Il 5 luglio del 1966 nasceva Gianfranco Zola, genio poco capito in patria e diventato baronetto in Inghilterra. Una carriera mai banale ed un cuore immenso
Ripercorriamo l’articolo del nostro Francesco Fiori:
5 luglio 2019, www.gazzettafannews.it
Si può essere piccoli di statura ma giganti nella vita. Si può essere silenziosi ma anche far rumore ad ogni passo, ad ogni applauso, ad ogni sorriso. Si può diventar Baronetto davanti a chi non ti fa trovare posto in squadra perché non si ama la fantasia.
Gianfranco Zola cresce nella sua Sardegna, si fa notare prima nella Nuorese, poi nella Torres, quando sul finire degli anni 80 la Serie C propone la sfida ad alta quota contro il Cagliari di Ranieri. Tra i tanti osservatori del tamburino sardo c’è Luciano Moggi, che rivede in Zola qualcosa di speciale e se lo porta al Napoli, quando con la 10 in tante occasioni deve prendere il posto di un tale di nome Diego Armando Maradona.
Impressiona per la semplicità nei movimenti, la genialità in campo e un perenne sorriso, tanto che al Napoli in molti dimenticano i capricci del Re Diego e applaudono il nuovo erede, che vince nel 1989/90 l’unico scudetto della carriera. In maglia azzurra Zola giocherà 105 partite con ben 32 gol, prima di approdare al Parma delle meraviglie di Nevio Scala, vincendo la Supercoppa Uefa del 1993 e la Coppa Uefa 94/95, trascinando gli emiliani e arrivando addirittura sesto nel Pallone d’oro 1995.
A Parma però l’arrivo di Stoichkov prima e Ancelotti dopo in panchina ne limitano il minutaggio, così dopo 102 gare di campionato e 49 gol, Zola decide di andare Oltremanica, al Chelsea, seguendo le orme di Vialli nel post Juve. A Londra di primo impatto sono scettici. Come può un giocatore con un fisico da fantino imporsi in un calcio fisico come la Premier. Ebbene, al Mago Zola, anzi, a Magic Box, come viene ribattezzato, riesce tutto semplice e gli inglesi si innamorano del sardo, tanto da perdonargli il gol decisivo in un Inghilterra-Italia. Al termine del suo primo torneo Gianfranco viene premiato come miglior giocatore e alza al cielo la Coppa d’Inghilterra.
Tra Zola e Chelsea è un amore immenso, è l’uomo dei sogni, colui che subentra nella finale di Coppa delle Coppe al minuto 70 e che impiega 20 secondi a segnare il gol decisivo nella vittoria contro lo Stoccarda. Le sirene italiane lo tentano, ma Zola prosegue con i Blues vincendo ancora la FA Cup del 99/2000, regalando altre prodezze come il gol al Norwich di tacco che resta tra le reti più belle di tutti i tempi.
229 partite, 59 reti e la chiamata che non ti aspetti, quella che arriva dalla sua Sardegna, dal Cagliari di Cellino, Esposito, Suazo e Langella, una squadra che con Magic Box diventa spettacolare e che trova subito la promozione in Serie A. Il ritiro per il fantastico sardo arriva un anno dopo, quando al termine di un Juve-Cagliari finito 4-2 sigla una doppietta e si prende tutti gli applausi per una carriera che lo ha eletto principe fra i principi, grande tra i grandi, con l’unica pecca di non aver mai dimostrato tutto l’immenso talento con la maglia della Nazionale, dove viene ricordato per l’ingiusta espulsione contro la Nigeria nel Mondiale 1994 e il rigore sbagliato contro la Germania, errore fatale che comporta l’eliminazione dell’Italia nei gironi.
Zola però ha dimostrato che con l’umiltà e la tenacia si può ottenere tutto, provando a cimentarsi come allenatore, tentando l’ennesimo disperato salvataggio del suo Cagliari nel 2015 e provando poi ad essere il vice di Sarri nell’altro suo amore di squadra, il Chelsea, con la mancanza di lieto fine con il licenziamento arrivato proprio appena prima di questo compleanno, come a dire che nel calcio non esiste riconoscenza.
Quando Maradona indossò il 9
Diego Armando Maradona lo aveva capito prima di tutti. La sua avventura in A era agli sgoccioli e aveva già designato l’erede: Gianfranco Zola.
Pensi a Maradona e lo immagini con la maglia numero 10. Così, sembra impossibile che lui abbia indossato anche la maglia numero 9, lasciando il palcoscenico della maglia d’onore al talento di Oliena.
Fu in un Pisa-Napoli del campionato 90-91, quello dove le stelle mondiali si riversano in Serie A. Altro che Premier, altro che Arabia Saudita. Fu uno scialbo pareggio che non servì a nessuno, al Pisa poi retrocesso e al Napoli poi ottavo in Serie A, erano le ultime partite del Pibe con gli Azzurri ma Diego già intravedeva la stessa caparbietà e classe di Gianfranco, tanto da onorarlo col 10.
Quanta sfortuna in Nazionale
Zola e l’Italia hanno ricordi amarissimi. Usa ’94 è l’emblema di un matrimonio che non funziona. Con Arrigo Sacchi non esistono mezzi termini, dal 4-4-2 non ci si schioda, Baggio si sveglia dal nulla, Zola gioca dal 63esimo in poi e si fa notare per essere espulso in maniera assurda dopo neanche 10 minuti da Brizio Carter, arbitro barzelletta secondo Casarin.
Ha la possibilità di rifarsi nel 1996 ma sbaglia il rigore decisivo contro la Germania nei gironi di Inghilterra 1996, poi un suo gol fa espugnare Wembley ma la sua presenza al Chelsea gli chiude l’avventura azzurra.
E nel Chelsea Zola che fa?
Semplice, scrive la storia.
Talmente epico che lascia i Blues al momento dell’insediamento di Abramovich cui chiede al Cagliari due cose: “Quanto volete per restituirmi Zola e quanto vale la squadra per potermela comprare?”.
Il tamburino sardo era rientrato a casa, col suo sorriso, con la sua voglia di riportare il Cagliari in A nell’assurdo torneo di B a 24 squadre. Fu la passerella d’obbligo per l’attacco Zola-Suazo-Esposito, vissuta tra Tempio e un Sant’Elia ai limiti della praticabilità.
Ma ovunque con passione, ovunque e tutti, con la maglia numero 10 di Zola sulle spalle.
E’ stato uno spettacolo a tinte Blues e Quattro Mori, è stato, semplicemente, Gianfranco Zola.