“Siediti figliolo, ti racconterò la storia di un Fenomeno, di un Ronaldo, di quello con la maglia numero 10. Ti racconterò anche di Baggio e Vieri, tutti e tre all’Inter ma mai insieme in campo”.
Era l’estate del 1997, un presidente eternamente innamorato della propria squadra ha l’ennesimo colpo di fulmine romantico. Non era il primo, ma come ogni amore che sta per nascere, è tutto un gran casino.
Non è la prima scintilla d’amore per quel presidente, che all’atto del suo insediamento ha provato a piazzare due colpi per la sua Inter. Uno è francese, si chiama Eric Cantona ed in campo ha la posa di un gladiatore, l’altro ha lo sguardo decisamente più tenero e due ginocchia di cristallo, si chiama Roberto Baggio.
E’ il 1995, l’Inter naviga in una stagione abulica, priva di alti e di bassi. Serve un genio, anche per farsi apprezzare dalla nuova piazza e rinverdire i fasti del papà che nel 1964 porta l’Inter sul tetto del mondo.
Peccato però che Cantona è genio e ribelle, ma quel che accade quel 25 gennaio 1995 fa desistere Moratti dal corteggiamento, quando vede cioè il francese colpire un tifoso con un calcio al volto dopo gli insulti in un Manchester United-Crystal Palace.
Cantona è il primo colpo mancato di Massimo Moratti che però vira immediatamente sul mago per eccellenza del calcio italiano: Roberto Baggio.
Baggio è ai ferri corti con Marcello Lippi e nonostante uno scudetto vinto ha perso il posto da titolare in favore del giovane Del Piero, così nel malcontento del Codino si prova il colpo.
Tutto pare alla portata del nuovo matrimonio, ma all’ultimo Baggio vola per Milano, sponda Milan e per Moratti è il secondo cuore spezzato.
Arriveranno i vari Djorkaeff, Zamorano, Ince, tutti pronti a dare il massimo in campo, però manca colui che accende la platea, che da solo vale il prezzo del biglietto.
In quella stagione 1996/97 la Liga spagnola è sull’allora canale TMC2 ed era il palcoscenico preferito del sabato sera. Da una parte il Real Madrid di Fabio Capello, di Suker e Mijatovic, dall’altra il Barcellona di Stoichkov e Figo, ma anche di un accattivante giovanotto brasiliano che pare abbia la super velocità: Luis Nazario da Lima Ronaldo.
Il colpo di fulmine tra Moratti e Ronaldo è immediato. Quel giocatore regala gol da antologia nel campionato spagnolo, cade, si rialza, supera i difensori a velocità doppia, anzi tripla, vedere la rete contro il Deportivo La Coruna o il Compostela, pura poesia.
Non si può non amare Ronaldo, il Fenomeno.
Di botto Moratti sente la frase che tutti vorrebbero ascoltare, non un ti amo ma: “Presidente, lo sa che prender quel Ronaldo non è poi così impossibile? Esisterebbe una clausola rescissoria“.
L’innamorato folle di interismo, Massimo Moratti, non attende un attimo e chiede a quanto ammonti quel sogno, con risposta decisa: 48 miliardi di lire.
Il calcio di quel periodo è ricco di follie, con la Serie A delle sette sorelle che non bada a spese, salvo poi finire in grossi guai. Moratti guarda quel giocatore che iniziano a chiamare “Il Fenomeno“, ha i cuoricini agli occhi per quei doppi passi, per le azioni ai limiti del fantascientifico, alle prodezze compiute a gran velocità.
Ecco, dopo aver accarezzato i sogni Cantona e Baggio non può esistere non fare almeno un tentativo per questo nuovo pupillo.
“Versiamo l’intera clausola rescissoria, prendiamoci Ronaldo“. Queste saranno le parole di Moratti che ordina ai dirigenti di andare in terra blaugrana e tornare col nuovo campione.
Tutto vero, quando Ronaldo si affaccia dalla sede dell’Inter è il pandemonio, i nerazzurri dopo anni di insuccessi hanno un nuovo eroe da adorare e il numero di maglia scelto è quel 10 che da tempo immemore non viene degnamente indossato.
Prima di quel 10 c’è stato Lothar Matthaus, Pallone d’Oro 1990, ora c’è Ronaldo che alza il medesimo trofeo nel 1997, unici due nerazzurri a vincerlo e ora con “Quel 10” tutto è possibile.
Il campionato 97/98 racconta che Ronaldo segna 25 gol in 32 partite, accelera e lascia sul posto Montero e Iuliano, assist al centro per Djorkaeff e Juve battuta, poi lancio di Moriero e Ronnie supera con un pallonetto Rossi e schianta il Milan 3-0, e poi doppio e triplo passo per stordire Marchegiani e consegnare ai nerazzurri la terza Coppa Uefa.
Il calcio mondiale ha il numero uno assoluto e Ronaldo ha appena 21 anni.
Ma gli Dei del calcio ciò che danno possono anche togliere. Ronaldo, quello che sveste la 10 nerazzurra per 9 verdeoro, gioca un mondiale in Francia da fuoriclasse, poi però ecco il dramma della vigilia della finale contro i padroni di casa, si parla di crisi epilettiche, di malori, di eccessivo stress e di un qualcosa mai ampiamente spiegato. Fatto sta che Ronaldo non si regge in piedi nella finale, non marca Zidane nei corner e la doppietta del giocatore della Juve apre il trionfo dei galletti nel torneo di casa.
Da quel giorno Ronaldo, il Fenomeno con la 10, non sarà più lo stesso.
Cambia numero, passa al 9 per mantenere il suo marchio di fabbrica R9 e Moratti, dopo uno scudetto perso tra le polemiche, gli affianca un altro gioiello del calcio italiano, quel Roberto Baggio che arriva da una splendida annata a Bologna, col personale record di 22 gol e finalmente, col Divin Codino che accetta le avances del presidente, può avere un attacco stellare.
Che ci crediate o no, Baggio e Ronaldo, su 34 partite di campionato, ne giocheranno l’equivalente (come minutaggio totale) di 8,5, cioè la pura blasfemia del non vedere due fuoriclasse mondiali danzare insieme.
Quando c’è Baggio in campo è Ronaldo ad aver problemi fisici oppure viceversa, col primo spettacolo nella Serie A che arriva solo alla tredicesima giornata, col subentrato Baggio che ad Udine fornisce l’assist per il brasiliano nei minuti finali.
E’ una stagione disastrosa, Simoni viene cacciato in un impeto di follia da Moratti dopo la vittoria sofferta contro la Salernitana e soprattutto dopo il Baggio Show in settimana contro il Real Madrid.
Da quel cambio tecnico al peggio non c’è più fine.
Ronaldo e Baggio riescono a giocare insieme contro il Venezia, con vittoria per 6-2 dei nerazzurri e gol dei due, ma è solo un fuoco di paglia, il brasiliano tormentato dai problemi fisici è impiegato solo nelle ultime partite del torneo, dove segna 5 gol nelle 4 partite finali, consentendo all’Inter uno spareggio (poi perso) col Bologna per entrare in Coppa Uefa.
IL TRIDENTE POCO CARO AGLI DEI
Moratti non vuole credere che un duo così forte sia bersagliato dagli infortuni e dalla sfortuna. Fa molto meglio, sul piano dei sogni, nel 1999/00, quando a Ronaldo e Baggio affianca Christian Vieri, carro armato pronto per far sognare il popolo interista.
Quei tre sono un sogno.
Talmente un sogno che non giocheranno mai insieme.
Proprio così, a far da base per l’ennesima bestemmia contro il Dio pallone che non fa mettere in campo tre super campioni c’è l’ostracismo di Marcello Lippi nei confronti di Baggio. Meglio schierare Recoba, Mutu, qualche asino volante, qualcuno che zoppica, ma Baggio no, lui proprio no.
E Baggio guarda con occhi tristi lo spettacolo che inizialmente Vieri offre ad una San Siro estasiata, con l’ariete che si presenta con una tripletta al Verona e che nel secondo tempo si diverte nel ritrovare il Fenomeno in campo.
Ma anche questo si rivela una triste illusione, dei tre solo Bobo non viene sfiorato dalla sfortuna iniziale, nelle prime 4 partite segna 5 reti, si carica da solo la squadra sulle spalle e illude tutti.
Persino gli Dei. Ma gli Dei hanno piani diversi.
I tre tenori si sfiorano a Venezia, quando l’acqua della laguna affonda l’interismo, Ronaldo è titolare ma viene sostituito da Baggio, Vieri parte dalla panchina e subentra a Moriero, con l’Inter che perde per 1-0 e si dimostra una polveriera.
Chiaro, il problema non possono essere “quei tre” ma non sono neanche la soluzione.
La possibilità di riscatto alla sconfitta di Venezia può arrivare subito, alle porte c’è il derby e Lippi schiera titolari Vieri e Ronaldo.
Il vantaggio è ciò che noi lamentiamo, il non aver visto spesso questi due insieme, spallate per Vieri che mette in allarme la difesa rossonera, assist per Ronaldo che accelera e viene steso da Sala, rigore e prima fiammata di una coppia sulla carta inarrestabile.
Rigore per Ronaldo che da buon capitano segna e manda un segnale che il calcio può cambiare. Lo pensa chiunque, tranne l’arbitro Gennaro Borriello, che vede un gomito troppo alto del brasiliano su Ayala con conseguente espulsione e squalifica per la gara successiva.
Nessuno in quell’istante lo sa, ma Vieri e Ronaldo hanno finito di giocare insieme con quella mezzoretta di calcio spettacolo, Baggio torna utile a sprazzi, poi arriva la gara interna col Lecce.
E’ goleada, addirittura 6-0 con sei marcatori diversi e una rete di pregevole fattura del Chino Recoba, ma al minuto 59 (Nove dopo il suo gol) Ronaldo si ferma, sembra un suo normale acciacco, invece è partito il tendine rotuleo (lesione), prognosi di uno stop di almeno 5 mesi, stagione finita e inizio di un calvario.
Calvario triste, perché il calcio in quel momento perde la gioia del sorriso del Fenomeno.
La stagione dell’Inter, senza il capitano, naufraga tra dissidi interni tra Panucci, Lippi e ovviamente Baggio, che regala agli amanti della sua arte pedatoria il gol al Verona, alla Roma alla cieca e quando torna utile, cioè nelle ultime partite dell’anno per evitare spareggio col Parma, gioca bene e segna.
Cosa abbiano fatto di male quei tre per non giocare mai insieme nessuno lo sa, ma al peggio non c’è mai una fine.
Ronaldo ritorna per la finale di Coppa Italia. Vada come vada ma per gli interisti è già un successo rivedere il sorriso simpatico del Fenomeno, del giocatore più forte al mondo.
Dura 6 minuti.
Baggio e Mutu, titolari, lasciano il posto a Ronaldo e Zamorano. Il Divin Codino guarda con occhi dolci il Fenomeno, neo papà di Ronald, che fa scatti nel riscaldamento, che è tirato a lucido, che è bello come tutti i numeri uno.
Un doppio passo, un rumore sordo, un urlo nel silenzio. E’ partito il ginocchio. Il tendine rotuleo precedentemente lesionato si rompe del tutto, tra le lacrime del Fenomeno lo stop è di almeno un anno.
L’Inter cede così alla tristezza del suo giocatore simbolo, finisce quarta a pari punti col Parma.
Con gli emiliani, nello spareggio per entrare in Champions torna anche Vieri, almeno può giocare con Baggio.
Vieri si infortuna al 30′ dopo uno scontro con Buffon. A Lippi resta solo Baggio. Quel Baggio da lui considerato un traditore.
Il resto è poesia pura, in barba al disegno malefico che ruota intorno ai tre tenori Baggio sigla una romanticissima doppietta, poi non le manda a dire all’allenatore e finisce ai margini del calcio italiano.
Ci vorrà Mazzone per riabilitare il Divin Codino al Brescia, ma il sogno di vedere “Quei tre” insieme, finisce per sempre.
RITORNA IL FENOMENO
Ronaldo salta l’intera stagione 2000/01, un’annata iniziata male, con Lippi, e finita peggio con Tardelli in quella che viene considerata tra le Inter peggiori della storia, nonostante 18 gol di Bobo Vieri.
Il rientro del Fenomeno è atteso per il 2001, quando sulla panchina nerazzurra siede Hector Cuper, fresco di due finali Champions col Valencia. Il tecnico spagnolo, pregio o difetto che sia, tratta tutti in egual maniera. Non è Gigi Simoni che sorridendo disse un giorno: “Siete tutti uguali, tranne uno”.
Quell’uno può esser solo lui. Luis Nazario da Lima Ronaldo.
Inutile dire che è emozionante rivederlo in allenamento, sorridere inseguendo il pallone, che poi è il sogno di tutti, poi il 20 settembre è la data che tutti attendono, il Fenomeno è in panchina contro il non irresistibile Brasov, in Coppa Uefa.
“Vai Ronnie, prenditi ciò che è tuo“.
Al minuto 61 tutta San Siro si alza in piedi, c’è un giocatore che sta per entrare, la sua maglia è la numero 9 e le lacrime di Roma un lontano ricordo, il boato in una partita che dopo il 3-0 non ha più nulla da dire scrive il momento più bello e romantico.
L’impiego di Ronaldo però è col contagocce, Cuper lo preserva anche troppo (a detta del Fenomeno) poi ecco che il 9 dicembre a Brescia arriva il colpo di scena, tutti in campo, Bobo, Ronaldo e Recoba.
Il duo Vieri-Ronaldo impiega 19 minuti per spiegare l’essenza del calcio, il Fenomeno torna in gol, l’Inter, gli interisti, ma anche il calcio, esulta per quella rete, applaudita anche a Roma, nell’abbraccio generale.
Ronaldo e Vieri giocano insieme anche a San Siro, contro il sorprendente Chievo che alla faccia della favola brasiliana sbanca Milano e prosegue la folle corsa scudetto, poi quattro giorni più tardi arriva il Verona a Milano e per Natale il popolo nerazzurro trova sotto l’albero la doppietta di Ronaldo e il terzo gol di Vieri, non si può chieder di meglio.
La stagione del brasiliano però è ancora complicata, ma per una volta l’Inter pare lanciata verso la gloria. Ronaldo segna una doppietta di rabbia ancora al Brescia, quando mancano quattro partite alla fine, poi fa ancora gol al Chievo e al Piacenza, in totale sono 7 in 10 presenze, il Fenomeno è recuperato, ma come se ci fosse un disegno malefico alle spalle non arriverà gloria, con i nerazzurri a sprofondare in campo laziale nell’ultima di campionato.
Quel giocatore, amato, aspettato e coccolato, a fine anno andrà da Moratti e dirà “O io o Cuper”, il Presidente sceglierà il tecnico, il giocatore vincerà il Mondiale da protagonista e poi il Pallone d’Oro 2002, ma dell’Inter non parlerà più, poi ritornerà a Milano, sponda rossonera, quando però quel Fenomeno, quello che in quel campo ha incantato con la maglia numero 10, sarà solo un lontano ricordo.
Un ricordo da Fenomeno.
Però mannaggia, quei tre insieme potevate farli giocare.