E’ sempre stato il sogno di tutti prender un 10 in pagella, ma prenderlo su La Gazzetta dello Sport è cosa per pochissimi.
Ci sono riusciti il portiere Scarpi salvando la vita al compagno di squadra Grassadonia, Salenko, Lewandowski e Higuain per prestazioni esagerate sotto porta (rispettivamente 5 gol al Mondiale, 4 in semifinale Champions e record di reti in Serie A, 36), Buffon e Cannavaro per il Mondiale 2006, Milito (addirittura 10+) nella magica notte di Madrid del 22 maggio e Francesco Totti per la carriera, unica, a Roma.
Tra tutti questi però spicca lui, l’eterna croce degli allenatori, Roberto Baggio, che quel 10 lo prese con rabbia.
Correva la stagione 1999/00, l’Inter era nelle mani di Marcello Lippi che, dopo i fasti bianconeri, aveva scelto i nerazzurri, convinto forse di poter ripetere i successi della Juventus.
Niente di più sbagliato, l’allenatore toscano decide di dare un taglio al troppo “Interismo“, via gli ultimi due capitani, Bergomi e Pagliuca, via Simeone (nell’affare Vieri), Djorkaeff e ceduto in prestito Pirlo alla Reggina.
Per cessioni clamorose ecco gli innesti da urlo, Bobo Vieri strappato alla Lazio e da Madrid, da Real e Atletico, Panucci e Jugovic, oltre a Peruzzi in porta.
Lippi ha tutto per vincere, compreso lui. Roberto Baggio.
In inverno cresce ulteriormente il tasso di prestigio della rosa, con innesti di Cordoba, Seedorf e di un giovanissimo Mutu.
Dopo 5 partite arrivano 4 vittorie e un pari a Roma, Vieri si presenta in nerazzurro con una tripletta al Verona e un gol capolavoro al Parma, Ronaldo segna al Piacenza, poi pausa nazionali e black out nerazzurro, con 3 sconfitte, derby compreso, prima di vincere 6-0 col Lecce e perdere Ronaldo per infortunio.
In trasferta l’Inter non vince quasi mai e Lippi nota troppi screzi all’interno dello spogliatoio, litigando in maniera dura con Panucci e poi, chiaramente, prendendo di mira lui, ancora e sempre Roberto Baggio, già mai amato ai tempi della Juventus, cui viene chiesto di far la spia su i cosiddetti traditori, con rifiuto del 10.
Il Divin Codino il campo lo vede col contagocce, ma il 23 gennaio del 2000 tocca a lui risollevare Lippi quasi k.o. a Verona, con ingresso del 10, assist e gol decisivo, replicato poi contro la Roma sette giorni dopo.
“Uccidimi se non ti servo“, così recitava il cappellino di Baggio, che niente faceva per smentire le polemiche con l’allenatore ma che era sempre amatissimo.
Come dimenticare quella doppietta con bacio alla maglia contro il Real Madrid, come dimenticare le perle su punizione e gli assist, Baggio non poteva esser bollito ma dava fastidio, troppo fastidio.
A peggiorar le cose arrivano gli infortuni di Vieri e Ronaldo, con quest’ultimo che rientra in campo nella finale di Coppa Italia, dopo 5 mesi e, causa rotazione impressionante del ginocchio, manda in frantumi la stagione, rientrando in campo solo a settembre del 2001.
Scherzi del destino, a Lippi resta solo Baggio, quando tra i due dir che il rapporto è nullo è poco.
Quando alla penultima giornata serve almeno un punto contro la Fiorentina ecco che i Viola vincono 4-0 a San Siro, col mister che ovviamente silura Baggio, sostituito dopo 56 minuti, mentre guarda impassibile lo show di Batistuta e Chiesa.
A pari punti col Parma c’è lo spettro per lo spareggio per il quarto posto Champions, ma a Cagliari Lippi deve sudare fino al minuto 76, con un rigore di Baggio a portare in vantaggio i suoi, col 2-0 firmato poi da Zamorano, altro futuro epurato dal tecnico toscano.
E’ così spareggio ma per fortuna di Lippi rientra Vieri, il suo Bobo, giocatore imprescindibile.
Contro il Parma, Vieri dura appena mezzora, il tempo per scontrarsi con Buffon e abbandonare gioco e sogni di Euro 2000, con Zamorano al suo posto.
Nella testa di Lippi le ombre di insuccesso crescono, dovendosi affidare a due come Baggio e Zamorano che mal lo sopportano e che mai potranno salvargli la panchina.
Ma l’amore dei due per l’Inter è superiore all’odio sportivo verso l’allenatore, Cauet si procura una punizione e in una notte di maggio anche Roberto Baggio appare più affascinante.
Lo è quando con il destro regala una parabola vincente da posizione defilata, che sorprende Buffon, col portiere che non può pensare che il numero 10 possa metter la palla sul proprio palo aggirando la barriera.
L’esultanza del Divin Codino è verso i tifosi che scandiscono il suo nome, nel passo d’addio, ma poi, per quale motivo.
Il Parma pareggia con Mario Stanic al 70esimo e ancora una volta Lippi non sa se piangere o maledire il suo matrimonio con i colori nerazzurri, che proprio, a scriverlo alla sua maniera, non garbano.
A sei minuti dalla fine, con attacchi da ambo le parti, cross smorzato di testa da Zamorano, palla che balla al limite dell’area e tiro, senza pensarci poi troppo, di Baggio, che di sinistro batte Buffon.
Se deve essere addio lo deve essere da eroe.
Roberto Baggio riporta in vantaggio la sua Inter, corre sotto la curva dei tifosi nerazzurri, spalanca le braccia quasi a volerli abbracciare tutti.
Zamorano farà 3-1 ma per tutti sarà la notte del Divin Codino.
La Gazzetta dello Sport gli assegnerà un 10 in pagella, ma a fine anno Moratti si terrà stretto Lippi e lascerà partire Baggio, che come un appestato, non troverà squadra sino a settembre, quando Carletto Mazzone, in barba a chi definiva Baggio uno sfasciaspogliatoio, lo prende con sé e regala una fiaba a Brescia e al Brescia.
Lippi resterà in carica fino alla prima giornata del campionato 2000/01, portando in estate giocatori discutibili come Frey, Cirillo, Macellari, Ferrari, Gresko, Farinos, Brocchi, Vampeta, Keane e Sukur, perdendo l’accesso alla Champions nella doppia sfida contro l’Helsingborg, tradito da un rigore di Alvaro Recoba nella gara di ritorno.
Rigore che Baggio non avrebbe mai sbagliato.