La scomparsa di Andrea de Adamich è la notizia che di colpo peggiora la giornata. Gli avresti voluto dire che proprio da poco sulla rete si ti gustavi le vecchie puntate di Grand Prix e lo avresti voluto incensare di complimenti, perché un’epoca così, con personaggi giganteschi in tv, non tornerà mai più.
Quella trasmissione non era solo un qualcosa nel settimo giorno della settimana, era proprio LA nostra DOMENICA. Era l’unico motivo per cui i compiti era meglio sistemarli di sabato, possibilmente nel primo pomeriggio per non rischiare l’uscita con gli amici.
La domenica però non esistevano altri impegni. I cartoni animati come risveglio (anche quelli nettamente superiori a quelli di oggi ma forse qui parla il lato infantile), il wrestling della WCW per vedere Hulk Hogan e Bret Hart combattere contro chissà sempre vincenti (non ricordo sconfitte, mai ci sono eroi del wrestling sconfitti), poi l’iconica sigla, che ho ancora in macchina e al timone di Grand Prix colui che pareva un prof universitario ma che ti faceva amare la materia motoristica anche senza saper distinguere la frizione dall’acceleratore.
Andrea de Adamich ha raggiunto il 5 novembre 2025 Pepi Cereda e Oscar Orefici, altre colonne fondamentali della trasmissione insieme a Guido Schittone, a Claudia Peroni (forse il primo amore di tutti noi adolescenti) e Luca Budel, in un contesto che spaziava dalla formula uno (parliamo della magica epoca di Senna, della super Williams di Mansell-Prost, di una Ferrari come quella attuale, perdente ma romantica), al motomondiale (la moto di Rainey con la livrea di Senna in F.1, Cadalora che provava a diventar leggenda, il funambolo Kevin Schwantz) sino ai rally con colui che mi pareva una parolaccia, Kankkunen, poi Biasion, la mitica Lancia Delta, altro sogno proibito come la Peroni e quell’oretta scarsa passata sui motori volava.
C’era ben poco tempo per mangiare e la nostalgia va al profumo della pasta che arrivava dal piano di sotto dove la nonna avrebbe sicuramente vinto Masterchef volendoci partecipare. A quel punto si doveva mangiare al tempo di un pit stop, sfruttare Studio Aperto e prepararsi a Guida al Campionato, a Sandro Piccinini e a quel genio folle di Maurizio Mosca, che grazie ad un pendolino veniva insultato a casa da chiunque.
Tra la fine di Guida al Campionato c’era il tempo per cercare qualche miracolo scolastico, ma per una mezzoretta scarsa, perché Tutto il Calcio Minuto per Minuto incombeva alla radio, da sfruttare contemporaneamente al tv, magari con le macchine.
Erano gli anni in cui la Fininvest se la giocava con la Rai per la trasmissione dei gran premi. Mario Poltronieri prima e Gianfranco Mazzoni dopo hanno reso celebre questo sport, ma la grandezza più totale l’ha data in telecronaca de Adamich con Schittone (e ovviamente la nostra Claudia ai box!!!).
Per Andrea de Adamich non serviva urlare né dar nomignoli ai piloti (dai Leclerc, non è colpa tua) ma spiegava tutto alla perfezione grazie ad un occhio da pilota che mai è passato di moda. Magari per la troppa foga gli è scappato qualche insulto (forse ad Hakkinen su un giro di qualifica della Ferrari, magari i nostri lettori ci aiutano nel ricordare) ma la sua compostezza e competenza è sempre stata magistrale.
In quel 1973, anno in cui in Inghilterra il pilota di formula 1 de Adamich venne coinvolto in una carambola tipo Spa 1998 da Jody Scheckter si chiuse la carriera da driver e incredibilmente, come le belle storie di chi dal nulla riesce a reinventarsi e che da una cosa brutta ne realizza una bellissima ecco la versione di Andrea conduttore, gentlemen, uno di famiglia che ti racconta il suo mondo.
Avevo, anzi, ho ancora un amico che le prime volte che veniva al campo da calcio pareva de Adamich, con gli stessi occhialini. Ci salutavamo come Andrea, pollice in alto pronti a sognare il Mondiale della Ferrari (epoca di Schumacher).
È così, col pollice in alto verso il cielo che salutiamo Andrea de Adamich lassù. Si ricompatta la staffetta con Poltronieri, perché forse la redazione motori del buon Dio aveva bisogno di ulteriore classe.
La stessa che de Adamich ha raccontato a intere generazioni.


