Ecco cosa ci lascia in ricordo la stagione 2022/23, oggi andiamo a ricordare il Napoli e un titolo arrivato dopo un lungo percorso, che parte dalla Serie C e arriva al trionfo.
Mi piace pensare che alle persone che volano in cielo sia concesso un desiderio, una ultima volontà per far felici chi resta sulla terra.
Diego avrà chiesto due cose, magari scommettendo che con un pallone anche il Padre Eterno avrebbe subito un tunnel, così primo desiderio per l’Argentina Mondiale, con sofferenza iniziale, poi campionato fantastico per il suo Napoli, nessuna vittoria all’ultimo secondo ma Serie A vinta con parecchie giornate d’anticipo, per trasformare ogni gara interna al San Paolo in una festa.
San Paolo, perché Diego ancora non sa che il terzo scudetto è di proprietà dello stadio Diego Armando Maradona. Ma per arrivare a quel tricolore i tifosi azzurri hanno patito pene dell’inferno, toccando la Serie C e iniziando a sognare pian piano, tra grandi amori e grossi tradimenti. Il finale è dolce, ma il percorso ha rasentato la follia.
NAPOLI SOCCER
Quattro gatti si presentano quel settembre 2004. Proprio quattro, El Pampa Sosa, Montervino, Montesanto e il giovane Esposito. Sono i primi, e unici, giocatori del Napoli Soccer, squadra che raccoglie le ceneri del fallimento del Napoli Calcio e che, con soli 4 elementi, in quel momento non potrebbe giocare neanche a calcetto. Pierpaolo Marino, direttore generale di quella squadra, compie un miracolo in tempo record, mette sotto contratto 20 giocatori puntando sulla voglia di rivalsa, consegna a Sosa l’ultima maglia numero 10 della storia degli Azzurri e prega per la risalita.
Chi consigliò a Marino Montervino e Montesanto? Proprio un certo Luciano Spalletti. Ma al Napoli Soccer arriveremo con calma, la strada è completamente in discesa.
L’INFERNO APRE LE PORTE
E’ il 17 giugno del 2001 quando due città separate da 226 km vivono due fortissime emozioni opposte. Stadio Olimpico, la Roma batte 3-1 il Parma e vince il suo terzo scudetto, il Napoli invece vive l’ultima partita di A dopo la retrocessione avvenuta 7 giorni prima a causa di una vittoria del Verona a Parma ricco di polemiche, mentre gli Azzurri fermavano 2-2 i giallorossi poi Campioni d’Italia e a Firenze salutavano il massimo palcoscenico calcistico italiano.
Quel Napoli, quello visto a Firenze, scendeva in campo così: Mancini, Baldini, Quiroga (86’Moriero), Bocchetti, Pineda (46’Jankulovski), Husain, Magoni, Pecchia, Baccin, Amoruso (83’Amauri), Edmundo. All. Mondonico. 36 punti in campionato con Giorgio Corbelli presidente e Luigi Pavarese DS, una squadra che già aveva conosciuto la B nel 1997/98, la A dopo due stagioni senza mai riuscire a programmare nulla, nonostante la promozione ai danni di Genoa e Sampdoria rispettivamente quinte e seste nel 99/2000 grazie soprattutto ai 22 gol di Stefan Schwoch.
La retrocessione del 2000/01 nascondeva nubi nefaste.
AL PEGGIO NON ESISTE FINE
Si riparte dalla Serie B con Floro Flores, Rastelli e Stellone. Arriva solo un quinto posto con Gigi De Canio in panca dietro Como, Modena, Reggina ed Empoli. La stagione raccontava le sole 11 reti di Stellone e le 6 di Rastelli e un ambiente incredulo per la tanta pochezza societaria.
Ma al peggio non esiste fine, la stagione successiva vede Salvatore Naldi come presidente e ben 4 avvicendamenti in panchina, con Colomba che inizia il campionato, sostituito da Sergio Buso alla 17a, Franco Scoglio che subentra una giornata dopo ma che lascia il posto ancora a Colomba dopo 8 partite. Il Napoli è sedicesima con 2 punti in più di Catania e Genoa, ma per i pasticci del campionato italiano, all’epoca nel proprio apice di confusione, si salva con la riammissione di un campionato che vedrà qualcosa come 24 squadre. Dionigi, speranza solitaria, segna 19 gol ma è poca cosa.
Nel 2003/04 ci si affida al guru della Serie B, a Gigi Simoni e al suo record di promozioni in A. Ma il buon Gigi dura appena 14 giornate, sostituito da Andrea Agostinelli.
E’ un torneo atipico, ci sono 6 promozioni tra cui Atalanta e Fiorentina e in un campionato che vede una classifica marcatori di tutto rispetto (Toni 30 gol, Lucarelli 29, Protti 24, Riganò 23, Calaio 21, Zampagna 20, Suazo e Di Napoli a 19 con Zola a quota 13 e Milito a 12) al Napoli manca il bomber, con 8 reti di Dionigi e solo 5 di Max Vieri.
Ma quello è il minimo dei problemi.
SI RIVEDE LA LUCE, IRROMPE AURELIO
Wikipedia definisce Aurelio De Laurentiis così: “Produttore cinematografico e imprenditore italiano, fondatore insieme al padre Luigi della Filmauro. Presidente del Napoli“.
Noi preferiamo descriverlo così: “Visionario, rivoluzionario, eccentrico e caparbio. Mai domo nell’esser presidente del Napoli. Per rilassarsi fonda col padre la Filmauro ma ciò che vede quel 4 maggio 2023 è meglio di un film“.
Il 6 settembre del 2004 Aurelio, classe 1949, rileva il Napoli Soccer e ne diventa presidente. Non sa nulla di calcio e la piazza preferirebbe al suo posto Luciano Gaucci che, a capo di un’impresa di pulizie, fattura oltre 200 miliardi poi però fallisce. Chiama il Napoli “Soccer” come da tipica americanata e da un subito nasce un rapporto in contrasto con il Comune.
Si affida ad un tecnico “da libidine (così si definì)” Gian Piero Ventura, di un anno più vecchio, convinto che la risalita ai piani alti sarà di facile impresa.
Come direttore generale arriva Pierpaolo Marino che in tempo zero costruisce una squadra che dopo 20 giornate saluta Ventura per un altro vecchio volpone della panca, Edoardo Reja, che porta gli Azzurri di Pià, Mora e Sosa (8 gol) al terzo posto e alla finale dei playoff dove però ad aver la meglio è l’Avellino che s’impone per 2-1 al Partenio e poi impatta 0-0 al San Paolo.
L’opera di Edy Reja però è appena all’inizio.
Nel 2005/06 il Napoli è inserito nel girone B della C1. Bogliacino, Calaiò, Gatti, Grava, Iezzo, Pià e ancora El Pampa Sosa sono tra gli eroi del campionato vinto, e si andrà a braccetto anche nel 2023, tra Napoli e Frosinone che esultano, con gli Azzurri primi con 68 pt., a +13 sui ciociari secondi e sulla Torres terza a quota 53. Miglior attacco, 48 gol, miglior difesa, solo 20 reti subite, 0 sconfitte interne ed Emanuele Calaiò attaccante di Palermo, capocannoniere con 18 reti.
Si aprono così le porte della Serie B. Mica un torneo qualsiasi nell’anno che sta per arrivare.
E TU CHE CI FAI QUI?
Reja confermato in B, dove arrivano Dalla Bona, Paolo Cannavaro, De Zerbi, Domizzi, Maldonado insieme a Pià e Sosa. La novità eclatante è la presenza in serie cadetta della Juventus, retrocessa per lo scandalo calciopoli e che, mantenendo Buffon, Camoranesi, Nedved, Trezeguet e Del Piero, si prende il titolo di favorita d’obbligo.
La banda di Reja, supportata dal ritrovato entusiasmo, chiude al secondo posto, unica squadra imbattuta in casa, nel primo e unico campionato di B dove non servono i playoff per decretare le promosse, perché oltre ai bianconeri di Torino e agli Azzurri al terzo posto ecco il Genoa che chiude l’annata con 10 punti in più del Piacenza quarto. Per Calaiò altro grande campionato con 14 gol segnati.
In A, finalmente, arrivano i primi, grandi, sogni. A partire dal Pocho.
I TRE TENORI, SI RIPRENDE A SOGNARE
In paradiso si sta molto meglio. Questo pensa il Napoli e la campagna acquisti del 2007/08 porta Blasi, Contini, Gargano e Zalayeta. Più altri due giocatori che passano, inizialmente quasi inosservati, uno è una stellina slovacca del Brescia, l’altro un fulmine prelevato dal San Lorenzo e che l’Italia l’ha solo sfiorata col Genoa senza poter mai giocare per lo scandalo Preziosi: Marek Hamsik e Ezequiel Ivan Lavezzi sono pronti a far innamorare il San Paolo.
L’esordio nel massimo campionato calcistico vede una sconfitta interna per 2-0 contro il Cagliari, ma già alla seconda giornata ecco lo show, uno 0-5 a Udine col primo gol del Pocho Lavezzi.
Il primo vero boato, anche se alla fine di sfida tra neopromosse si tratta, è il 27 ottobre del 2007 quando al San Paolo cade la Juve per 3-1 con i gol di Gargano e una doppietta di Maurizio Domizzi su rigore che issa il Napoli al sesto posto in classifica.
Alla 26esima giornata, nel tempio che fu di Maradona, cadrà anche l’Inter campione d’Italia grazie ad un gol di Zalayeta che poi fallirà anche un rigore e come ultima soddisfazione stagionale ecco anche il 3-1 inflitto al Milan con i gol di Hamsik, Domizzi e Garics che di fatto consolida l’ottavo posto finale.
L’anno successivo arriva anche l’ottima aria rarefatta della vetta. Succede alla nona giornata grazie ad una tripletta di German Denis contro la Reggina, con gli Azzurri che salutano Bucchi e Calaiò e accolgono proprio El Tanque di Remedios de Iscalada, Maggio e Aronica.
Dopo un buon girone d’andata ecco il calo del 2009 dove il Napoli non vince dalla 18esima giornata (1-0 al Catania) fino alla 33esima quando ancora Zalayeta punisce l’Inter.
Il girone di ritorno per gli Azzurri è fatto di soli 13 punti contro i 33 dell’andata per un dodicesimo posto che vede l’addio di Edy Reja come allenatore e l’arrivo di Walter Mazzarri.
L’annata però regala una minima gioia, col Napoli che rivede le coppe vincendo il torneo Intertoto.
Con l’arrivo di Mazzarri il Napoli accoglie anche Quagliarella, Campagnaro, Cigarini, Zuniga e De Sanctis mentre è ai saluti il capitano Francesco Montervino.
Arriva un sesto posto con le perle di una doppia vittoria contro la Juventus, allenata alla decima giornata da Ciro Ferrara e rimontata dal 2-0 con i gol di Hamsik, Datolo e ancora Hamsik, mentre al San Paolo i bianconeri questa volta allenati da Zaccheroni perdono 3-1 con i gol di Hamsik (saranno 12 per lui in stagione), Quagliarella e Lavezzi.
De Laurentiis però è tipo che non si accontenta e decide di investire ancor di più. Per 17 milioni di euro (5+12 di riscatto) dal Palermo arriva Edinson Cavani, terminale offensivo con alle spalle Hamsik e Lavezzi per il 3-4-2-1 di Mazzarri. Sarà un’annata spettacolare.
Il Napoli non abbandona mai i primi 4 posti del campionato, arriva a 3 punti dalla vetta alla 17esima giornata, poi a far male è ancora alla Juventus, battuta 3-0 con una tripletta di Cavani che vale il secondo posto dietro il Milan.
Arriva anche la vittoria a Roma contro i giallorossi, ancora con un doppio Cavani ma i sogni di gloria s’infrangono con la sconfitta per 3-0 col Milan poi vincitore del campionato.
Per Cavani arrivano 26 reti, con il record di Vojak battuto (22 gol in A) e che resisteva da 78 anni, a meno 2 da Toto Di Natale capocannoniere con 28 gol. L’asticella, con l’arrivo della Champions League, si alza ancora di più.
GLI AMORI TRADITI CON VALANGHE DI GOL
Gli Azzurri fanno conoscere l’urlo, oggi di moda in ogni campo, che al momento dell’inno della Champions manda in visibilio svariati decibel. Da paura, come il girone che viene riservato al Napoli, con il Bayern Monaco, il City di Mancini e Balotelli e il Villareal “quasi” vittima sacrificale.
L’esordio in Inghilterra a Manchester, è un 1-1 che vede Kolarov rispondere a Cavani, preludio alla festa della prima vittoria contro il Villareal grazie alle firme di Hamsik e Cavani. Sarà il Bayern a rimescolare le carte, con un pari interno e una sconfitta in terra tedesca sotto i colpi di Mario Gomez a segno 3 volte.
Serve l’impresa contro il City e una doppietta di Cavani segna miracolo e accesso agli ottavi anche grazie alla vittoria in Spagna che regala un ulteriore ostacolo: il Chelsea.
Il 14 febbraio è una serata da cuori forti, un San Valentino che tramortisce i Blues per 3-1 dopo il vantaggio di Mata ecco un doppio Pocho e la solita firma del Matador Cavani in quello che sembra un ritorno quasi formale.
Un mese dopo però il Chelsea fa valere l’esperienza europea e ribalta la sfida ai supplementari, con Ivanovic che segna il gol del 4-1 che elimina il Napoli.
E il campionato?
Troppi alti e bassi, un triplo Cavani umilia il Milan alla terza giornata, l’Inter viene disintegrata prima con Ranieri alla guida nel post Gasperini per 3-0 a Milano poi al San Paolo è Lavezzi a far piangere i nerazzurri ma oltre a questo arriva solo un quinto posto in campionato.
Stagione da buttare? No, perché si alza al cielo la Coppa Italia il 20 maggio 2012 quando Cavani e Hamsik infliggono il 2-0 alla Juve. Per Cavani ci sono 23 gol.
Arriva però il primo cuore infranto, il Pocho Lavezzi accetta le sirene francesi che a suon di milioni lo strappano al Napoli.
Mazzarri inizia il 2012/13 vincendo le prime 3 giornate, con tanto di primato che dura fino alla settima giornata in coabitazione con la Juve, prima che la Vecchia Signora batta i partenopei 2-0 con Caceres e Pogba.
Sarà comunque un campionato super che si chiude al secondo posto a meno 9 dalla Juve che inizia ad inanellare scudetti su scudetti. Per Mazzarri però è tempo dell’addio con il passaggio all’Inter. De Laurentiis ha comunque il colpo in canna quando prende come allenatore Rafa Benitez, che apre le porte ad una sessione di mercato spettacolare.
Prima però ecco il secondo cuore infranto, dopo ben 29 reti e il titolo di capocannoniere di Serie A Edinson Cavani è il secondo giocatore a scegliere Parigi, con 64 milioni di euro per convincere il Napoli.
Soldi che però vengono reinvestiti alla grande, arrivano Albiol, Callejon, Pepe Reina e soprattutto due grandissimi, Dries Mertens e Gonzalo Higuain.
Col Pipita si sogna immediatamente, 4 vittorie nelle prime 4 partite ma il record iniziale se lo prende la Roma che addirittura vince le prime 10 partite.
Contro il Napoli cadono tutte le grandi, l’Inter per 4-2, il Milan 3-1, la Juve per 2-0 e la Lazio per 4-2 alla 31esima. Ma se i bianconeri perdono con gli Azzurri riescono anche a chiudere il campionato con 102 punti, quota stratosferica che lascia le briciole alle altre squadre, con la squadra di Benitez che fa “solo” 78 punti.
A Gennaio arriva un’altra pedina che sarà fondamentale, acquistando Jorginho dal Verona che non può dar man forte ad una Champions League drammaticamente pazzesca.
Uscire con 12 punti fatti sembra quasi impossibile, eppure Napoli, Borussia Dortmund e Arsenal chiudono tutte a quella quota, con gli Azzurri che le battono entrambe al San Paolo ma che poi vengono puniti dalla differenza reti, uscendo poi in Europa League con il Porto.
Sarà solo la Coppa Italia a lenire le amarezze di campionato e Champions, con la finale vinta contro la Fiorentina per 3-1 grazie alla doppietta di Lorenzo Insigne e al gol di Dries Mertens, pronto a scrivere la storia, ma pian piano.
Vincere la Coppa Italia fa mettere in bacheca anche la Supercoppa Italiana vinta ai rigori contro la Juventus, con Koulibaly come colpo estivo.
Sarà però un campionato anonimo con continue frizioni con Benitez. Arriverà solo un quinto posto e una Champions evaporata già ai preliminari contro l’Athletic Bilbao e una Europa League che si ferma contro il Dnipro in semifinale.
L’unica perla è contare su Higuain che va a segno per 18 volte. Il divorzio con Benitez è imminente, dentro Maurizio Sarri.
HIGUAIN, GIOIA E DOLORI NEL CAPOLAVORO DEL SARRISMO
Si potrebbe parlare di amore a prima vista, o di quel tuono che è preludio ad una tempesta. Maurizio Sarri e Gonzalo Higuain si vedono, si amano e si trascinano ad una stagione da capolavoro, che inizia però con una sconfitta in quel di Sassuolo dove El Pipita resta a secco.
Sarà quasi una novità.
Gonzalo deve aspettare 7 giorni per iscriversi al tabellone dei marcatori in Serie A, al minuto 9 e al 39′ segna 2 gol alla Sampdoria ma incredibilmente non arrivano i 3 punti perché una doppietta di Eder chiude la sfida sul 2-2.
La prima vittoria stagionale arriva solo alla quarta partita, quando una doppietta di Higuain (quota 4 gol, tenete bene a mente il conteggio) è parte integrante del 5-0 rifilato alla Lazio di Pioli, ma i punti di distacco dalla vetta sono 7, con l’Inter di Mancini a punteggio pieno.
Alla sesta, il primo, e visti i successi recenti, il solito boato contro la Juventus al San Paolo, Insigne e Higuain rendono vano il gol di Lemina per il 2-1 che accende il Sarrismo, ora a meno 6 dal primo posto.
Quando il 4 ottobre si va a Milano per sfidare il Milan non si festeggia San Francesco ma il perentorio 4-0 consegna ai partenopei la certezza di avere una grande squadra.
Il Pipita non segna ma si rifà contro la Fiorentina quando porta i tre punti segnando al 75esimo e arrivando a meno 3 proprio dalla Viola di Paulo Sousa che guida la Serie A.
L’attaccante nato a Brest, in Francia, ma cresciuto in Argentina nel River Plate, è l’arma di devastazione di Sarri, segna al Chievo e porta a casa altri 3 punti e un -2 dal primato, poi abbatte il Palermo insieme a Mertens e sigla il gol numero 8 in 10 giornate.
Un turno di stop realizzativo e poi ecco il gol decisivo contro l’Udinese in una pazza Serie A dove i primi posti sono di Fiorentina, Inter e Roma.
Trasferta di Verona in casa dell’Hellas e ancora timbro del numero 9 più forte del campionato, poi tempo di scontri diretti ed ecco che un doppio Gonzalo fulmina l’Inter e alla 14esima giornata consegna al Napoli il primo posto, con sette punti di vantaggio sulla Juventus che risulta al quinto posto.
L’aria della vetta però fulmina subito gli Azzurri che perdono 3-2 a Bologna, dove si salva solo il bomber argentino che segna nei minuti finali una doppietta, poi non si scardina la difesa della Roma di Garcia (toh, proprio lui), ma la sconfitta dell’Inter prima in classifica fa chiudere il 2015 a solo un punto di distacco dai sogni di gloria, con Higuain in gol altre due volte a Bergamo, 16 gol in 17 partite. E si sogna.
Altra doppietta, questa volta al Frosinone e Higuain fa sorpassare l’Inter che cade in casa col Sassuolo, mentre risale di prepotenza la Juventus, con i partenopei campioni d’inverno a +2 su nerazzurri e bianconeri.
Arrivano 5 vittorie di fila, con grandi goleade e Higuain che segna per altre 6 volte ma sfortuna vuole che la Juve ne vinca altrettante 5 e arrivi allo scontro diretto casalingo con possibilità di far male.
Sarà un gol di Zaza al minuto 88 a sancire il sorpasso della banda di Allegri, col Napoli che s’inceppa anche nelle due gare successive pareggiando 1-1 col Milan e con la Fiorentina, con la piccola gioia del gol numero 25 del Pipita in 27 partite.
La Juve scappa sul +3 che diventa +6 alla giornata numero 31 quando il Napoli cade 3-1 a Udine, sì, proprio quel campo che anni dopo regalerà la grande gioia. Segna sempre Gonzalo, ora a quota 30 in 31 partite.
Il colpo di grazia al campionato arriva alla 33esima, quando è l’Inter a battere la squadra di Sarri per 1-0 e vedere il distacco tra le prime due della classifica a +9.
La vittoria dei bianconeri a Firenze demoralizza il Napoli alla 35esima, quando poi con la sconfitta nel giorno successivo per 1-0, ancora contro la Roma, questa volta di Spalletti (che alla 20esima sostituisce Garcia, guarda i casi della vita) e a questo punto l’unico obiettivo è far battere il record di Nordahl che resiste da 50 anni, 35 reti in campionato.
E la gara della storia è il 14 maggio 2016 contro il Frosinone, quando Gonzalo Higuain segna 3 gol in 20 minuti, di cui la stratosferica rovesciata per sigillare il nuovo record di marcature e far sognare. Si vince ancora al San Paolo, il Napoli è l’unica squadra imbattuta in casa.
Ma il sogno dura tempo zero, la Juve, sulla falsariga del Bayern Monaco che in Germania saccheggia le rivali con i più bravi, esce allo scoperto e dichiara che la clausola rescissoria di Higuain sarà immediatamente pagata.
Da eroe a traditore nel giro di un niente. Il Napoli deve, ancora una volta, ripartire dopo un cuore infranto. Anni dopo sarà Higuain a ricevere pari trattamento, messo alla porta da una Juve che ha occhi, e sogni Champions, solo per Cristiano Ronaldo.
AVER UNA PEPITA AL POSTO DEL PIPITA
Il dopo Higuain si dovrebbe chiamare Arek Milik, ma la grazia e le ginocchia di cristallo del polacco non riescono a colpire il cuore. Esplode però Dries “Ciro” Mertens, con la Juve che fugge subito in campionato ma col belga che regala 28 perle in A, ad un solo gol dal capocannoniere Dzeko. Il girone di ritorno sarà tutto degli azzurri che fanno 48 punti ma pagano l’avvio stentato, con 10 punti di distacco alla boa del campionato, arrivano 94 gol nonostante l’assenza di Higuain anche grazie ai 18 di Insigne, i 14 di Callejon e i 12 di Hamsik che con 93 reti in 357 partite diventa lo straniero con più presenze e più gol nella storia del Napoli. Per Milik solo 5 marcature su 17 partite.
In Champions l’avventura si ferma agli ottavi con il Real Madrid. Ancora va avanti chi ha più esperienza.
La nuova sfida alla Juve piglia tutto è per il 2017/18, ancora con Sarri in panca.
E’ un inizio spettacolare, 10 vittorie nelle prime 11 partite, alla 13esima si batte il Milan e si va a +4 sulla Juve, poi ecco lo scontro diretto con i bianconeri deciso da… Higuain e chi se no, per creare ulteriore dolore ai cuori del San Paolo.
Napoli e Juve fanno campionato a parte, alla 23esima giornata hanno ben 14 punti in più sulla terza, poi arriva la sconfitta rocambolesca per 2-4 contro la Roma, il giorno prima della tragedia di Davide Astori.
Il pari con l’Inter consegna il sorpasso alla Juve che va a +4 alla 33esima ma poi grazie ad un immenso Koulibaly si espugna lo Juventus Stadium e si riaprono i sogni scudetto, che durano a malapena una giornata perché i bianconeri battono in rimonta l’Inter, ancora grazie al Pipita col Napoli che 24 ore dopo perde, malamente, 3-0 contro la Fiorentina grazie ad un triplo Simeone, eroe anch’egli nel 2022/23. Nel momento di accelerare i bianconeri di Allegri rispondono con 12 vittorie di fila. Sembra una maledizione.
Mertens intanto si ferma a quota 18 gol, mette fieno in cascina per entrare nella storia e superare Il Grandissimo.
A far le valigie questa volta è Maurizio Sarri che accetta la dorata corte di Abramovic e del Chelsea. De La che fa? Piazza quello che tutti pensano sia un colpo da 90, dando la panchina niente meno che a Carletto Ancelotti.
DAI CARLETTO PROVACI TU
La mossa a sorpresa è prendere Carlo Ancelotti come tecnico del Napoli. Lui, cuore rossonero e vincente ovunque, pronto a inseguire qualcosa di epico. Che non accadrà, ma questo perché solo i posteri possono dar sentenza.
Ospina rimpiazza Pepe Reina, Fabian Ruiz sostituisce Jorginho e il Napoli resta l’unica seria rivale dei bianconeri che per caratura tecnica restano inarrivabili.
Alla seconda giornata Ancelotti batte Gattuso in un Napoli-Milan 3-2, non due mister a caso visto che l’avvicendamento arriverà da li ad una stagione. Il campionato è palcoscenico per CR7 ed una Juve che non ha rivali, quasi fosse un Giro d’Italia da correre sempre in pianura. Gli Azzurri ci credono sino allo scontro diretto della settima giornata, quando la sconfitta per 3-1 mette tra le prime 2 in classifica già 6 punti. Ci proveranno sino alla fine a tenere un distacco nella norma, che oscilla tra i 9 e gli 11 punti, che man mano aumenta sino allo scontro diretto del San Paolo dove Insegne manda sul palo il rigore del possibile 2-2 che invece regala i 3 punti ai bianconeri e un + 16 in classifica, che diventa solo un +11 alla fine.
La nota positiva è l’aver ritrovato un Milik decisivo sotto porta, con 17 reti fatte mentre 16 ne fa Mertens, che a quota 84 gol sale sul podio dei migliori marcatori del Napoli.
Chi saluta a metà campionato è la bandiera Marek Hamsik che gioca solo 13 partite poi preferisce la Cina dopo 408 presenze (record assoluto) e 100 gol in Serie A.
Anche la Champions si fa beffa, fuori ai gironi per aver segnato 2 gol in meno rispetto al Liverpool che poi diventerà campione d’Europa
La speranza per il 2019/20 resta Carletto. Ma quanto durerà?
Gli screzi con De Laurentiis iniziano dalla campagna acquisti eppure al debutto il Napoli espugna Firenze per 4-3, ma con lo stesso punteggio gli Azzurri cadono con l’eterna rivale Juve, che va in vantaggio per 3-0, con gol del solito Higuain, poi si rimonta ma è un’autorete di Koulibaly a decretare la sconfitta nei minuti di recupero.
Ancelotti dura 15 partite, quando la classifica di A recita Inter, capolista, 38, Napoli settima a quota 21 e nonostante un passaggio del turno da secondo posto in Champions, alle spalle del Liverpool e prima del Salisburgo di un certo Erling Haaland, per il presidente è arrivato il momento dell’avvicendamento con Gattuso, cosa che consolida una frattura tra i due ex milanisti, col peccato principale di un corteggiamento di Aurelio mentre Carletto è ancora in auge.
La coppa dura un solo turno in più, col sorteggio ancora poco benevolo che regala il Barcellona che al Camp Nou regola per 3-1 Insigne e compagni, mentre il campionato si chiude al settimo posto con 62 punti, a meno 21 dalla Juve capolista.
Nessuno vede all’orizzonte un trionfo.
Proprio nessuno.
Arriva però un sorriso, ecco l’ennesima Coppa Italia ai rigori, sempre e perennemente contro la Juventus.
Accadono però due avvenimenti durante la stagione, il primo, è il triste arrivo del Coronavirus che spezza il campionato in due tronconi, il secondo, col senno di poi, chi lo sa, è il quasi acquisto di Zlatan Ibrahimovic che, dalla sua biografia, vuole fortemente il Napoli, è d’accordo su tutto, poi Aurelio licenzia Ancelotti e lo svedese cambia idea preferendo il Milan, trascinato poi due anni dopo allo scudetto, mentre è proprio Sarri, ora alla Juve, a mettersi il Tricolore sulla maglia.
FALLISCE ANCHE RINGHIO, POI LA GRANDE RIVOLUZIONE
Il primo tassello che sarà perno fondamentale della grande rivoluzione è lui: Victor Osimhen da Lagos, in Nigeria, 12 gol nel 2018/19 con lo Charleroi e 13 in 27 partite con il Lille nel 2019/20. Vederci un investimento da 70 milioni sembra pura follia.
E’ purtroppo annata segnata ancora da Covid, da rinvii, da un’atmosfera tristissima nei campi.
A metà campionato si capisce già che l’annata è da buttare, a meno 9 dal Milan capolista al giro di boa si chiude a quota 77 punti, lontano dai 91 della nuova corazzata Inter di Conte, destinata a durare una sola stagione, con Gattuso che comunque chiude un girone di ritorno da 43 punti dietro solo i nerazzurri ma che non convince nessuno.
Men che meno convince l’avventura in Europa League, out con il Granada ai sedicesimi di finale.
A chi affidare la panca?
Genio o no ecco un curriculum di tutto rispetto: alla Roma fa fuori Totti, all’Inter Icardi, si salvi chi può. Arriva Lucianone Spalletti da Certaldo dopo un biennio sabbatico.
E Luciano si presenta vincendo le prime 5 partite di campionato, infila otto vittorie di fila battendo i record iniziali di Benitez e Sarri. Alla 14esima giornata è primatista solitario ma predica calma, a +3 sul Milan e +4 sull’inter, poi s’inceppa perdendo 2-3 in casa contro l’Atalanta e 0-1 contro l’Empoli, prima di battere il Milan con gol di Elmas a San Siro, unico acuto perché sette giorni dopo altra gara casalinga persa con lo Spezia a causa di un autorete di Juan Jesus.
Il 23 gennaio 2022 Insigne aggancia Maradona come terzo goleador di tutti i tempi del Napoli con 115 reti, segnando contro la Salernitana.
Fa meglio Ciro Mertens, che nel novembre 2018 eguaglia Diego come gol in Serie A, gli chiede scusa, poi a febbraio 2020 eguaglia i 121 di Hamsik e dopo la pausa traumatica per il Covid si prende il primato che parla di 148 gol col Napoli in 397 partite (113 in A).
Ebbene, sia Mertens che Insigne se ne vanno. Meglio Galatasaray e Toronto, la gloria, secondo entrambi, mai avrà eguali. Ebbene, mi sa sbaglieranno valutazione.
Si arriva così alla stagione 2022/23, un vero e proprio trauma. Il Napoli è paragonato ad un Titanic quando si assiste alle partenze di Mertens, Insigne (quasi licenziato come Totti), Koulibaly, Fabian Ruiz, mentre sarà una nave da crociera extra lusso con Kvara, Kim, Osimhen e il timoniere Luciano da Certaldo.
“Il precampionato decreta il Napoli una squadra leggera, che non segna“, così titolavano i giornali. E il Napoli risponde, come diceva il tanto caro Giorgio Bubba, con 9 gol nelle prime due partite di A.
Chi scambierebbe oggi Kvaratskhelia e Kim con Insigne e Koulibaly? Assolutamente nessuno. Eppure per gli esperti ad agosto il Napoli era da sesto posto. Niente di più.
Se Insigne scegli la noia e il denaro della MLS fa più male la scelta di Koulibaly di andare al Chelsea. In cuor suo sa che lì avrà grandi chances di vittoria e nessuno gli anticipa che rischierà la retrocessione. Addirittura nei Blues durerà appena un anno, “autopensionandosi” in Arabia Saudita. Al suo posto arriva Kim Min-Jae da Tongyeong, Corea del Sud, prelevato dal Fenerbache che si presenta alla cena di inizio anno imitando Psy, quello del Gangnam Style (anche in maniera spettacolare), dimostrando di avere oltre che una gran personalità anche una discreta simpatia.
12.058 sono i giorni che separano lo scudetto numero 2 da quello numero 3, 33 anni che si interrompono alle 22.37 del 4 maggio 2023, quando il fischio finale del sig.Abisso di Palermo decreta il pari al Friuli, con la classifica che recita Napoli 80 pt, Lazio 64.
“Meret, Di Lorenzo, Rrhamani, Kim, Oliveira, Anguissa, Lobotka, Ndombele, Elmas, Osimhen, Kvaratskhelia“, ci sarà chi saprà questa formazione a memoria.
Questo scudetto è figlio di un ridimensionamento dei costi, di un taglio col passato, di giocarsi il tutto per tutto. Molti tifosi non hanno vissuto gli scudetti maradoniani ma i quarantenni di oggi ne conservano un ricordo dell’infanzia e possono gioire per il terzo tricolore.
Spalletti è quello che ci mette lo zampino. In passato elimina Totti dalla Roma, Icardi dall’Inter e poi Insigne al Napoli, ma a differenza dei primi due trova un sostituto degno di nota, quel Kvara che verrà poi premiato come miglior giocatore della Serie A 2022/23.
Il vero fenomeno però è il gioco, da Kim a Di Lorenzo, il capitano, ad Anguissa, a Elmas, a Simeone e Raspadori che dalla panca hanno spesso tolto le castagne dal fuoco. A Lobotka, lanciato come play il 28 novembre 2021 e divenuto inamovibile nello scacchiere spalletiano, alla delusione di uno scudetto perso dopo un 3-2 con l’Empoli nella precedente stagione ai complimenti a Kvaratskhelia dopo Cremona, alle 11 vittorie di fila tra campionato e coppe a fine ottobre, passando per la lezione alla Juve e un 5-1 che mette le cose in chiaro, a quello che si pensava fosse un anno di transizione invece è stato un anno di emozione.
Le lacrime di Lucianone da Certaldo, il tecnico più anziano a vincere lo scudetto, la dedica alla squadra, ai tifosi, agli amici e al fratello Marcello mancato quattro anni fa. “Vinciamo con la protezione di Maradona“, ma poi gli si riconosce anche l’aver scoperto Pizarro regista nella Roma o Brozovic che da oggetto misterioso oggi ha le chiavi del gioco dell’Inter. Se non vede l’impegno Spalletti diventa una bestia, forse perché lui come calciatore era meno talentuoso ma anche il più volenteroso. Immaginate la rabbia napoletana per la Champions sfumata con Gattuso per appena un punto, uniteci Spalletti di rientro dagli anni sabbatici post Inter con 8 vittorie di fila già nel 2021, poi i grandissimi meriti di Giuntoli nello scovar talenti.
Un Napoli che parte bene con un 2-5 a Verona che fa esclamare: “Ma hanno preso il nipote di Best?” per i primi show di Kvara, che pareggia due volte tra terza e quarta giornata con Fiorentina e Lecce, poi fa la voce grossa nei big match, espugna Roma sponda laziale per 1-2 e con lo stesso punteggio Politano e Simeone puniscono il Milan per la conquista della vetta in coabitazione con l’Atalanta. Poi prima e unica spallata nella salita verso il Tricolore, il Napoli resta solo in vetta alla nona, espugna Roma, questa volta con i giallorossi, grazie ad una perla di Osimhen, poi per esser certa di non aver fastidi da vicino vince a Bergamo, sempre per 2-1, segnando in rimonta col bomber di Lagos e con Elmas.
I punti di vantaggio sono 6, con il primo stop inflitto dall’Inter alla 15esima, quando tutti pensano all’ennesimo tracollo di Spalletti, quello che di solito capitava ad inizio anno e che questa volta si ribalta in uno sprint alla Cipollini, con perla della cinquina inflitta alla Juve il 13 gennaio sono 8 le vittorie di fila prima del secondo stop contro la Lazio, quando la classifica recita Napoli 65, Inter 50. Un massacro.
La serataccia arriva con il Milan, poi rivelatasi bestia nera stagionale, quando il 4-0 inflitto consola i rossoneri in un’annata senza gloria mentre gli Azzurri scaldano petardi e mortaretti perché vincono anche a Torino, contro la Juve all’ultimo secondo, cosa sempre gradita a quanto pare da tradizione, e il gol di Dia il 30 aprile nega solo la gioia di far festa al Maradona.
Poi però arriva Udine e l’ennesimo gol del capocannoniere Osimehn, il trionfo dell’attaccante e del talento che illumina la Serie A a nome di Kvaratskhelia.
Basti pensare che ben 225 giocatori sono costati più di Kvara ma che oggi, il talento georgiano, non verrebbe scambiato neanche con un Messi o un Salah e che nessuno farebbe a meno dell’esultanza come Steph Curry al Maradona.
Ma, da colpi di scena da Napoli, ecco subito il cambiamento, si va da quel ramo che pieno di frutti va tagliato affinché quello successivo ne dia ancor di più ecco che Spalletti interrompe il rapporto con gli Azzurri, una scelta che solo a posteri potremmo definire.
Al suo posto Rudi Garcia, più glamour, forse meno appariscente di un Benitez, di un Ancelotti già passati al Maradona, forse spettacolare come Sarri, magari illusorio, come le tante vittorie consecutive con la Roma. Ma per adesso il tempo è ancora solo e sempre per i festeggiamenti.
Dal triste 20 novembre 2020, giorno in cui Napoli ha perso il suo Re al 4 maggio, una cavalcata calcistica che ha visto i trionfi dell’Argentina, del Siviglia in Europa League e del Napoli, tutte maglie indossate da Diego che ora s’impegna a far tunnel agli angeli.
Dal Pampa Sosa a Kvara, da Diego al trionfo numero 3, un’avventura incredibile che solo chi ha avuto l’azzurro del Napoli nel cuore ha saputo soffrire e ora giustamente godere. In attesa di altri traguardi!
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