Gio. Nov 21st, 2024

Difficile trovare in Italia, ma forse anche nel mondo, una squadra che nella sua storia ha la capacità di vincere, distruggersi, risalire e poi ricadere. Questa è la storia dell’Inter tra lo scudetto 18 e 19, un lasso di tempo che pare un’eternità e dove è successo praticamente di tutto.

Partiamo dall’Interismo, fenomeno/malattia che non fa mai godere del tutto un successo, come ad esempio nella semifinale di Champions (anno sacro 2010) fa infuriare più un Balotelli che getta la maglia nerazzurra per terra che non l’esaltazione di un 3-1 rifilato ai marziani del Barcellona.

E successivamente le lacrime del 22 maggio 2010, quando neanche assaporato del tutto il gusto di essere in cima all’Europa che Diego Milito, intervistato a caldo, dice: “Non so se resto” e a ruota arriva Mourinho che sa già che andrà al Real Madrid e che il Bernabeu colorato a trionfo sarà la sua nuova casa.

La discesa agli inferi dell’Inter è rapidissima. Con varie perle di saggezza.

Appena salutato Mourinho, che post Inter collezionerà più esoneri che trofei, arriva Rafa Benitez, tecnico dal viso simpatico che come prima cosa fa togliere i poster del tecnico portoghese noto come Special One. Non proprio una cosa geniale per colpire il tifoso nerazzurro.

Benitez fa in tempo a perdere la Supercoppa Europea contro l’Atletico Madrid di Diego Forlan, pantegana bionda che da lì a poco vestirà il nerazzurro, ma anche di Aguero e del povero José Antonio Reyes, che con un 2-0 danno il benvenuto a Rafa.

Il campionato non dovrebbe essere così complicato da rivincere, ma l’Inter non fa i conti col Milan che si affida a Max Allegri ma soprattutto fa tornare in A Zlatan Ibrahimovic, quello del passaggio al Barcellona per vincere la Champions, ma anche quello della doppietta sotto il diluvio del Tardini per lo scudetto di Mancini. Ibra non si può odiare, unico nel suo genere.

Ma ritorniamo al nerazzurro, Benitez gioca con i campioni ormai spremuti dal biennio Mourinhano, vince il Mondiale per Club, non fa disputare neanche un minuto al totem Materazzi, chiede più acquisti nel dopo partita.

Benitez è esonerato in tempo zero. Altro successo che viene gustato un niente.

La mossa a sorpresa di Moratti è affidare la squadra al teologo Leonardo, che carica la squadra nei momenti importanti e in pochi giorni perde derby e in Champions ne prende 5 dal non irresistibile e oggi retrocesso Schalke 04.

Si rifarà Leonardo con la Coppa Italia del 2011, ultimo trionfo nerazzurro.

Con l’Inter in preda a nevrotiche scelte societarie, all’epoca Oriali cacciato e con Branca e Ausilio di poco aiuto per la presidenza ecco che una squadra che ha vinto tutto con la difesa a 4 chiama un tecnico che gioca sempre a 3 dietro e che dura la bellezza di 4 partite e che oggi è stato il principale antagonista (guardando la classifica) proprio dei nerazzurri: Gian Piero Gasperini.

Da Gasperini si arriva a Claudio Ranieri, uno che diventa immortale a Leicester ma che si ritrova a guidare i vari Jonathan, Ricky Maravilla Alvarez e Maurito Zarate, perde malamente a Torino contro la Juve quando il suo presidente fa visita all’Inter Primavera che vince la Next Generation Cup 2011-12 con Longo, Bessa e Livaja. E’ allenata dal giovane Andrea Stramaccioni che in premio si ritrova la panchina della Serie A.

L’impatto Stramaccioni-Inter in Serie A ha l’apice nel derby vinto per 4-2 che consegna lo scudetto alla Juve di Antonio Conte, personaggio che si riprenderà 10 anni dopo il trono del pianeta del Biscione.

Ma siamo ancora lontani anni luce, l’Inter ha come unica gioia dare alla Juve la prima sconfitta allo Stadium, con un 3-1 che illude il tifoso, con Stramaccioni che in quel momento è a – 1 dai bianconeri. Dall’estate precedente vanno via Julio Cesar e Maicon, il Triplete è un ricordo sbiadito.

Poi le perde tutte. Non tutte ma quasi. La rosa vede “fenomeni” come Schelotto, l’allegria di Kovacic, Carrizo, Rocchi e a gennaio, visto che non sanno che farsene, si cede Coutinho al Liverpool per 10 milioni.

Non andate a vedere per quanto denaro Coutinho passerà al Barcellona.

L’Inter di Strama vince una sola delle ultime 9 partite dove chiunque l’affronti fa strage. Si cambia ancora, via il giovane tecnico, dentro Walterone Mazzarri, l’uomo della pioggia, nel senso che si perde perché a Verona il temporale colpisce solo i suoi, mica la squadra avversaria.

In nerazzurro però c’è anche un nome nuovo che seminerà il panico, si chiama Erick Thohir ed è il nuovo presidente dell’Inter. Appena s’insedierà dirà che il suo idolo di tutti i tempi è Nicola Ventola.

Bene, ma non benissimo.

L’approdo di Mazzarri comporta le cessioni del nano Gargano, di Silvestre e di Cassano, per acquistare Campagnaro, Rolando, Taider, Belfodil e Icardi.

Inutili i primi 4, solo Mauro Icardi terrà botta in nerazzurro.

Sarà la stagione del ritorno in campo di Zanetti dopo la rottura del tendine d’Achille ma anche quella del crociato che salta a Diego Milito, con Mazzarri che fa record di pareggi e che manda in pensione quel che resta del Triplete: a fine stagione salutano capitan Zanetti, Samuel, Cambiasso e Milito.

Tutto in un botto.

C’è sempre peggio al peggio, San Siro ammira Alvaro Pereira, Kuzmanovic, Nagatomo e Hernanes, acquistato con un prestito in favore del presidente Thohir, che presta i soldini alla sua Inter e poi se li riprende con gli interessi.

Unica gioia il gol dell’eterno Palacio al Milan.

In ogni caso Mazzarri è confermato anche per il 2014/15 perché non è del tutto chiaro il masochismo nerazzurro. Arriva il colpo Vidic a parametro zero, grande difensore centrale che appena sa che l’Inter gioca a 3 dietro quasi ha un infarto. L’ex capitano dello United non inciderà e avrà anzi un grave infortunio.

Arrivano anche Dodò, Medel, M’Vila e Osvaldo.

Durante la pausa di novembre Mazzarri riceve il benservito da Thohir, ritorna il figliol prodigo Mancini, quello del primo ciclo pre Mourinho, quello dei trionfi in HD.

In inverno si assistono a scene da urlo per gli arrivi di Shaqiri e Podolski e le maledizioni al portiere Carrizo nel disastro della doppia sfida contro il Wolfsburg in Europa.

Arriva in nerazzurro anche un tale che si presenta con ciuffo biondo e faccia non troppo sveglissima: Marcelo Brozovic.

Neanche il Mancio però fa miracoli e capisce che l’era Moratti è lontana anni luce.

Illude però il popolo interista ritrovando la vetta della classifica con una difesa che si basa su Murillo e Miranda, le folate di Perisic e i lampi del duo Jovetic e Ljajic. Fino a Natale tutto va bene, si chiude in testa l’anno poi è di nuovo caduta libera cui non basta l’arrivo di Eder, fin lì letale con la Sampdoria.

E’ anche l’Inter del colpo Kondogbia, un giocatore che pare sbucato dalla moviola di Carlo Sassi per lentezza e disastri a centrocampo.

A fine anno nuovo colpo di scena, Thohir, quello capace di dormire durante un Inter-Juve cede la proprietà al colosso Suning Holdings Group.

Neanche il tempo di godere della nuova proprietà che già ci litiga Mancini che lascia la squadra in piena estate e con la stagione pronta a partire ecco Frankino de Boer, uno che si sforza di parlare in italiano ma che fa solo disastri. Batte la Juve, almeno quello, ma poi scrive altre pagine da dimenticare come le sconfitte col Beer Sheva e Slavia Praga.

Giusto per non dimenticare, ecco gli innesti di Gabigol e Joao Mario, di Banega e Candreva.

La terza maglia fa somigliare l’Inter ad una Sprite ma zero bollicine e neanche San Pioli (si, proprio lui) fa miracoli dopo l’ennesimo ribaltone in panca.

Altro campionato, altra storia, arriva Luciano da Certaldo, al secolo Spalletti che, dopo i fischi per l’addio al calcio di Francesco Totti sceglie, dopo la Roma, un pianeta tranquillo: l’Inter.

Ad inizio dicembre si ritorna in cima alla classifica, in una squadra che vede l’approdo di Milan Skriniar e di Joao Cancelo ma ancora una volta con l’anno nuovo ecco l’ennesima discesa agli inferi, a gennaio si smette di vincere, quando poi una Juve già super campione batte in rimonta i nerazzurri ecco il solito isterismo da interismo, si perde la gara cruciale in casa col Sassuolo poi si ottiene il quarto posto in una gara da infarto a Roma contro la Lazio, quando Icardi e Vecino ribaltano una sfida che da 2-1 finisce 2-3.

Lucianone però è sempre polemico. Ritornare in Champions dopo 7 anni fa acquistare De Vrij a parametro zero, Nainggolan a centrocampo (per uno scambio intelligente con Zaniolo, apriti cielo), e in attacco Lautaro Martinez.

In dirigenza c’è l’addio a Walter Sabatini, (mai ben capito che facesse), per l’arrivo tra lo stupore di Beppe Marotta, inizialmente poco amato per il suo passato bianconero e per una presenza che pare sia deleteria e non migliorativa. Invece aveva ragione lui.

Il campionato parte con una sconfitta contro il Sassuolo, giusto per far partire l’ennesimo rosario da 38 partite, si perde malamente ma si vince pure di gusto, come il gol di Icardi al 92′ contro il Milan, col derby che è vinto anche al ritorno per 3-2.

La Champions arriva solo all’ultima giornata con un gol di Nainggolan al minuto 81 contro l’Empoli, giusto per gli ultimi infarti stagionali.

L’avventura Champions termina ai gironi contro Barcellona, Tottenham e Psv, mentre in Europa League è l’Eintracht Francoforte con Jovic a eliminare i nerazzurri.

E’ la stagione in cui si assiste al teatrino Icardi, tra infortuni veri o presunti e una presenza femminile al fianco del giocatore troppo ingombrante.

A fine anno si cambia tutto e per tornare serve il meglio e il meglio attuale si chiama Antonio Conte.

Certo, fa senso che il capitano e allenatore della sportivamente odiata Juve deve diventare il primo condottiero in nerazzurro, ma la storia insegna che anche da Juve a Inter i trionfi arrivano, come Trapattoni primo esempio a dettar legge.

Conte ci mette due anni a far conquistare lo scudetto all’Inter, dall’insistenza per scaricare Icardi e far approdare Romelu Lukaku, uno definito grasso e scarso, scaricato dallo United per 65 milioni più 13 di bonus e oggi super capocannoniere nerazzurro in una squadra che trova in Bastoni il muro del futuro che va a completare Skriniar e De Vrij, poi i polmoni di Barella che sembra un angioletto da fuori e poi è terminator in campo, arrivando poi all’incognita Eriksen che pare destinato alla cessione, non trova acquirenti che lo pagano tanto, causa nefasta minusvalenza e poi come un’artista pennella la punizione decisiva per sé e per l’Inter contro il Milan in coppa Italia.

Il resto è storia di oggi, con l’Inter che deve godere per questo scudetto e non cadere negli errori del passato cancellando quanto di buono è stato fatto dopo i disastri tra il trionfo 2010 e 2021.

Forse questo elenco di disastri nerazzurri avrà fatto ritornar il mal di pancia a tanti tifosi ma avrà anche fatto capire che la gioia per il trionfo oggi è più che mai meritata.

Francesco Fiori

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Di Francesco Fiori

Francesco Fiori è un giornalista sardo, classe 1983, con la passione per il racconto dello sport. Di tutto lo sport. Aveva 6 anni quando, sicuramente errore o destino, ebbe in regalo una semplice radio, senza pensare alle conseguenze successive del pianeta sportivo. Una domenica, finiti i compiti, giocando con quel mezzo, captò la voce roca di Sandro Ciotti. Aveva appena scoperto l’esistenza di Tutto il calcio minuto per minuto. La prima sfida arriva nella stagione calcistica 90/91, quando lo zio, incredibile giornalista locale, gli diede come compito raccontare la giornata calcistica appena conclusa. Quel tema, ad appena 7 anni, risultò migliore rispetto alle tabelline, mai entrate volentieri in testa. Il premio fu la presenza alla gara di cartello della squadra del suo paese, il Ploaghe, due settimane più tardi. Destino volle che la morte prese suo zio proprio il mercoledì prima, innescando in Fiori la voglia di diventare giornalista. A scuola alla domanda “Hai solo il calcio in testa?” rispondeva “No, anche il ciclismo” e gli anni di partite contemporanee la domenica e di Tele +2 col calcio estero crearono un piccolo “psicopatico sportivo”. Tra gli sport di cui si innamora c’è l’hockey americano, soprattutto nella mitologica figura di Mario Lemieux. Poco prima della morte del padre, nel febbraio 2001, Fiori trova su La Gazzetta dello Sport proprio un trafiletto con scritto del ritorno sul ghiaccio di Lemieux dopo aver sconfitto una forma tumorale e un ritiro di 3 anni. Da lì altra promessa, qualora arrivi la possibilità di scrivere un articolo, questo sarà su Lemieux il Magnifico. Diventato ragioniere capisce immediatamente che iva e fatture sono molto più noiose del previsto e la prima collaborazione col giornale “Sa Bovida” gli fanno capire le regole basi del giornalismo, cosa che Fiori ignorava ma che rispettava, chiedendo solo la possibilità di scrivere e far colpo. Chiusa la parentesi Sa Bovida per problemi logistici e di salute dell’immenso Antonio Delitala ecco il primo reale colpo di fulmine, il sito di hockey Nhl Playitusa che non ha un articolo su Lemieux. Il direttore, con una mail che Fiori ancora oggi custodisce, risponde: “Beh, perché non provi a scriverne uno tu?” Il resto è la storia scritta al pc dopo averne scritto 5 pagine in un quadernone a quadretti. Un cambio di lavoro, non per sua volontà, spariglia le carte in tavola, col ragazzo che stando fuori casa tutto il tempo deve abbandonare la scrittura, ma peggio ancora va col primo di 3 ictus che colpiscono la mamma proprio in quel periodo. Tempo al tempo e con un altro cambio di lavoro ecco l’opzione che lo colpisce, scrivere della sua amata Inter sul sito SpazioInter. Gli inizi sono complicati, scrivere secondo le regole e non avere carta bianca lo bloccano un pochino, fino all’esplosione che nel sito si chiama Live. Il Live sarebbe il racconto, minuto per minuto e in contemporanea, della partita in tv e a Fiori tocca esordire con Milan-Inter. Quella sera il divertimento raggiunge le stelle, anzi, le supera e da quel momento l’impegno è triplo, con le perle di interviste a Sandro Mazzola (che risate), Gigi Simoni (che gentilezza) e Riccardo Cucchi, suo idolo radiofonico. Il tesserino da giornalista gli fa mantenere la parola data a 6 anni e ancor più sorprendente è la proposta di essere addetto stampa proprio della squadra locale, andare a vedere quelle partite che il destino gli negarono nel 1991. Si chiede spesso se sia il destino a far scherzi oppure se semplicemente la vita va accettata per quella che è. Il 30 gennaio 2021, dopo un ricovero di un mese con tutte le aggravanti possibili, in ospedale viene a mancare la mamma di Francesco. Il colpo è brutale. Il conto è pesantissimo, la mente lontana, lo scrivere, anche solo un piccolo pensiero sulla giornata calcistica, è di una difficoltà che ad oggi è ancora lontana dall'essere superata. Il resto è storia o noia, dipende da che parte si vuol vedere, dagli articoli su Gazzetta Fan News al raccontare qualsiasi sport, perché per Fiori ogni sport ha un suo eroe e perché ora, con IspirazioneSportiva.com, sarà ancor più spettacolare dar libero sfogo a qualsiasi ispirazione, come dice il nome e come gli ha insegnato Riccardo Cucchi: “Nella vita mai smettere di sognare!”. Anzi, scusate il ritardo! Mail: fcroda@yahoo.it Fb: supermariolemieux pec: francesco.fiori@pecgiornalisti.it