Un omaggio a Christian Eriksen
Quando Piazza Duomo ribolle di passione sono le 16.51 del 2 maggio. Christian è raggiante perché ha vinto lo scudetto e ha spazzato via tutti i dubbi sul suo valore nell’Inter.
Doveva andarsene a gennaio, utilizzato col contagocce e forse quei minuti finali che Antonio Conte non avevano tenuto conto di una cosa: i tempi supplementari.
Esiste nella vita sempre un tempo supplementare, che magari viene capito solo in tarda età o comunque col passare del tempo. Christian vivrà due tempi supplementari.
Gennaio del 2021 è il tempo del confronto. Tra Eriksen e Conte non devono volare per forza gli stracci. Il tecnico gli spiega che in questa Inter lui non è funzionale. Christian è istinto non è “costruttore”, ma ha anche un’intelligenza tattica spaventosa. Se al tecnico serve il registra lui lo farà, anche solo dovesse finire in porta lui parerà.
Il Tottenham prova timidamente a richiederlo in prestito. Poveri loro, Marotta con loro aveva preparato un operazione top, prelevarlo prima di essere un parametro zero, e il costo, 20 milioni, irrisorio per il suo valore, da top player del centrocampo.
Lo presentano alla Scala. Lui, elegantissimo, ha una faccia mica cattiva, anzi di primo impatto sembra quel compagno che risponde col sorriso ad ogni pacca sulla fronte a mo di scherzo. E ha piedi elegantissimi.
Un anno più tardi è un’altra Scala a rivedere Christian, quella del Calcio. E’ stato un 2020 complicato, i maligni addossano sul 24, stesso numero di Kobe Bryant, il fatto che per aspettare il suo talento si è perso uno scudetto per un punto. Lui incassa, non replica, non fa polemica se il mister lo fa alzare al minuto 88, 89, 90 per fargli calcare pochi minuti un campo in erba.
Ed è quì che l’interista se ne innamora perdutamente. Mai una polemica o una richiesta di guerriglia. “Non gioco? Chiedete al mister. Io son sempre lo stesso, saranno gli altri a vedermi con altri occhi“.
Poi il tempo supplementare, quello col Milan in cui Eriksen ha almeno mezzora di tempo per salutare i colori nerazzurri. E capita l’imprevisto, una punizione al 97′, quei regali che si chiamano segni del destino. Vai Chris, calcia tu!
Ci sono amori che capitano per caso, ci sono amori col colpo di fulmine, ci sono amori che deludono, ci sono amori che son punizioni, ma anche punizioni che sono amori. Christian non calcia la palla, la accarezza, la mette dove neanche il futuro portiere Campione d’Europa può arrivarci. Un gol semplicemente meraviglioso.
Non seguivo Danimarca-Finlandia, proprio quella sera ero rilassato dopo un 2021 tormentato quanto quello di Chris. Ricordo di esser entrato in un bar per chiedere come mai non ci fosse la partita e la risposta fu lapidaria:”Si è sentito male un danese. Si dice sia arresto cardiaco“. Il mio pensiero fu stupidissimo: “Mi basta non sia il mio Eriksen” Ho usato proprio la parola “mio”.
Quando i tifosi hanno iniziato a cantare il nome del mio giocatore preferito ho sentito un gelo simile a quando al telefono mi dissero che mia madre aveva perso la sua battaglia. Era gennaio del 2021 e proprio Eriksen mi aveva restituito la gioia di esultare per quella cosa stupida chiamata calcio.
Il resto è storia, fino alla rescissione del contratto con l’Inter che di fatto priva l’Italia di vedere Christian in campo. Dove andrà a me, sinceramente, poco importa, per me è al centro del cuore nerazzurro, che per lui avrà sempre un posto speciale.
Ci sono amori che neanche il cuore fermerà. Viva Christian. Viva Eriksen!
E scusami se non son riuscito a prenderti al fantacalcio.
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