“Sa, parlo piano e lentamente perché lei così può prendere meglio gli appunti”. Erano le parole di Gigi Simoni quel 10 agosto del 2016, io ero dall’altra parte del telefono che lo intervistavo all’epoca per SpazioInter.
Piangevo.
In una semplicissima e banale frase, Gigi Simoni faceva a me un favore, forse nato dalla mia emozione e dal mio essere impacciato a far domande ad uno degli allenatori delle Inter che più ho amato.
Non so se esistono molti casi al mondo, ma era l’intervistato a placare l’intervistatore, che riprendeva coraggio e ascoltava, con sincera ammirazione, colui che oltre ad un grande mister, con un piccolo gesto si rivelava un grande signore.
Gigi Simoni se n’è andato il 22 maggio, non una data a caso nell’universo nerazzurro, poiché nella notte stellata di Madrid ora aggiunge un pensiero in più, anzi, una stella, al ricordo del Triplete.
Simoni e l’Inter son stati un amore arrivato dopo tanti corteggiamenti, finché nell’estate 1997 è Massimo Moratti ad affidargli le chiavi di una squadra che ha in rosa il calciatore numero 1 al mondo: Luis Nazario Da Lima Ronaldo.
“Siete tutti uguali, tranne uno”. Quell’uno era proprio il Fenomeno che da Simoni era coccolato e che oggi, dal brasiliano viene ricordato così: “Un maestro, uomo saggio e buono che mi ha insegnato tantissimo”.
Che spettacolo quell’Inter, fermata solo dalla ferita di un arbitraggio molto discutibile, contro la Juve, ma che neanche per quell’episodio può essere cancellata. Non vince in Italia Simoni ma si prende la Coppa Uefa contro la Lazio, a Parigi, quando un 3-0 firmato Zamorano, Zanetti e Ronaldo batte la Lazio e consegna a Moratti il primo trofeo della carriera.
“Allenare l’Inter, la mia Inter, è stato facile. – Così mi disse Simoni – Facile per una questione morale della squadra, il valore tecnico dei giocatori non si discuteva ma quel gruppo era stupendo per i meriti, grandi ragazzi, facili da allenare e se uno si dispiaceva per un’esclusione ci si poteva parlare, erano ragazzi seri e d’accordo tra loro e questa è una delle cose di cui vado più orgoglioso, un po’ come del rapporto con Moratti, bellissimo, anzi mi vengono in mente le parole della sorella del presidente, che un giorno ha ammesso che quella Inter è stata la più amata”.
Non solo Ronaldo, ma anche Baggio nel giorno della soddisfazione più grande della carriera di Simoni, battere 3-1 il Real Madrid campione d’Europa nello show del numero 10, ultima gioia nerazzurra prima di un esonero che anche per Moratti è stato uno dei più grandi errori del presidente.
E’ riduttivo però ricondurre Simoni solo ai due anni all’Inter. Cresciuto nella Fiorentina, da giocatore ha militato con Mantova, Napoli (vincendo la Coppa Italia 1962), Torino, Juventus (doveva andare Meroni in bianconero ma l’affare fu definito impossibile), Brescia e Genoa, iniziando poi dal 1975 al 2012 la carriera di allenatore, con ben 7 promozioni in Serie A (Due con Genoa e Pisa, una con Brescia, Cremonese e Ancona, più una in C1 con la Carrarese) e il trofeo Anglo Italiano del 1993.
I modi gentili gli trasmisero la forza per superare anche il grave lutto del perdere un figlio, Adriano, morto nel 1999 in un incidente in moto tra Crevalcore e San Giovanni in Persiceto, la forza per il pallone gli regalò ancora la gioia per esser promosso in Serie A con l’Ancona poco tempo dopo.
Non ha vinto scudetti Gigi Simoni, ma gli uomini, i grandi uomini, non si valutano per i titoli vinti, ed in un mondo sportivo dove tutti sembrano uguali lui sarà l’eccezione, tutti uguali…tranne uno!
Link dell’intervista concessa a Spazio Inter