L’Inter non batteva la Juve dal 18 settembre 2016, sono passati appena 4 anni ma pare un’eternità.
A rilegger quelle formazioni c’è nostalgia nel clan bianconero che quel giorno, in gol con Lichtsteiner, schierava a centrocampo Khedira, Asamoah, Pjanic, Alex Sandro e il già citato svizzero andato in gol.
Era la Juve di Allegri, mentre nell’Inter si viveva l’illusione di Frank de Boer, tecnico che ha “regalato” parecchie gioie (agli avversari) e che in nerazzurro viene ricordato solo per questa vittoria.
In gol in nerazzurro andavano Icardi e Perisic, oggi alieni dimenticati e sostituiti da Lukaku, sprinter, armadio, corazziere, che tanto si sbatte che commuove per grinta e sudore lasciato in campo. Perisic sarebbe ancora in nerazzurro ma è lontano parente del giocatore che era, oggi poi che nell’Inter il turbo si chiama Hakimi, che più si vede in campo e è più non si spiega il suicidio Real Madrid (sarà la ricompensa-destino del Roberto Carlos che fu).
La Juve ieri si è presentata col seguente centrocampo, ipotizzando il 3-5-2 de La Gazzetta dello Sport: Chiesa, Rabiot, Betancur, Ramsey e Frabotta, troppo poco per ricordare il dominio bianconero di questi 9 anni, dei Pogba, dei Vidal, dei Pjanic e dei Pirlo.
E il tasto dolente è il povero allenatore bianconero, che passa da altissimi (vittoria sontuosa a Barcellona) a tonfi improvvisi (Fiorentina), altri alti (vittoria col Milan) e ora il tonfo di San Siro sponda nerazzurra, in un sali-scendi che non riesce a dare l’esatta dimensione di un allenatore che si farà, certamente, ma che forse ha anticipato il sogno di arrivare sulla panchina più ambita d’Italia (finché è vincente è ambita, sia chiaro).
Ma il limite della Juve, con l’assenza anche di Dybala, genio del calcio, non devono assolutamente sminuire il capolavoro tattico di Conte, ex capitano e condottiero bianconero, che si gode un Vidal che prima ne combina una delle sue (quel bacio sullo stemma gli viene perdonato per il colpo di testa, facendo finta di credere che il gesto d’affetto sia per Chiellini e non per altro) poi va in gol, staccando più in alto di chiunque e rispettando la sua promessa: ne segno uno e ne metto in rete 10. Arturo, siamo a quota 2, ti tengo al fantacalcio.
Poi sale in cattedra l’Ital-Inter, l’Italia che dà la spinta nell’Inter e che spesso era il segreto della Juve, lancio di Bastoni (il ragazzo continua a crescere con De Vrij e Skriniar di fianco, il Tricolore ha un tesoro immenso) per trottolino Barella che, da cuore interista, corre il triplo lanciato contro la porta di Szczesny e infila il 2-0, un peccato nel silenzio di San Siro non aver udito il meritato boato per il centrocampista di Cagliari, oggi tra i migliori nel suo ruolo in Serie A e altro patrimonio per Euro 2020 (anche se si gioca nel 2021).
Così, tra il bacio di Vidal, l’abbraccio a Pirlo, il sorriso di Conte, la gioia di Marotta, c’è una capolista che agguanta il Milan, i nomi e il blasone avrebbero fatto pensare alla Juventus, invece è l’Inter a star lassù tra le stelle, tra proprietà che vende, scrive Ti Amo e poi vuole cambiare il nome.
In nerazzurro le cose semplici non sono mai piaciute.
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