Una vita alla Fiorentina dove, col record di gol per il club, non riesce a vincere lo scudetto. Servirà la Roma e un gol in lacrime.
Gabriel Batistuta o Diego Latorre? Scritto così non ci sono molti dubbi ma all’epoca, parliamo del ’91, il dubbio era su che argentino tenere. Gabriel è alto, sgraziato, capellone e non conosce ancora i movimenti da attaccante puro, da numero 9.
Con quel numero inizialmente gioca proprio Latorre che preferisce esser più fantasista che cannoniere nel Boca Juniors. Serve così la lezione del Maestro, al secolo Oscar Tabarez, che ripristina le posizioni in campo. Bati dalla panchina è ora titolare e inizia il suo rapporto preferito: quello col gol.
Il Boca vince il campionato proprio con i gol dei due, 11 Batistuta, 9 Latorre e la Fiorentina mette nel mirino entrambi e li acquista. Gabriel arriva anche dalla vittoria in Copa America e viene pagato 12 miliardi per il 91/92 ma non si adatta subito. Latorre arriverà un anno dopo pagato 3.5 miliardi in una stagione disgraziatissima.
Batistuta, per quanto sgraziato sia, sa segnare e impiega 2 giornate per timbrare il cartellino, il primo di 152 gol arriva al Genoa quando è rapace sulla punizione di Orlando. Poi impiegherà 10 partite per segnare ancora e da lì non fermarsi più. Sarà un rapporto turbolento quello tra i Viola e la Serie A, con Cecchi Gori che da padre-padrone litiga con Radice nel 92/93 quando la squadra è seconda e la vede naufragare in Serie B.
Nella serie cadetta Batistuta resta ed è proprio lì che matura fisicamente, guidato da Ranieri in panca, anche grazie a 16 gol riporta i Viola in A. Quello del 94/95 è il primo Batigol dominante, sigla 26 gol in una squadra che gli affida un capolavoro di regista: Manuel Rui Costa.
La carriera di Gabriel si snoda in gran parte con la Fiorentina, trascinata in Champions League e da capitano capace di zittire Barcellona e Arsenal con gol da urlo. In campionato è una serie A da grandi firme, il 98/99 pare l’anno buono per una favola, il Trap a orchestrare dalla panchina vede la sua squadra dominare il girone d’andata, abbattendo il Milan (triplo Bati), la Juve al Franchi (1-0 ancora Bati) ma alla 3a di ritorno, ancora contro i rossoneri, in una gara sullo 0-0 c’è un lancio lungo per l’argentino che corre e poi si accascia improvvisamente, il ginocchio ha ceduto.
Contemporaneamente, quel cavallo pazzo di Edmundo preferisce il Carnevale di Rio allo scudetto. Per i Viola la beffa è doppia, si salutano i sogni di gloria nel punto più alto dell’era Cecchi Gori.
Bati sa che per vincere lo scudetto deve cambiare aria. Prima arriva contro il Venezia il gol che gli permette di superare Hamrin e diventare il goleador più prolifico di sempre a Firenze, poi deve scegliere, Lazio, Roma e Inter lo corteggiano.
A 31 anni le gambe del calciatore non rispondono ottimamente. Sceglie la Roma che lo acquista per 70 miliardi (la Lazio si consolerà con Crespo) e spesso evita gli allenamenti per giocare, sotto infiltrazioni, in campionato. E’ troppa la voglia di vincere.
Arrivano 3 vittorie consecutive per la banda di Capello, poi lo stop contro l’Inter anticipa la tripletta in giallorosso contro il Brescia. Poi si arriva al 26 novembre, 8a giornata, c’è Roma-Fiorentina, il presente di Bati contro il passato e il cuore viola. E’ l’uomo inseguito dalle telecamere, gli occhi lucidi si sposano col fisico da Re Leone, t’immagini se fa gol lui?
Andar sotto la curva viola prima del match è normale amministrazione per chi ama il Viola e per il bomber la gara è nervosa, con Repka e l’intera retroguardia avversaria a fermarlo. Sullo 0-0 la gara proprio non si sblocca, Capello inserisce Montella, ci prova Cafu con i cross ma niente. Poi, a 8 minuti dal termine, la palla arriva a Zago, rimbalza, si avventa Batistuta che esplode un destro fulminante, Toldo è battuto, il rumore della rete scuote l’argentino, ha appena segnato alla sua squadra del cuore, sono lacrime, ma la missione scudetto deve proseguire.
Esulterà invece in quel 17 giugno quando il suo gol chiuderà per 3-1 la sfida col Parma. La corsa sotto la curva è il meritato premio per il Re Leone, E’ scudetto.
Fonte: l’autore Francesco Fiori
L’arte nel pallone: le lacrime di Gabriel