L’Italia non s’è desta. Come potrebbe farlo vista la carenza di sentimenti che le gravitano intorno?
Partiamo dal calcio, ennesimo flop quando bisogna tirar fuori gli attributi in quel di San Siro, stadio che ultimamente non porta granché bene agli Azzurri. Di novità il povero Gattuso (a proposito, ma prima il C.T. dell’Italia non era il posto più ambito di sempre?) non ha portato nulla. Non è colpa sua. E’ che il serbatoio di calciatori italiani è clamorosamente in riserva.
Non diamo la colpa ai troppi stranieri in Serie A, perché già il livello è quello da calcio di Serie C (ah, la nostalgia della C1, C2…) e al massimo la povertà che contraddistingue l’appeal del nostro campionato (oggi non più chiamato, neanche dagli anziani, il più bello del mondo) attira pre-pensionati di classe (Modric e Vardy, fenomeni ma non giovincelli) e siamo costretti a vedere in Arabia Saudita stelle strapagate per non aver neanche un briciolo di stress dal pallone.
Beati loro.
Dove è finita l’Under 21 che con Carlo Nesti ci faceva sognare su RaiTre? Dove sono le giovanili che sfornano numeri 10 da coccolare? C’è un solo giovane che per ora sgomita, di nome Francesco Pio Esposito e l’Italia che fa? Lo prende per i fondelli, quasi esaltandolo per scherzo (di Adani non parlo. Haaland non conosce Pio. Invece tutti noi conoscevamo Antonio Nusa? Ci vuole sempre quel briciolo di talento per il silenzio. Non è da tutti). Perché dal 2006 nessun dirigente ha fatto il bene della Nazionale? Non è il film di Checco Zalone sul posto fisso, ma ridendo e scherzando c’è una generazione che non sa cosa sia la magia del Mondiale.
E ci meravigliamo se in un campo di calcio il genitore porta il figlio a sognare il pallone e appena abbassa lo sguardo lo vede sul tablet che conquista il mondo virtuale e del calcio se ne frega altamente.
Si invoca Capello per dare uno scossone alla Nazionale. Peccato sia lassù tra gli angeli Rombo di Tuono altrimenti pur di dar fiato a pseudo commentatori calcistici si sarebbe invocato Riva come mentore di Pio Esposito.
E il 10? (Occhio, perché questo pezzo fa male).
In quel tempo, il numero 10 era un totem magico. Lo veniva indossato solo da supereroi, alcuni col Codino, altri da… Puponi, ma sempre la più ambita maglia era.
Quel Roberto Baggio che molti ricordano a Usa ’94 forse in maniera sciagurata dimenticano che in quella finale ci ha portato lui. Un po’, andando retrò di 4 anni dicono a Zenga che ha sbagliato l’uscita su Caniggia e non ricordano il record d’imbattibilità del Deltaplano nerazzurro.
Niente 10 per Roberto Mancini, genio totale mai amato in Azzurro fino al miracolo 2021 (Miracolo, perché a distanza di anni sembra uno scherzo quel trionfo invece è tutto vero, cari “it’s coming home”), maglia sulle spalle di Gianfranco Zola, baronetto che ha avuto momenti da tregenda in Nazionale, da espulsione farlocca 1994 a rigore sbagliato ad Euro 96, ma a lui gli perdoniamo tutto.
Poi, 10 sulle spalle di Alessandrino Del Piero. Solo i matti non ne riconoscono la grandezza seppur non ammirando la sua squadra di club. Oggi, proprio Del Piero, sarebbe il capo Nazionale perfetto al posto di Gravina. Serio, competente, rincuorante nelle sconfitte. Un capitano vero, ma tant’è che lui, Maldini, Totti, Bergomi, dalle proprie squadre di patria hanno trovato i portoni chiusi.
Lo abbiamo appena nominato, dopo Del Piero ecco Francesco Totti, incubo australiano. Pare che anche i koala laggiù quando voglion far paura abbiano lo sguardo del Pupone prima del rigore nel 2006. Anche Pirlo ha una menzione d’onore per la 10 dopo Totti, ma dopo c’è il vuoto assoluto e ve lo elenchiamo. Senza piangere, promesso.
Cassano, 2010 e anni successivi.
De Rossi, 2008.
Di Natale 2009/10 (Totò, sei capitato nel periodo sbagliato ma sei stato un super fuoriclasse).
Balotelli, 2010/11.
Giovinco, 2012/15.
Candreva 2012/13.
Verratti 2012/17 (il suo sosia è apparso su MasterChef ma non ricordiamo il nome).
Osvaldo 2012/13.
Vazquez 2015.
Thiago Motta 2015/16.
Insigne 2016/22.
Bernardeschi 20219/22.
Pellegrini 2021/22
Raspadori, attuale.
Lo sappiamo, ora vi è venuta voglia di fare una petizione per il ritiro della 10. E così sia, ma questo rappresenta il declino del sogno italiano.
E così diamo uno sguardo agli altri sport dove l’Italia dovrebbe esser desta.
Francesco Bagnaia, in arte Pecco.
Non gli si può voler male perché Pecco è un gran bravo ragazzo, anche quando sembra arrabbiato. Ma se già si osserva la sigla della MotoGp lui non ha il ghigno del pilota da corse. Non è Carl Fogarty per intenderci. Il naufragio di quest’anno si completa a Valencia, due piloti vanno per praterie e chi fanno cadere? Francesco, Pecco Bagnaia.
Amen.
E Sinner?
Cattivone Sinner, non vuol partecipare la Davis, non lo si tifa più e bla… bla… bla… poi domina un grande Alcaraz (Alvarez aveva giocato un giorno prima a quanto pare, ma lo spagnolo teniamocelo stretto perché Senna non sarebbe esistito senza Prost, McEnroe senza Borg, Bird senza Magic, Lauda senza Hunt, Maradona senza Pelé) dando vita ad un tennis che ci appassionerà per altri 15 anni. Ma l’italiano no, una volta che uno va in gloria è meglio screditarlo che appoggiarlo. E fu così che “eh ma Sinner è tedesco, eh ma Sinner non gareggia con l’Italia, eh ma Sinner… e basta!!! Viva Jannik.
Cosa ci rimane?
Capire come la pallavolo sia oggi lo sport più in crescita dell’élite verde-bianco-rossa, eppure Mila e Shiro non penso appartenga ai pomeriggi di Michieletto ed Egonu. Uno sport che ha dato credito ai veri mentori, Velasco, De Giorgi, ha predicato calma, ha fatto crescere giovanili da record, ma che nonostante ora possano trionfare su tutto arrivano sempre nelle pagine finali dei quotidiani sportivi.
Che nostalgia di quelle domeniche passate, quando l’Italia non solo era desta, era destissima e faceva sognare. Anzi, a dicembre l’appuntamento era davanti alla tv, era il giorno dei sorteggi dei Mondiali di calcio. Silenzio rigoroso, perché il sogno era appena iniziato e l’estate sarebbe stata magica.


