo strettissimo.
“… e se???“, da buon ragioniere io avevo fatto due conti sulla classifica senza proferir parola, una vittoria del Grifone e un conseguente pari del Bari avrebbe significato due parole: Serie A.
Ma non volevo pensarci e volevo fare una sorpresa a mia moglie.
Ma evidentemente la passione Genoa ha radici ben più grandi di quello che pensavo. Basti pensare che nel viaggio tra Sardegna e Genova, in nave, tre ragazze, se ricordo bene di Porto Torres, tutte bardate di rossoblù erano pronte alla festa. E io con gli occhi stralunati per pensare di non esser l’unico folle. In realtà per l’amore questo e altro, e loro erano un ottimo esempio.
Ed è quì la grandezza della Gradinata Nord, del signor Serafino e di una tifoseria che forse ha capito la sincerità dei miei nuovi sentimenti.
“Buon anniversario Francesco e Ilaria” è stato lo striscione che ha campeggiato in curva durante la sfida con l’Ascoli, nel momento più bello, perché intorno al 38esimo del secondo tempo è arrivato il boato, Diaw aveva deciso di spezzare il pane e pareggiare contro il Bari. Da quel momento ricordo poco, so solo che la mia voce è andata via, la Serie A, davanti ai miei nuovi occhi da innamorato era stata conquistata, ho fatto i complimenti ad un bambino che piangeva a dirotto per viver sempre con passione il calcio e abbracciato un anziano signore per dirgli grazie, grazie per l’emozione che da il calcio”.
Una squadra a forma di stella, un privilegio incastrare l’anno della rinascita tra Genoa e Francesco Fiori, una variabile impazzita che mi ha fatto apprezzare anche i miei parenti in terra ligure, che mi hanno visto sinceramente impazzito per l’ennesimo miracolo del calcio, un amore che mi fa esultare come un pazzo per il rigore di Criscito nell’ultima giornata, perché come da libro cuore il Capitano rientra, gioca i minuti finali dell’ultima sfida col Bari e segna su rigore, come se tutta l’annata fosse un film spettacolare.
E sia di esempio per chi pensa di mollare, per chi non crede più in niente. C’è chi nasce vincente e chi deve fare a pugni col destino, ma quando la passione e l’amore hanno nuova linfa tutto è migliore.
In realtà è stato solo un guasto.
Un Guasto d’Amore!
Forza, vecchio, cuore rossoblù!
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