Narra la leggenda che in un intervallo di una partita della Juve Gianni Agnelli rimproverò niente meno che Michel Platini, sorpreso a fumare una sigaretta con risposta elegante nel francese: “Avvocato, sarei più preoccupato se fumasse Bonini che deve correre anche per me“.
Ecco, Bonini e Platini sono agli antipodi del mestiere di centrocampista, uno che porta le borracce, che corre per tre e l’altro che segna o fa segnare gli attaccanti a sua disposizione.
Entrambi i ruoli hanno consegnato al calcio mondiale stelle di prim’ordine, partendo dai grandi registi di una volta, vedi Gerson nel Brasile 1970, a Falcao re di Roma negli anni 80, passando poi per Rijkaard e Paulo Sousa negli anni 90 arrivando agli Xavi, Iniesta (anche esterno in un tridente d’attacco all’occorrenza) dei giorni nostri.
Nelle narrazioni giornalistiche spesso i titoli vengono dati ai portieri che non subiscono gol o agli attaccanti che li segnano, ma il ruolo di centrocampista, titolo nobile in campo, è fondamentale per costruire il successo di una squadra di calcio.
Nell’Inter è stata dedicata anche una canzone al mediano per eccellenza, Lele Oriali, che correva per l’intero reparto e nel calcio di fine anni 90 il colpo da maestro fu ad esempio della Juve che ingaggiò Edgar Davids che da cagnolino al Milan ritornò pitbull e fu decisivo nello scudetto 97/98.
In quegli anni sbagliò l’Inter nell’acquisto di Vieri, attenzione, non per Bobogol, ma per aver inserito nella controparte uno come Diego Simeone, centrocampista di classe e sangue, decisivo nello scudetto della Lazio dove, occhio alla nostalgia, il centrocampo era formato anche da Nedved (la sua assenza decise la Champions 2003 bianconera), Veron, Stankovic e Roberto Mancini, oro per i calciofili.
E che dire dell’Italia del 2006, con Gattuso a scatenare panico in mezzo al campo e proteggere la genialità di Pirlo, uno che ha occhi dappertutto, innescando poi gli attacchi azzurri che risulteranno vincenti.
Ringhio Gattuso è l’esempio di chi ai titoli sul giornale preferisce la sostanza e che nel Milan d’oro degli anni 2000 poteva contare su Seedorf, altro genio e su Kakà, giocatore dalla progressione devastante e da un’intelligenza calcistica fuori dal comune.
In Premier League l’esempio recente è quello di N’Golo Kanté, metronomo sette polmoni del miracolo Leicester di Ranieri, uno che poteva trovarsi a difendere su un angolo e attaccare nella successiva azione offensiva, degno erede di un altro centrocampista che in Inghilterra ha fatto storia e basta il nome: Roy Keane, anima del Manchester United di Ferguson.
Nel calcio attuale il ruolo di centrocampista si è trasformato in “tuttocampista“, dove il giocatore al centro deve saper fare qualsiasi cosa, dal difendere all’impostare l’azione e attualmente i migliori di ruolo, secondo Transfermarkt, sono Modric, De Bryune (fenomeno belga), Pjanic, Ziyech (promesso sposo del Chelsea), Allan, Rakitic, Verratti, Milinkovic Savic (mister 100 milioni) Pogba (se ritorna ai livelli della Juve), Kroos, Busquets, Witsel, Muller e ancora il genio nascosto di Eriksen.
Da Rivera, mito mondiale, trequartista da 128 gol a Zico, da Schiaffino grande regista dell’Uruguay anni 50 a Zinedine Zidane, da Valentino Mazzola, 10 per eccellenza del Grande Torino, a Luisito Suarez dell’Inter vincitutto degli anni 60, passando per Neeskens, Matthaus, Gullit, Dunga, Deschamps, Baraja, Xabi Alonso, Redondo e Cambiasso, la storia racconta che senza un buon centrocampo, che sia d’ordine, d’ispirazione e di grandi gol, una squadra può avere qualsiasi giocatore in avanti ma avrà già perso gran parte delle partite, proprio per lodare questo ruolo nobile del calcio, il centrocampista.
Francesco Fiori
Fonte: Gazzetta Fan News
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